Va tutto bene,   siamo i millennials

Siamo i millennials e, in quanto tali, tolleriamo. Ci hanno addestrato alla tolleranza, mascherata da dissidenza. Non siamo d’accordo con i leader ma rimaniamo passivi, bloccati come soldatini di piombo in attesa della prossima mossa; abbiamo testa e gambe, saldate ad una pesante base di piombo di fabbrica che ci tiene in equilibrio ma ci impedisce di muoverci liberamente... la prossima mossa non dipende da noi! Scegliamo il meno peggio tra quello che ci viene proposto ma non ci è dato agio di optare per il meglio, merce rara, abilmente tolta dal mercato dai seller di bisogni sociali molto più remunerativi. Guadagnano momenti di celebrità a colpi di tweet sul multiculturalismo, la libertà, la cittadinanza mondiale per poi anelare ai trend nazionalistici, ai confini dei nostri Stati, non luoghi per eccellenza, a membership card e, ancor peggio, ad un’appartenenza ansiogena alle comunità canoniche tramandate.

Ci dichiariamo tutti pacifisti, ci rifiutiamo di andare in guerra, comodamente anestetizzati dalla dittatura della “big-ignorantia” gestita dai padri e da tutti noi metabolizzata. Ridotti a fertilissimo humus di una dictatorship generatrice di pericolosa ed inconcussa negligenza generazionale, barattiamo le presunte verità con una psico-tranquillità appagante e stordente. Sì, perché questa morfina dell’anima ci allevia il dolore atroce di un futuro ogm fino a farcelo rimuovere, ma ci rende anche meno lucidi fino a neutralizzare la nostra indiscussa e pericolosissima (per i padri) abilità di analisi dei big-data fino a diluirla con proposte placebo. Decidere di agire non ci appartiene e le analisi dei fenomeni determinano altre analisi in un falso processo generativo scollante e deresponsabilizzato. L’empowerment resta teoria. Tutto è molto facile, comodo, mai pericoloso!

Puntiamo saccenti il dito contro i nostri genitori e le generazioni passate per le loro idee ed azioni conservatrici salvo poi esercitare uno streaming compulsivo e dissociato delle loro conoscenze acquisite. Ci piace definirci liberi professionisti, imprenditori di noi stessi, owner, creativi freelance, spesso certificati da B.a.s.e M.a.s. amorevolmente pagati da genitori ansiosi di liberarci da debiti per loro ormai ovvi. Pretendiamo un assegno di mantenimento. Affittiamo i nostri divani su Airbnb ma non rinunciamo a Netflix. Nell’Era dell’informazione, la generazione più educata di sempre segue le Wags (sigla di “wives and girlfriends”, ovvero o mogli e fidanzate... dei calciatori) o le feste dello star system, attori, cantanti, modelle, ormai regimizzati e coautori di una intera generazione messa in trans “ad hoc” per essere consumatrice consumata. Notizie e breaking news ci tengono bloccati in un relativismo culturale e ci allontanano da un più urgente relativismo morale. Con l’uso di una nuova semantica accattivante ci si libera da ogni concetto culturale nuovo e realmente propositivo con una strategia gattopardesca che apparentemente non lascia scampo. Come per “Il Gattopardo” di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Grazie a Dio per Donald Trump!

È il motivo per cui ora possiamo pretendere una nostra rivoluzione! Un’azione! Una lotta, una battaglia! Una guerra generazionale! Ora noi abbiamo il Nemico, o forse più di uno, da sconfiggere. Non fraintendere, questo non è un incitamento alla violenza o all’anarchia! È molto peggio! Si tratta di una istigazione alla consapevolezza di sé ed al coinvolgimento attivo in una direzione lucida e ormai chiara! Non all’interno di un gruppo di WhatsApp, ma all'interno delle nostre vite, in cui il privilegio giace nella libertà che offriamo agli altri ed a noi stessi. Affinché si possa essere il meglio del meglio, per ricercare il meglio, per votare solo per il meglio... per un meglio non più sopito che va solo accolto. Per poter combattere, abbiamo innanzitutto bisogno di possedere una nostra vita e di condurla in modo autonomo! Perché non ammettiamo che manchiamo di reattività? Un semplice pollice azzurro alzato postato in Rete racconta di coloro che ormai si sono arresi al sistema, consapevoli o meno.

Non possiamo più a lungo uberizzare la nostra schiavitù on demand. Abbiamo prodotto briciole fastidiose di vacua celebrità e trasformato noi stessi in parassiti, scarti, raccolti in modo educato nel “bus bin” sociale. Il nostro approccio all’informazione esige una selettività assoluta, ruvida ed intransigente.

Fino a questo momento la nostra selezione di informazioni è relativa ai selfie - quotazioni glam. Stiamo transitando l’Era Hyperloop dell’informazione ma facciamo del nostro meglio per creare steady-cluster di ignoranza. Modelli culturali sono il nostro migliore alibi nella difesa, pezzi di vestiti e mattoni che soffocano i corpi.

L’opposizione è trendy, sinché è protetta da una impersonale keyboard! La tragedia della nostra generazione non consiste nella necessità di una opposizione bensì nell’emergenza improcrastinabile di una formattazione transgenerazionale che produca scelte solo eccellenti, per emergere ed infine guidare in modo responsabile.

È solo in un secondo momento che possiamo pensare ad una opposizione fattiva e dai contenuti rivoluzionari, scomoda ed efficace; consci che quest’ultima non può essere mutata con un Meme più o meno accattivante, direzionato sui social network da millennial radical chic comodamente seduti a bere matcha latte sulle poltrone Ikea nella casa della nonna.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:37