La mutazione

Viviamo un’epoca di mutazione, esterna e interna. L’esterna viene dai robot umanoidi e dall’intelligenza artificiale generale. L’interna deriva dallo svuotamento della cultura classica estetico-umanistica. Nessuno può ritenere svalutabile l’economia e la difesa del proprio Paese ma se le società hanno come scopo l’economia e la difesa non rendendole strumento per la civiltà della cultura e dell’arte decadiamo. Le civiltà hanno badato enormemente all’economia, hanno badato enormemente alla difesa e anche all’offesa però soprattutto immensamente alla cultura, all’arte. Della Grecia non sopravvivono l’economia o le guerre ma l’arte e il pensiero. Della militarissima Roma antica, similmente, e così per le altre civiltà. Il maleficio deprimente nasce quando si polemizza avverso la cultura classica, perché economia e difesa se non hanno fini di civiltà ma esclusivamente utilitaristici o di tutela. Il robot che fa i servizi di casa è eccellente. Ma tu, uomo, che fai, leggi, scrivi, bivacchi, ti annoi, ti degradi? Le invenzioni tecniche utilissime che sopprimeranno il lavoro dell’uomo senza poi sapere che cosa possa fare l’uomo in sé stesso di se stesso a cosa servono?

Avendo svalutato la civiltà classica, umanistica, avremo il risultato del trionfo della tecnica disumanizzante. E, invece, proprio in quel momento la conquista tecnica abbisogna della persistenza umanistica. Assurdo sottovalutare l’utilitarismo e la tutela armata, essenziale però renderli strumentali alla civiltà estetico-umanistica, non finalità assoluta della società. L’uomo, nel suo percorso, è stato eminentemente espressivo, estetico, parola, suono, colore, poesia, musica, dipinti. Animali e vegetali e natura hanno bellezza ma non la suscitano e non ne sono coscienti. Un tramonto non si specchia, né Luna e stelle, né mare e cielo. È l’uomo lo specchio dell’esistere e il trasfiguratore espressivo. Se scemiamo questo nucleo espressivo proprio dell’uomo e dell’uomo vantiamo l’agire strumentale, i robot intelligenti lo eseguiranno meglio. Altro discorso riguarda la svalutazione dell’uomo insieme alla sua disposizione estetica espressiva.

Ricondotto alla attività tecnica utilitaristica, il robot intelligente serve meglio. Ma noi viviamo, sentiamo, esprimiamo, soffriamo da morire, gioiamo di vivere, ciascuno è un Io. Perché dovremmo svalutarci rendendoci sostituibili? Ma per non renderci sostituibili occorre oltrepassare la sfera dell’utile nella quale il robot ci sostituirà e pervenire alla sfera esistenziale filosofica-estetica, il sentire espressivo, la risonanza del fuori in noi, del nostro interno fuori di noi, gli interrogativi sull’essere. Questo esige l’Io risonante. Il fiume ti detta versi, il mare suoni, l’uomo vicende. Questa è la cultura classica. Che l’uomo abbia dentro un mondo da esprimere, eco del mondo esterno, è reso espressivo dal proprio Io, e rimesso all’esterno: l’Io trasfigurante. Se svalutiamo l’Io trasfigurante estetico espressivo interrogante, e vogliamo principalmente l’uomo utilitaristico, il robot ci sostituirà, ma non perché ci sostituisce il robot, ma perché noi abbiamo già sostituito noi stessi.

Aggiornato il 20 marzo 2025 alle ore 13:12