La valorizzazione del patrimonio liquido e la scoperta ecoturistica della storia idraulica della nostra penisola può generare meravigliose riscoperte se accanto all’azione dei professionisti del settore s’inserisce un network teso alla valorizzazione e alla salvaguardia di tale patrimonio. Il progetto del Water Museum of Venice rappresenta un esempio di tutela di tale contesto, valorizzando il tessuto idraulico che da Venezia giunge a Milano, Ferrara, Bologna e Padova. L’itinerario proposto dal Water Museum of Venice mira a promuovere le testimonianze più significative dei patrimoni di Civiltà dell’Acqua delle Tre Venezie grazie a un nuovo museo digitale e a una serie di percorsi volti a facilitare il contatto con l’acqua e la visita dei luoghi d’acqua.
Tra gli itinerari oggetto di attenzione delle ultime settimane, possiamo descrivere “il Po selvaggio di Maistra”. L’itinerario si snoda lungo gli ampi e sinuosi meandri del Po di Maistra, uno dei rami del Delta del Po, tra una fitta vegetazione, uccelli acquatici e splendide aree umide. Immersi in tale reticolo, si può scrutare alcune delle valli da pesca più importanti del Delta fino ad arrivare alla foce del Po di Maistra, dove si può visitare da vicino la nota spiaggia di Boccasette. L’itinerario si sviluppa a circa 100 km da Venezia, sottolineando l’importanza della rete fluviale di acqua dolce interna anche a considerevole distanza dalla Serenissima. Il Po è legato a Venezia e la scoperta di tale incrocio storico permette di poter valorizzare al meglio il patrimonio idraulico di più regioni italiane.
Un importante evento storico per il fiume più conosciuto d’Italia si ebbe tra il 1600 e il 1604, in seguito alla progettazione di un’ immensa opera idraulica con l’obiettivo di evitare che la Laguna di Venezia venisse interrata dal continuo apporto fluviale del Po di Tramontana, all’epoca il ramo più settentrionale del fiume. Gli ingegneri veneziani dell’epoca ne deviarono il corso verso sud, determinando così l’attuale fisionomia del Delta. L’area del Delta del Po è stata oggetto di lunghe e difficili vicende che hanno portato nel corso degli anni alla costruzione di un territorio condiviso, tutelato da un Ente Parco. L’iter per l’istituzione del Parco Naturale Interregionale del Delta del Po fu avviato nel 1991 con un accordo che avrebbe dovuto favorire la realizzazione congiunta di un piano d’area tra le regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna. Già nel 1988 la regione Emilia-Romagna aveva sottoposto a tutela un’area di circa 50mila ettari, compresa tra il comune di Cervia a sud e Mesola a nord. Il progetto si concretizzò nel 1996 con l’istituzione dell’Ente Parco Emilia-Romagna. Alla scoperta del patrimonio idraulico locale è collegata la riscoperta di antiche tradizioni legate alla pesca. In passato nelle zone del Delta del Po si pescava ovunque: nei fossi, nei canali e nei maceri utilizzati per la canapa. Tra i principali strumenti c’erano la rete, il tramaglio, tipo di rete costituita da uno strato a maglia stretta e due a maglia larga, la canna in bambù, la bilancia, la fiocina e il cogollo, trappola usata per la pesca all’anguilla. Se le risaie erano luoghi adatti alla cattura delle rane, negli scoli di valle si cercavano invece i piccoli gamberi d’acqua dolce che poi venivano fritti. I pesci più pescati erano cefali, anguille, lucci, carpe, tinche, persici e pesce gatto. In primavera si catturava lo storione, che in quella stagione risaliva i fiumi per deporre le sue uova. La pesca dello Storione coinvolgeva molti pescatori: le imbarcazioni venivano disposte sulle due sponde del fiume così da poter calare in acqua reti lunghe anche 100 metri. Pezzi di sughero e zucche secche svuotate servivano da galleggianti per le reti. Le spettacolarità della pesca allo storione rendeva questo momento un’occasione di divertimento popolare molto diffuso e apprezzato nei paesi rivieraschi.
Dagli anni Settanta del Novecento la pesca nel Delta del Po ha subito notevoli cambiamenti, sia nelle specie pescate sia nelle tecniche di cattura. Pesci come lo Storione, l’Anguilla, la Scardola, la Cheppia e il Luccio sono diminuiti di numero e in alcuni casi scomparsi. Al loro posto sono apparsi il Luccio e il Siluro, quest’ultimo importato dall’area danubiana e sviluppatosi velocemente nel Delta del Po grazie alla mancanza di competitori e alla sua voracità. La presenza del Siluro ha influito notevolmente nel ridurre la biodiversità dell’ecosistema fluviale. Questo vorace predatore ha favorito lo sviluppo di un turismo di nicchia composto da pescatori professionisti provenienti soprattutto da Ungheria, Polonia e Austria. Far divenire protagonisti della scoperta e della conoscenza diffusa canali e corsi d’acqua è una ricetta fondamentale per contrastare la crescente e inarrestabile cementificazione del territorio, favorendo la nascita di nuove professioni legate all’ecoturismo e alla ricerca storica e antropologica del territorio. Il progetto degli itinerari digitali del Water Museum of Venice si avvale della piattaforma “izi.Travel”, riferimento digitale e innovativo del turismo: un hub dinamico, dove gli utenti possono visionare facilmente guide multimediali che descrivono e analizzano le particolarità, spesso perdute, dei territori della nostra penisola.
Aggiornato il 27 febbraio 2019 alle ore 12:26