“Ovunque tu sarai”: la trasferta, la Maggica

“Ovunque tu sarai” (nelle sale dal 6 aprile) è un film-comedy italo-spagnolo, diretto da Roberto Capucci e interpretato da Ricky Memphis, Primo Reggiani, Francesco Montanari, Francesco Apolloni e Ariadna Romero. La storia narra di quattro classici amici al bar, uniti per la testa e ancor più per la coda (spesso di paglia) da un tifo accanito per la “Magica Roma”. Una passione calcistica non violenta e furiosamente parolaia. Riecheggiando una filmografia ben nota, lo strambo quartetto parte per la Spagna guidando un pullmino Volkswagen rockettaro anni Sessanta, scalcinato e male in arnese. Il viaggio, piuttosto avventuroso, fa emergere le sagome in ombra dei quattro personaggi, insidiati da bellezze spagnole più o meno ambigue. Un film di certo imperdibile (forse un po’ troppo “pulp”) per i tifosi da Curva Sud della Roma. Però le persone normali e posate potrebbero andare oltre l’ovvio, per scoprire un tema di fondo nascosto come un corallo nero che non emerge mai, rimanendo (salvo devastanti tempeste) nel buio delle sue profondità marine, come una buona idea vestita da cinepanettone.

Il film è un un mix di “Amici miei - Atto I” e il “Ciclone”. Al pari del primo, infatti, c’è un medico che lucra sui pazienti (anziani in questo caso) facendo pagare a peso d’oro la sua finta ospitalità. Dove non manca mai un cretino, un buffone e uno sfigato che si crede troppo furbo. La novità sta nella transumanza di tutti costoro in quel di Madrid per la partita di Champions League tra il Real e la Roma del 2008 (la squadra di Luciano Spalletti espugnò il Santiago Bernabeu battendo per 2-1 il Real Madrid con reti di Taddei e Vucinic, vittoria che portò la compagine giallorossa ai quarti di finale della competizione europea). Una sorta di viaggio-premio, in occasione dell’addio al celibato del più giovane di loro: un musicista fallito mal laureato architetto che cade perdutamente innamorato di una bella spagnola. Ma non è una compagnia allegra, pur trattandosi di guitti. Perché dietro la fede calcistica si nascondono fantasmi e depressione. C’è chi si porta la sentenza di morte in tasca, malgrado la giovane età. E chi a trent’anni non ha saputo crescere, preso in trappola da una famiglia avvolgente e asfissiante, per cui l’unica consolazione è immergersi nell’acquitrino tifaiolo, nel cui fondale lasciar cadere il corallo nero della propria sconcertante immaturità sessuale e affettiva.

Ma ancora più debole di lui è il medico, vittima dell’usura di un matrimonio sterile il cui rifugio è la scurrilità e il sesso maniacale iterato, di chi non sa amare fino in fondo colei che lo disprezza, senza pur mai lasciarlo. Poi, l’amore. Quello che ha il suo letto caldo garantito nel matrimonio, pur avendo esaurito ben prima dello scambio delle fedi la sua spinta vitale di passione ed entusiasmo. Ed è così che, in una Spagna piena di calore, colore e musica accadono cose molto simili a quelle del “Ciclone” di Leonardo Pieraccioni. Poi, delinquenti molto omo e poco macho e un pullmino scassato con cui girare per tre giorni la Spagna, sul modello “Basilicata Coast to Coast”, con tanto di bagno improvvisato in una vasca termale. Per non parlare di quella davvero stramba riedizione, stile “Italia-Germania 4-3”, in versione scalcinata e approssimativa di calcio a cinque, in cui il peggior nemico di sempre (Bruno Giordano, il mitico centravanti della Lazio versione live) diventa un improvvisato compagno di giochi da favola in base alla più classica eterogenesi dei fini.

Inevitabile che troppi ingredienti possano confondere. Ma, dipende: “tutto dipende”...

Aggiornato il 26 aprile 2017 alle ore 19:24