Camorra, si è pentito Francesco “Sandokan” Schiavone

“Sandokan” si è pentito. Francesco Schiavone capo dei capi del clan dei casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia. Lo riporta l’edizione cartacea del quotidiano Cronache di Caserta. Era uno degli ultimi irriducibili della camorra, custode di importanti segreti. Ha passato in carcere 26 anni, la maggior parte trascorsi in regime del carcere duro. L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Schiavone viene confermato dalla Direzione nazionale antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre. Dopo la notizia della decisione del super boss Francesco Schiavone “Sandokan” di pentirsi, restano per ora irriducibili nella loro volontà di non collaborare con lo Stato l’altro storico capo dei casalesi Francesco Bidognetti, noto come “Cicciotto e Mezzanotte”, in carcere dal 1993, e Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre 2011 dopo sedici anni di latitanza. Tra i boss dei casalesi che hanno deciso di collaborare con la giustizia compare invece anche Antonio Iovine, “o ninno”, arrestato nel 2010 dopo 15 anni di latitanza.

Schiavone fu arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxiprocesso Spartacus e per diversi omicidi; prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di “Sandokan”, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe. La decisione di Schiavone potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica. Secondo i componenti della Commissione Legalità dell’Ordine dei giornalisti della Campania, presidente Marilù Musto e Tina Cioffo vice, “se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall’identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan. Schiavone potrebbe, innanzitutto, chiarire se in questi anni il 41 bis ha funzionato, ma soprattutto potrebbe svelare la rete di relazioni della camorra con l’ala imprenditoriale e politica che ha permesso la sopravvivenza del gruppo criminale fra i più pericolosi in Europa. Su molti fatti di sangue la verità giudiziaria ha già ottenuto molti risultati anche senza il suo aiuto”. La commissione – composta anche da Vincenzo Sbrizzi, Giovanni Taranto, Luisa Del Prete, Anna Liberatore, Nicole Lanzano e Federica Landolfi – si augura “che siano resi noti i patti che hanno condannato la periferia di Caserta e Napoli all’identificazione con la Terra dei fuochi a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti. Schiavone renda noto i contatti con le mafie nell’area vesuviana”.

Aggiornato il 02 aprile 2024 alle ore 10:41