Sinner sarà prosciolto

Da notizia appresa dalla stampa Karen Moorhouse, Ceo dell’International tennis integrity agency (Itia), avrebbe rilasciato un’intervista ove si precisava la situazione processuale del tennista Jannik Sinner ipotizzandosi che dopo il ricorso della Wada al Tas, qualora la decisione del tribunale in grado di appello dovesse essere annullata a Sinner potrebbe essere comminata una sospensione o una squalifica di circa 12 mesi permanendo un giudizio di negligenza afferente al comportamento dell’atleta. Stante la detta notizia di stampa abbiamo ritenuto di soffermare nuovamente la nostra riflessione sugli elementi costitutivi del comportamento negligente, sia pur per inciso e molto sinteticamente, rilevabili sia nel sistema di civil law che in quello di common law. La superiore esposizione ha lo scopo di condividere talune riflessioni inerenti il nostro convincimento circa la estraneità da ogni responsabilità addebitata a Jannik Sinner per il noto caso di antidoping di cui lo stesso è chiamato a rispondere in ordine alle infinitesimali tracce di Clobesol che le analisi avrebbero accertato essere state rilevate in Sinner in esito di un controllo antidoping effettuato dopo una gara.

Riteniamo sia possibile definire, in breve e sinteticamente, un comportamento di tipo negligente allorquando lo stesso difetti di quella diligenza che sia le circostanze sia le norme vigenti postulino, così causando un danno a un soggetto terzo. La negligenza si caratterizza per la omissione involontaria di attenzione o di precauzione che deve essere correlata in maniera logica al venir meno ad un dovere di cura che si è chiamati ad osservare. Secondo l’ordinamento giuridico italiano la negligenza è rapportabile al comportamento del “buon padre di famiglia”, ossia riferendosi aduna persona di manifesto buon senso e diligenza. La negligenza finisce per incidere, nella previsione giuridica dell’ordinamento, solamente quando interviene sul determinismo di un evento dannoso che generi un danno con conseguente responsabilità giuridica.

Negli ordinamenti giuridici di common law, la negligenza è rilevabile essenzialmente facendo riferimento ai principi giurisprudenziali e ai precedenti giudiziari. Possiamo pertanto segnalare che la responsabilità per negligenza, in detti sistemi giuridici, viene ad esistenza quando è violato il principio primo di duty of care; infatti ciascun soggetto agente deve porre in essere le proprie azioni con quella la necessaria diligenza che consenta di evitare danni ad altri. Relativamente poi ai precedenti giudiziari citiamo, per tutti, quello storicamente richiamato e ritenuto rilevante giuridicamente e precisamente il caso Donoghue v. Stevenson (1932). Trattasi sicuramente di un precedente fondamentale in materia. In tale precedente vi è certezza consolidata che lo stesso può essere assunto ad esempio fondamentale in quanto ha stabilito il necessario principio del “dovere di (avere) cura” nei confronti di terzi. La negligenza, riferibile al soggetto agente, è certamente rilevabile in base alla sua manifestata o meno capacità di previsione e quindi di prevenzione del danno. In questo caso il precedente giudiziario assume un ruolo cruciale nel definire i vari livelli e criteri di responsabilità.

Gli organi giudicanti, in linea con quanto più sopra evidenziato, per la rilevabilità dei vari livelli di negligenza, utilizzano anche il reasonable man test, ossia l’analisi della condotta da giudicare assumendo quale criterio di raffronto le ipotesi comportamentali rinvenibili nell’agire buon padre di famiglia onde valutare se un determinato comportamento è stato negligente o meno alla luce del detto test. La World Anti-Doping Agency (Wada) ha ritenuto di proporre ricorso in appello avverso la decisone del Tribunale di arbitrato sportivo di Losanna che escludeva Sinner da ogni responsabilità, ritenendo invece che quest’ultimo, anche per la presenza di tracce infinitesimali di per sé insufficienti a modificare la normale resa sportiva del tennista, debba essere considerato negligente e responsabile anche per l’operato illegittimo dei componenti del suo staff. Infatti secondo l’Autorità appellante il tennista avrebbe comunque dovuto evitare il verificarsi di quanto accaduto e per tal circostanza va riconosciuta la sua responsabilità per avere operato con comportamento negligente.

In questa sede riteniamo opportuno prescindere dall’analisi della intervenuta modifica delle norme regolamentari aventi ad oggetto le sostanze dopanti eventualmente rilevate dalle analisi cliniche in misura minima che saranno quindi valutate espressamente non dopanti in quanto presenti in misura irrilevante nel corpo dell’atleta, e per tal motivo ritenute ininfluenti sulla prestazione sportiva. E inoltre, anche considerando la circostanza esimente da ogni responsabilità a motivo della possibile assunzione involontaria e/o per contaminazione. Tali nuove norme non hanno efficacia della retroattività e pertanto oggi le dette non sono applicabili al caso Sinner. È opportuno evidenziare che per la rilevabilità della negligenza debbano essere presenti quattro elementi principali:

1) Dovere di cura (Attenzione): L’esistenza di un dovere di cura (attenzione) verso la parte lesa;

2) Violazione del dovere: La conclamata violazione di tale dovere attraverso un’azione o un’omissione;

3) Causalità: Un nesso causale diretto tra la violazione del dovere e il danno subito;

4) Danno: La presenza di un danno effettivo e quantificabile.

