
La Corte costituzionale, con sentenza numero 33/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 29 bis, comma 1, della legge ordinaria dello Stato numero 184/1983 (che disciplina le adozioni) nella parte in cui non include le persone singole tra coloro che possono adottare un minore straniero residente all’estero. La questione, sollevata in via incidentale dal Tribunale per i minorenni di Firenze, invocava due parametri per far valere l’incostituzionalità: l’articolo 2 e l’articolo 117, comma 1, della Costituzione. Quest’ultima disposizione normativa impone il rispetto, da parte della legislazione interna, degli obblighi internazionali. Rileva, nel caso di specie, l’articolo 8 della Cedu (la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950) inerente al rispetto della vita privata e familiare. Il giudice delle leggi, dopo aver fatto una ricognizione della normativa in vigore e pur continuando a negare un “diritto alla genitorialità” conformemente alla propria giurisprudenza e a quella della Corte di Strasburgo (Corte Edu), osserva come la disciplina sottoposta al suo scrutinio si riverberi “nel diritto alla vita privata inteso come libertà di autodeterminazione” (punto 9.1. del considerato in diritto della sentenza numero 33/2025).
La persona singola, in altri termini, sarebbe in grado di assicurare al minore un ambiente stabile ed armonioso, aspetto, peraltro, riconosciuto astrattamente dalla Corte già con la sentenza numero 183/1994. Palazzo della Consulta, nell’assicurare la “funzione dinamizzante” dell’ordinamento costituzionale italiano, sposa in questo modo una prospettiva adultocentrica che fa della libertà di autodeterminazione un diritto dai contenuti sempre più espansivi. È questa la cifra della post-modernità per cui, laddove non interviene la legge, ci pensa l’attività interpretativa-ermeneutica della Corte costituzionale a favorire il “traffico insaziabile” dei diritti e dei loro contenuti e la degradazione della persona a individuo, a monade isolata. Ciò che la Consulta non ha ben ponderato, peraltro, è l’interversio iuris che la sua decisione causa sull’istituto dell’adozione. Essa, infatti, è nata per assicurare dei genitori a chi ne è sprovvisto secondo il modello dell’imitatio naturae, e non per l’esercizio di un presunto diritto al figlio rivendicabile da parte di chi non ha figli. L’adozione per le persone singole, dunque, sovverte profondamente il senso e la ratio iuris di un nobile istituto solidaristico quale è l’adozione. Peraltro, non c’è alcun bambino che, potendo scegliere, vorrebbe un solo genitore anziché due. Infatti, la presenza di due figure permette una migliore distribuzione delle responsabilità e garantisce al bambino due punti di riferimento per la crescita e l’educazione. Dal punto di vista psicologico, inoltre, il bambino beneficia di un ambiente più equilibrato, con un maggiore supporto emotivo e sociale. Altro che autodeterminazione.
Aggiornato il 24 marzo 2025 alle ore 12:26