Ma che vita è?

È bruttissimo assistere, in tema di suicidio assistito, a una indecente battaglia tra diritti umani versus una politica in balìa di incertezze proprie e di vigili sguardi papalini. Per riaprire un dibattito, che negli anni è stato periodicamente chiuso a chiave nei vari cassetti nonostante il fatto che il Parlamento sia stato invitato dalla Corte costituzionale a legiferare sull’argomento, ci è voluta la Regione Toscana che ha approvato una legge sulla materia con la quale, in sostanza, il suicidio assistito viene inserito nel Servizio sanitario regionale. Sull’argomento Marco Cappato, dell’Associazione Luca Coscioni, ha affermato che “durante il dibattito, i partiti che si opponevano alla legge in Toscana invocavano la necessità di una legge nazionale. Peccato che gli stessi partiti – in minoranza in Toscana, ma in maggioranza nel Parlamento nazionale – a Roma si oppongano alla discussione di una legge nazionale, richiesta invano da sei anni da parte della Corte costituzionale”.

Sei anni non sono pochi e tutti i partiti “temono” il confronto parlamentare sul suicidio assistito. È quasi superfluo sottolineare che, in molti casi, è difficile definire “vita” uno status caratterizzato da macchinari, tubicini, camici bianchi che ti circondano, senza nessuna speranza di futuro: ma come si fa a definirla vita? Si sta parlando dell’ostinarsi a tenere acceso un organismo che non vuole-può più stare su questa Terra. Non è ancora chiaro se la politica non abbia ancora capito (o faccia finta di non capire) che la necessità di una legge nazionale è più che mai urgente, senza fraintendimenti e ipocrisie, ma con certezze messe per iscritto in una normativa.

Aggiornato il 14 febbraio 2025 alle ore 13:43