“La verità è che stiamo tutti entrando nel tunnel”.
Parola di Tonino Cantelmi, psichiatra e professore dell’unica cattedra di cyberpsicologia in Italia, secondo cui la dipendenza da internet colpisce proprio tutti e i numeri ne sono la prova. I dati raccolti dalla società statunitense Dscout parlano chiaro: in media tocchiamo lo schermo del nostro telefonino 2.617 volte al giorno, per un totale di circa cinque ore su ventiquattro. Una persona su dieci si preoccupa di controllare il telefono anche la notte e, lo conferma l’Istat, non sappiamo rinunciarvi nemmeno alla guida: quattro incidenti gravi su cinque sono, infatti, causati dall’uso compulsivo dei social al volante.
A riaccendere i riflettori sulla dipendenza che affligge soprattutto le nuove generazioni, un video pubblicato di recente dall’antropologo Simon Sinek, secondo cui “i social rilasciano dopamina come l’alcool, il fumo e le scommesse e creano molta dipendenza”. Più di quindici minuti di discorso tenuto lo scorso settembre in occasione di un incontro di Inside Quest, progetto che raccoglie le testimonianze di chi ha raggiunto il successo, in cui Sinek evidenzia l’incapacità dei “Millennials”, ovvero “più o meno i nati dal 1984 in poi”, di raggiungere una vera gratificazione.
Un’intera generazione che ha accesso a un intorpidimento che crea dipendenza da sostanze chimiche attraverso i cellulari e che, tramite l’uso di infiniti filtri, è in grado di mostrare alla gente “che la vita è magnifica, anche se siamo depressi”. A confermare la tesi espressa dal quarantatreenne inglese è uno studio condotto da David Greenfield, professore di psichiatria all’Università del Connecticut, secondo cui l’uso smodato di smartphone provocherebbe delle interferenze nella produzione di dopamina, ovvero il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa.
È capitato a tutti - aggiunge infatti Sinek - di sentirsi un po’ soli e di inviare dieci messaggi uguali, con scritto semplicemente ciao, a dieci amici diversi. Ed è capitato a tutti perché ricevere una risposta provoca una bella sensazione. Ben più grave per il destino dei più giovani non è però la dipendenza in sé, quanto le conseguenze a cui questa può condurre. Il rischio è che i soggetti in questione possano isolarsi, perdendo ogni contatto con il mondo e rischiando di dimenticare come trasmettere le proprie emozioni. Conseguenze comuni sono poi gli sbalzi d’umore, i disturbi del sonno e dell’alimentazione e l’uso improprio di farmaci. “Lo scenario peggiore - conclude Sinek - è l’aumento dei suicidi e dei casi di depressione. Nella migliore delle ipotesi avremo una generazione che crescerà e vivrà la propria vita senza mai trovare la vera felicità”.
Ad maiora, Millennials!
Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 03:05