Cellulari nelle scuole, “no” del Governo inglese

Uso del telefonino, croce e delizia. Il progresso non si arresta con i divieti. Ormai circa il 95 per cento dei ragazzi, al di sotto dei 15 anni, hanno lo strumento che ha rivoluzionato il modo di rapportarsi con gli altri durante la giornata ed anche la notte. Insegnanti, famiglie, pedagoghi, governanti continuano a dividersi sull’uso corretto dei cellulari: in casa, a scuola, al cinema, per strada, sui treni, sugli autobus. Una delle ultime decisioni in materia è del Governo inglese. Da una decina di giorni sono state pubblicate le linee-guida per i presidi delle scuole britanniche che prevedono la proibizione dell’uso dei dispositivi con quattro opzioni: a) divieto assoluto di portare in classe i cellulari, da lasciare a casa; b) consegnarli all’ingresso della scuola allo staff scolastico della performance educativa; c) chiudere i cellulari negli armadietti delle classi; d) gli alunni potranno tenerli nello zainetto ma spenti, né usarti, né in vista e tanto meno sbirciati.

Secondo il ministro dell’Educazione, Gillian Keegan, le nuove linee-guida serviranno a minimizzare i disturbi e migliorare i comportamenti nelle classi prestando maggiore attenzione alle spiegazioni degli insegnanti i quali avranno, quindi, strumenti adattati per far rispettare la disciplina. I telefonini sono un elemento di distrazione, venendo meno al principio che le scuole sono luoghi pubblici adibiti all’apprendimento. La decisione del Governo di Londra ha aperto un acceso dibattito sui social ma già l’Unesco, l’agenzia culturale delle Nazioni Unite, si era pronunciato a favore dell’eliminazione dei cellulari in classe, portando prove dell’abbassamento. In Gran Bretagna si era accesa un’accesa disputa dopo la morte di una ragazzina transgender, Brianna Ghey di 16 anni, a causa di violenze online da parte di due coetanei.

Contro il divieto si sono espressi i sindacati britannici e i genitori che temono di non poter contattare i figli in caso di emergenze nel tragitto casa-scuola. La realtà è che ormai lo smartphone è una presenza fisica fissa tra le mani delle ragazze e dei ragazzi. In alcuni Paesi europei – come Francia, Svezia, Finlandia, Olanda – l’uso dei cellulari è vietato alle elementari e medie. È con l’arrivo della pandemia da Covid che la didattica digitale è esplosa tra gli studenti ma anche tra i docenti e i genitori. Il problema è che girano nel mondo giovanile troppi video virali ai danni della vittima designata, quasi sempre tra i soggetti più deboli, azioni che vanno dal bullismo alle aggressioni online.

In Italia ci fu già nel 2007 con il ministro Giuseppe Fioroni un primo tentativo di regolamentazione e ora anche il titolare di viale Trastevere, Giuseppe Valditara, si appresta a varare nuove linee-guida. Le polemiche sono destinate a continuare. I ragazzi italiani sono sempre più convinti che, mano a mano che crescono in età (non di numero a causa del decremento demografico), sono costretti a fare i conti con una realtà che sembra penalizzarli su più fronti (appena il 28 per cento gli asili nido mentre le esigenze prevedono di raggiungere il 30 per cento entro il 2030; oltre il 60 per cento degli edifici scolastici statali non hanno i requisiti di sicurezza previsti; sono carenti gli scuolabus e i mezzi di trasporto pubblico). La spesa per l’istruzione è molto bassa: appena il 4,1 per cento del Pil in Italia contro la media europea del 27 per cento. Le conseguenze si vedono. I giovani possono imparare tutto ma vanno aiutati. È un dovere dello Stato (articolo 34, l’istruzione inferiore impartita per 8 anni è obbligatoria e gratuita).

Aggiornato il 29 febbraio 2024 alle ore 10:11