Nel caso di Jannik Sinner il proscioglimento completo discenderà dalla evidenza che uno o più dei suddetti elementi non siano stati o non possano fondatamente essere dimostrati in maniera sufficiente:

Dovere di cura (attenzione di prevedibilità): è di tutta evidenza, perché sufficientemente già accertato, che Sinner non aveva alcun potere-dovere di attenzione in quel contesto. Infatti, per accertare le tracce infinitesimali è stato necessario da parte delle Autorità antidoping, a posteriori, ricorrere ad attività di laboratori di analisi cliniche estremamente sofisticati per cui è certamente possibile affermare che le dette attrezzature non erano né nella disponibilità di Sinner né presenti nei locali di sua pertinenza al momento sia del trattamento fisioterapico antecedente la gara sia al momento della subita contaminazione.

Violazione del dovere: Inoltre storicamente la contaminazione non è avvenuta per un volontario e consapevole trattamento utilizzando la sostanza dopante in epoca precedente, per cui Sinner dopo il massaggio avrebbe dovuto avere la attenzione di lasciar trascorre il tempo necessario per eliminare totalmente la sostanza dal suo corpo prima della nuova gara. La negligenza in questa ipotesi si sarebbe potuta rilevare nella mancata osservazione dei necessari tempi di decadenza all’interno del proprio corpo della sostanza dopante e ciò sino alla sua totale eliminazione prima di affrontare una successiva gara. Nulla di tutto ciò non è accaduto!

La sostanza contestata si trovava in verità in posto diverso dal corpo di Sinner e a lui è pervenuta, come è pacifico, per opera di un terzo che lo avrebbe contaminato. In un simile caso, ragionando apoditticamente, qualora potesse essere rinvenibile un dovere di attenzione o diligenza in capo Sinner, quest’ultimo, nella fattispecie in esame, non avrebbe mai e in nessun modo potuto evitare la incolpevole contaminazione perché la sostanza che si trovava nelle mani del massaggiatore in una così infinitesimale quantità non era icto oculi da lui rinvenibile né significativamente rilevabile. Infatti, secondo il reasonable man test era certamente  impossibile per Sinner evitare la contaminazione non potendo lui, come detto, rendersi obiettivamente conto della esistenza di tracce del Clobesol sulle mani del terapeuta dal momento che le stesse erano in una quantità così minima la cui rintracciabilità e persistenza poteva essere riconnessa esclusivamente ad attività di analisi da effettuarsi con personale altamente specializzato e con utilizzo di attrezzature altamente sofisticate. Sinner non aveva le attrezzature cliniche necessarie né disponeva di personale professionalmente specializzato né prima della contaminazione né dopo. Come già affermato, ricordiamo che il principio ad impossibilia nemo tenetur “costituisce esimente per ogni e qualsiasi responsabilità e negligenza ed è, a nostro parere, perfettamente attagliabile al proscioglimento di Sinner.

Stante quanto sopra, si può serenamente affermare che è del tutto assente quel nesso causale diretto ed inequivocabile tra l’azione (od omissione) di Sinner ed il danno che si vorrebbe essere stato arrecato al generale e sacrosanto obbligo di porre in essere ogni e qualsivoglia attività di contrasto al doping nello sport.

Danno: Lo sport e l’equilibrio tra prestazione sportiva e “ genuinaefficienza fisica dello sportivo non hanno subito alcun danno, infatti è impossibile dimostrare un danno concreto o quantificabile imputabile a Sinner stante la sua assoluta impossibilità di avere violato sia colpevolmente che incolpevolmente il duty of care ed anche per la obiettiva circostanza che la sua fattispecie non è in alcun modo, per la assenza di ogni e qualsiasi elemento correlato, sussumibile nel caso giudiziario costituente precedente : ossia il caso Donoghue v. Stevenson.

In linea con quanto sopra evidenziato consente di affermare che l’assoluzione di Sinner si fonda su una ampia lacuna probatoria, di palmare evidenza, riguardo a uno o più elementi fondamentali della negligenza. In ambito giuridico, senza prove sufficienti, la presunzione di innocenza opera a favore dell’atleta. Tale principio è fondamentale per garantire equità e giustizia nel sistema legale, evitando che responsabilità ingiustificate siano attribuite senza un solido fondamento probatorio.

Aggiornato il 03 febbraio 2025 alle ore 13:11