Ecco l'Asiatica Film Fest 2012

Ci sono festival cinematografici per i quali non importa sapere chi li vince quanto guardare i film altrimenti destinati a rimanere ignoti ai più. Asiatica film festival è uno di essi. E quest’anno la creatura inventata da Italo Spinelli, giunge alla tredicesima edizione. E si svolge, come al solito ad ingresso gratuito, dal 5 al 13 ottobre 2012 negli spazi de La Pelanda di Roma nel quartiere Testaccio. Come ogni edizione,  quindi, Asiatica, in collaborazione con l’Assessorato alle politiche culturali e centro storico di Roma Capitale, rinnova l’impegno a promuovere la diffusione del cinema asiatico e a fornire spazi e momenti di scambio tra l’Asia e l’Europa.

Saranno sessanta i titoli presentati quest’anno, quasi tutti in anteprima italiana o mondiale, tra cortometraggi, lungometraggi a soggetto e documentari, provenienti da Algeria, Bangladesh, Canada, Cina, Filippine, Francia, Germania, Giappone, Egitto, India, Indonesia, Iran, Iraq,  Israele, Kazakhstan, Libano, Malesia, Marocco, Nepal, Norvegia, Siria, Taiwan, Tunisia, Turchia , Yemen. Protagonisti registi, scrittori e personalità del mondo cinematografico e letterario asiatico. Ma non solo. Oltre trenta ospiti che proporranno le loro opere, attraverso il linguaggio cinematografico e letterario. Previsto uno speciale sguardo sul cinema arabo, sette opere, tra documentari e fiction,  tutto centrato sulla tumultuosa evoluzione politica e spirituale di quell’universo non poi così lontano. La sezione sarà inaugurata con la presentazione di Zabana, controverso film algerino di Said Ould Khelifa, candidato al premio Oscar come miglior film straniero. Particolare rilievo sarà dato, ritornando geograficamente all’Asia come continente, alle Filippine, paese cui è dedicata la rassegna “Focus 2012”.

E l’omaggio al regista Raymond Red, una delle figure pioneristiche del moderno cinema alternativo filippino, ospite del festival e protagonista di una retrospettiva comprendente cinque titoli tra lungometraggi e cortometraggi inediti in Italia (Manila Skies; Shadows; The Eternity; The Yawn; Study For The Skies), costituirà il piatto forte. Nel concorso vero e proprio saranno sei i lungometraggi: l’indiano The Tortoise and Incarnation, di Girish Kasaravalli, film-parabola sui valori gandhiani e sulla loro decadenza nell’India di oggi; l’iraniano Parviz, di Majid Barzegar, la storia di un cinquantenne senza mai un lavoro, improvvisamente buttato fuori da casa sua, nel momento in cui suo padre decide di risposarsi; il cinese Here, Then, scritto e diretto dal giovane Mao Mao, che racconta la storia di alcuni ragazzi cinesi, sbandati e disillusi, le cui vite si incrociano per caso tra una piccola città rurale e la capitale, complice il ritrovamento di un cellulare e la rete dei loro desideri sessuali; l’israeliano Yossi, di Eytan Fox, la storia di un uomo che tiene nascosta la sua omosessualità e che vive una vita solitaria a Tel Aviv; il giapponese Our Homeland, della regista Yang Yonghi, che racconta di una giovane coreana nata e cresciuta in Giappone e del suo incontro dopo 25 anni con il fratello, trasferito in Corea del Nord negli anni ’70 sotto il “programma di rimpatrio” e infine il cinese  Beijing Blues, di Gao Qunshu, basato sulla storia vera di un poliziotto in borghese, dotato della straordinaria capacità di scovare i ladri e i truffatori tra le folle delle movimentate strade pechinesi.

Altri sette sono i titoli in competizione nella sezione documentari: il libanese Taxi Sana’a, di Hady Zaccak, alla vigilia di un’imprevista rivoluzione, due tassisti e le storie dei personaggi che popolano i loro taxi, sullo sfondo della brulicante capitale yemenita; l’iraniano Reluctant Bachelor, di Mahdi Bagheri, sorta di autobiografia di un trentenne attraverso un film di analisi dei rapporti con i membri della propria famiglia; Hometown Boy, diretto da Yao Hung-I, per capire Taiwan, l’altra Cina, attraverso gli occhi e il pennello di uno dei più noti pittori del paese, Liu Xiaodong; l’indiano Fried Fish, Chicken Soup & a Première Show, di Mamta Murthy, viaggio attraverso un secolo per realizzare un ritratto di un film e della sua famiglia, di un cinema e dei cittadini della remota e abbandonata regione di Manipur; ancora un film indiano, Mt. Witness, diretto da Arghya Basu, i racconti di un cantastorie dell’Himalaya orientale, uno degli ultimi grandi maestri Lepcha, che svelano il culto della natura, il Grande Diluvio, la genesi delle tribù, i miti e le leggende di un popolo e, last et least, un film tedesco politically correct sui palestinesi, The turtle’s rage, messo in lizza a metà tra riempitivo stile “cavoli a merenda” e richiamo di sicuro appeal per i centri sociali. . Spazio anche al documentario La Tigre e il Tifone, firmato dall’italiano Tommaso D’Elia, varie storie che dipanano in India, dalla vedova dell’uomo mangiato dalla tigre all’insegnante in pensione sopravvissuto al tifone passando per le lotte contadine di Nandigram.

Tutti gli autori dei lungometraggi e dei documentari in concorso saranno ospiti del festival. Non mancheranno ospiti internazionali di spicco che presenteranno le loro opere più recenti e inedite in Italia. Tra questi, si segnala la delegazione di registi provenienti dalle Filippine, guidati da Nick Deocampo, Paul Sta. Ana, Emmanuel Quindo Palo, Lawrence Fajardo, autori dei lungometraggi del Focus ospiti del festival. Da sottolineare che Asiatica è anche un festival di  letteratura, con la sezione “Asia di Carta”, che rappresenta uno spazio di incontro con  la presenza di autori asiatici che fa da sfondo a uno scambio di idee, opinioni e impressioni da e sull’Asia. Il programma di quest’anno mira ad aprire un’importante finestra su due realtà asiatiche che stanno vivendo una fase di grande fermento e grandi contrasti, dal punto di vista politico, economico ma anche, e soprattutto, sociale e culturale: l’India e l’Iran. Due realtà lontane tra loro, ma che rappresentano il crocevia delle dinamiche che stanno trasformando il continente in questo inizio di XX secolo.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:24