Basterebbe guardare “L’Adorazione dei pastori”, il dipinto (conosciuto anche come “La Notte”, in contrapposizione a “Il Giorno”) di Antonio Allegri detto “Il Correggio”, del 1525 circa, oggi esposto nella Gemäldegalerie a Dresda, per trovare discutibile l’equiparazione di Gesù Bambino a un migrante dei nostri tempi.

Coloro che sostengono tale tesi buonista e ipocritamente politically correct, sappiano che il carpentiere Giuseppe non si recava con la sua famiglia in una terra straniera per motivi economici o perché in fuga di massa da qualche guerra tribale, ma era nel suo stesso paese dove si era mosso per il censimento e per i tributi dovuti all’imperatore Cesare Augusto, in quanto egli stesso nativo di Betlemme. Altro che “profughi” o “migranti”! Il fatto che Cristo nasca in una stalla, in una grotta, è dovuto non a uno stato di indigenza, ma al semplice fatto che tutti gli ostelli quella notte erano al completo.

Neanche nel caso della successiva “Fuga in Egitto” tuttavia possiamo invocare lo status di “migranti” o di “rifugiati” per la Sacra Famiglia di Nazareth. Un paragone assurdo, frutto di un pensiero deviato, che stravolge il tempo sacro in un anacronismo privo di senso; perché l’Egitto è il luogo misterico ove il Cristo bambino riceverà la sua prima formazione, senza per questo smettere d’essere nato nella Palestina romana. Il bimbo Gesù è veramente a rischio di vita, è un perseguitato, non un fuggitivo per ragioni economiche. La sua è una fuga per la vita, da solo, non circondato da centinaia di altri “richiedenti asilo”. Non è un esodo per motivi sociali.

Egli era allora come oggi lo sono i tantissimi cristiani massacrati nel mondo, dei quali però quasi nessuno osa parlare e mentre si dà la cittadinanza plurima a Mimmo Lucano, nessuno accoglie Asia Bibi, intanto che alcuni sacerdoti ritengono ipocrita fare il Presepe, ignari d’un certo Francesco d’Assisi o si elimina il nome di Gesù dai canti natalizi per non turbare i non cristiani. È stata così volutamente creata la favola contemporanea del “Gesù bambino migrante” come vero e proprio simbolo di accoglienza terzomondista, invece di adottare l’immagine di Correggio, dove il Bambino risplende veramente tra le genti, venuto per la salvezza dei più poveri e degli umili e che sarà Re, non di “questo mondo” ma dell’universo intero.

Aggiornato il 27 dicembre 2018 alle ore 12:14