Cari auguri

Ogni èra ha i suoi riti, ha genitori e nonni che ammorbano l’aria di ai miei tempi. Le cerimonie quotidiane si atrofizzano, si digitalizzano, si preferisce involgarirle fino al disgusto piuttosto che farle sparire come sarebbe logico. I social inflazionano gli auguri, dissotterrando onomastici mai considerati. Pagine piene di copincollaggi con foto di santi, martiri e guerrieri, che fanno un po’ paura, ma dovrebbero rappresentare il festeggiato online. E allora cento, duecento messaggi, che i grandiosi spacciano per mille, duemila. Con ringraziamenti pre-stampati di chi non è grato proprio a nessuno, ma vuole dimostrare di essere popolarissimo, grazie alla fortuna di essere persino nato.

La nonna telefona attraverso la zia, vorrebbe farci una torta, ma in cuor nostro la snobbiamo, molto meglio i regali via internet, anche in forma di mazzi di like, chissà se un giorno li monetizzeremo come hanno saputo fare le ferragni quando erano vive. Il nostro compleanno è un pozzo d’oro: orde di commercianti partecipano con tutto il cuore alla festa, offrendoci sconti fino al cinque per cento, addirittura il dieci se compriamo tre occhiali. Tutti i computer del mondo hanno memorizzato la nostra nascita, e ci offrono patatine onomastiche, purché ci ingozziamo di hamburger con ananas dentro: se per caso siamo morti da anni non importa, la macchina non lo sa.

Fin dalla notte dei tempi gli auguri sono quasi tutti banali: poca fantasia e ancora meno voglia di strizzare il cervello. Oppure di cattivo gusto, o stantii, di quelli che fanno pensare cheppalle, finirà questo giorno. Ma per fortuna i genietti americani, artefici della massima regressione infantile dalla creazione della Terra, hanno inventato le emoticon, in sostanza pupazzetti che suppliscono alla mancanza di inventiva del genere un tempo umano. Sono bellini, carini, coloratini. Sono facciottini, macchinine, barchette, smorfiette, animalucci, e tutti ci vogliono tanto, tanto bene. Non saremo più annoiati da frasi fatte: il sorriso di questi mostriciattoli millimetrici è sufficiente a farci stare bene, dopo una giornata in cui abbiamo rischiato il licenziamento. E siccome indietro non si torna, è difficile prevedere un futuro di citazioni dannunziane, bisogna proseguire nella digitalizzazione. Basta con le presenze, siamo fumo anche da vivi.

Così, impreziositi da tanta tecnologia, gli auguri diventano importanti, qualcosa di pubblico, perché no, con lo sponsor, ma dedicato a noi: dunque, ce li dobbiamo guadagnare. Con il topo o il touch screen seguiamo un percorso che ci condurrà a un simpatico spot da goderci in pace. Solo alla fine saremo gratificati dalla frase banale di sempre, ma a pronunciarla sarà un flacone di candeggina. Così potremo sognare, perché no, un futuro in cui riceveremo auguri dal cestello di una lavatrice.

Aggiornato il 25 gennaio 2024 alle ore 09:00