Taccuino Liberale #36

venerdì 18 aprile 2025


Il Venerdì Santo, momento clou della Settimana Santa in cui si celebra la morte e resurrezione del figlio di Dio, può essere spunto di riflessione anche per chi, ateo, o non credente, vuole comunque non fermarsi dinanzi all’apparenza e all’immanenza.

Il gesto compiuto dal Figlio, a cui il Padre chiede il sacrificio della propria vita, per salvare l’Umanità dai suoi peccati, ci palesa quel senso di responsabilità individuale, che porta una persona a farsi carico dell’azione umana.

Quando si parla di libertà, quella liberale, si dice sempre che non vi è libertà senza responsabilità. Tanto più grande è il margine di libertà che si vuole mantenere, tanto più grande sarà la responsabilità che ne deriva. Possiamo quindi usare questo momento per rammentare a noi stessi e a chi ci sta intorno, che senza un profondo senso di responsabilità non si sarà mai pienamente liberi.

Questo Paese purtroppo ha perso una parte del senso di responsabilità. Non siamo responsabili e non ci allenano ad esserlo, e tutto o quasi è programmato e scelto per noi.

Si inizia sin da piccoli, infatti ai bambini non è dato scegliere nemmeno cosa mangiare a merenda (c’è la mela bio disidratata confezionata nelle scuole della prima infanzia), ma tutto viene imposto, spesso con la scusa che è per il loro bene, e il risultato che l’iper-protezionismo sommato alla mancanza di esercizio di libertà e responsabilità, fa crescere individui privi di forza intellettuale ed emotiva, o dispotici, perché la libertà è come il corpo, se non ti alleni non sai come usarla al meglio. Allenare la propria responsabilità vuol dire anche imparare a gestire le conseguenze delle proprie azioni che sono espressione di libertà, vuol dire commettere anche errori, ma imparare ad accoglierne l’insegnamento anche quando ha il gusto più dell’amaro calice, dell’aceto, che del miele dolce che ha invece il successo.

Si continua da grandi, quando non ci consentono di esercitare appieno la nostra responsabilità individuale, quando ci allenano a pensare che ogni risposta all’esigenza personale arrivi o debba arrivare dalla società e dallo Stato, e ci fanno credere che è meglio un servizio sanitario pubblico vicino e pessimo, che uno ottimo, anche non pubblico e con la scomodità di essere lontano ma che ci garantisce le migliori cure. Ci fanno credere di essere fatti male e moralmente riprovevoli se ci lamentiamo di un sistema fiscale oppressivo perché “pagare le tasse è bellissimo”, dimenticando che maggiore pressione fiscale corrisponde a minore libertà economica e quindi minore possibilità di prendersi la responsabilità di scegliere ognun per sé, come se non fossimo capaci di sapere cosa sia meglio per noi stessi o per i nostri cari. Pretendono di dirci in che tipo di case abitare, che tipo di riscaldamento avere, con che tipo di veicoli garantirci la mobilità e limitando così, di volta in volta, la nostra libertà di scelta (quindi di responsabilità) in cambio della deresponsabilizzazione collettiva, che è la fine dell’individualismo e dunque della massima espressione della sua esistenza, quella della libertà. Dovremmo quindi cominciare a recuperare un senso del dovere e della responsabilità, che in fette sempre più larghe di popolazione e lavoratori sembra essere smarrita.

Tanto, troppo assistenzialismo, welfare per tutti, ci ha fatto scambiare libertà con comodità, responsabilità con delegittimazione, e si continua ad inginocchiarsi, in questo Venerdì Santo, dinanzi al solo che si è immolato sulla croce, dandoci una grande lezione di responsabilità: ha bevuto l’amaro calice per noi e gli è stato offerto aceto invece che acqua, mentre noi non abbiamo cura nemmeno della nostra libertà che si costruisce e difende quotidianamente, ma ci aspettiamo che lo faccia lo Stato per noi.

Quindi l’augurio del taccuino per un periodo pasquale sereno è scritto in modo forte ed affettuoso per tutti, ma in particolar modo è rivolto a quelli che dinanzi alla delegittimazione dell’individuo, della sua libertà e della sua responsabilità personale si oppongono alla narrazione mainstream, e spesso sono tra i pochi che lavorano perché non possono pensare alle ferie e le feste ma devono continuare a fatturare per pagare tasse, stipendi e fatture di servizi energetici più alti d’Europa, per poter assicurare un futuro migliore alle loro aziende, ai loro collaboratori o alle loro famiglie, ben sapendo che due, tre settimane di ‒ sostanziale ‒ fermo del Paese (e sì, complici le date ravvicinate di feste religiose e civili, ci sono quasi tre settimane di stop), di questi tempi, sono un lusso che in pochi si possono permettere.

(*) Leggi il Taccuino liberale #1#2#3#4#5#6#7#8#9#10#11#12#13, #14#15#16#17#18#19#20#21#22#23#24#25#26#27#28#29#30#31#32#33#34, #35


di Elvira Cerritelli