venerdì 2 maggio 2025
Ammettiamolo, non era semplice e non era facile, anzi era praticamente una mission impossibile. Il gesuita che veniva dopo tre papi destinati a solcare profondamente la storia contemporanea aveva davanti a sé davvero un compito arduo.
Lo avevano preceduto Giovanni Paolo I, deceduto troppo presto, poi era arrivato il lungo e insuperabile papato di Giovanni Paolo II, capace, addirittura di riuscire a far cadere il muro di Berlino e far cadere l’Urss e sconfiggere il comunismo quanto meno come lo aveva conosciuto una parte di Occidente. Poi era arrivato il grande teologo, inarrivabile, Benedetto XVI. Pur volendo, l’impresa rimaneva ardua. Eppure lui aveva raccolto quel testimone, e già affacciandosi al balcone a San Pietro, si era distinto dai suoi predecessori più prossimi, con un semplice Buonasera, (Per i curiosi si suggerisce di rivedere le prime immagini tra papa Bergoglio ed i suoi predecessori per capire le differenze sostanziali, che si possono desumere già dalle prime parole offerte ai fedeli). Chissà cosa dirà il nuovo Papa?
In attesa del Conclave, tuttavia, è possibile provare ad usare la lente liberale per riflettere su alcune questioni che questo Tempo ci ha proposto.
Innanzitutto, appare quanto meno irriverente tutto il toto Papa, dimenticando che sarebbe lo Spirito Santo a fare gran parte del lavoro, e che i Cardinali sarebbero sotto la sua guida durante il Conclave. Ciò è così vero, che quale segno della “astrattezza” dalle cose materiali, nella Cappella Sistina, dove si svolge la riunione dei cardinali “extra omnes”, proprio per rimarcare il carattere affatto “terreno” di questa elezione, viene montato un pavimento in legno, per sopraelevare dalle cose terrene e materiali i cardinali che con l’aiuto dello spirito santo procederanno ad eleggere il nuovo Vicario di Gesù Cristo e successore di Pietro.
Appare quindi un po’ stucchevole, tutta la retorica predittiva mainstream, che vorrebbe un Papa capace di risolvere le controversie del mondo, di custodire l’equilibrio di pace del pianeta ed i non si sa più quali altri infiniti prodigi umani.
Si lasci lavorare lo spirito santo e chissà che già il prossimo Taccuino non venga scritto con l’avvenuta elezione del nuovo Vicario di Cristo.
Intanto proviamo a riflettere sull’eredità per i liberali di Papa Francesco.
Tre insegnamenti che ci ha lasciato il Papa.
1) L’abito fa il monaco. Tutti a dire che era attento agli ultimi, che guardava alla concretezza e non ai simboli, eppure lui è stato abilissimo comunicatore, ben conoscendo il potere dell’abito e dei simboli. Ha “rinunciato” all’anello del pescatore in oro, scegliendo l’argento dorato. Non un caso, non a caso. L’araldica ci insegna infatti che l’oro è simbolo di purezza ed incorruttibilità (e non di ricchezza come potrebbero pensare i più). Ha indossato il poncho originale argentino e pantaloni neri durante una occasione ufficiale nei giorni in cui era presente Carlo III in Italia, mentre indossava il tradizionale abito bianco durante l’udienza di visita dei reali inglesi. C’è potere e potere, e lui passava dall’uno all’altro con intenti comunicativi precisi. Ha scelto di indossare le scarpe nere, tipiche degli operai, in luogo delle rosse, anche nell’ultimo ricovero prima di essere tumulato in Santa Maria Maggiore. Il papa conosceva benissimo la potenza dei segni e dei simboli, nonché della comunicazione non verbale, e forse è stato il più abile comunicatore che la Chiesa abbia mai avuto, ed attraverso ciò che indossava comunicava ancor prima e di più di quello che avrebbe potuto esprimere a parole.
2) La scelta della bara semplice. A terra, senza il Vangelo sopra, che aveva invece caratterizzato l’ultima immagine di Giovanni Paolo II, è stato un altro potente messaggio che il papa ha voluto lasciare ai suoi fedeli ed al mondo; è più probabile che si sentisse un uomo prestato alla Chiesa, che un prescelto dallo spirito santo, per rappresentare un potere divino sulla Terra, che avrebbe dovuto incarnare il Vangelo, fonte primaria di ispirazione del proprio pontificato e della propria azione. Ed in quest’ottica, la sepoltura in Santa Maria maggiore non è un caso, se si pensa che oltre che a contenere l’icona della Madonna a cui si dice fosse particolarmente devoto, parliamo di una chiesa situata a sole poche decine di metri dall’ambasciata argentina.
3) Verrà ricordato come il papa che ha spogliato molte grandi città d’Italia e d’Europa della sede cardinalizia, come Roma in primis, insieme a Milano, Palermo, Venezia, Firenze, Torino, Genova o Napoli per pensare a noi. Non era mai successo, che nelle principali città italiane non ci fosse una sede cardinalizia, giustificando la scelta con la volontà di scegliere “preti di strada” ‒ alla don Camillo, per intenderci ‒ piuttosto che rappresentanti della Curia romana, del potere romano, di cui però lui stesso era incarnazione. Anche città come Berlino e Parigi sono senza cardiali, per rimanere in Europa. Una scelta politica precisa, non certo legata alla fede, i cui esiti li vedremo proprio in questo Conclave, e solo con lo svolgimento del mandato del nuovo Papa capiremo se ciò farà bene o male alla Chiesa ed ai suoi fedeli. Sicuramente è stato un tentativo per affermare il ruolo politico, oltre che di guida spirituale e religiosa, della Chiesa, anche per cercare di lasciare il proprio segno rispetto al predecessore Giovanni Paolo II, che fu protagonista di un eccezionale momento storico, ma che senza la presenza di persone come Ronald Reagan, Margaret Thatcher e Michail Gorbacev sul campo politico non si sarebbe mai potuta avere, ed oggi i protagonisti politici sono di tutt’altro spessore rispetto ai loro predecessori (e non a caso sicuramente mossi da un autentico spirito liberale).
Papa Francesco invece ha visto esplodere gravi conflitti, e il suo operato non ha contribuito alla risoluzione di nessuno di essi, e chissà se vedranno la conclusione sotto il papato del suo successore, e poi a lui dei fedeli importava poco, era più importante la gente, gli ultimi, e non è un caso che quelli che ne hanno parlato meglio e a cui mancherà di più ‒ a leggere le dichiarazioni rilasciate in merito ‒ sono i laici, gli atei, quelli che con la Chiesa c’entrano piuttosto poco, e probabilmente non la frequentano e non hanno mai partecipato ad una messa, nella quale Bergoglio ha voluto lasciare il suo segno modificando il “padrenostro”.
Chissà quanti fedeli continueranno ad usare la sua formulazione originaria e quanti rimarranno fedeli alle decisioni del Papa arrivato dall’altro capo del mondo. Ce n’era davvero bisogno?
(*) Leggi il Taccuino liberale #1, #2, #3, #4, #5, #6, #7, #8, #9, #10, #11, #12, #13, #14, #15, #16, #17, #18, #19, #20, #21, #22, #23, #24, #25, #26, #27, #28, #29, #30, #31, #32, #33, #34, #35, #36
di Elvira Cerritelli