L’incidente stradale a Casal Palocco e i rischi dei social network

La tragedia della scomparsa del piccolo Manuelmorto a soli cinque anni in un incidente stradale a Casal Palocco, ha acceso il dibattito politico sul come dovrebbero essere regolamentati i social. In particolare, ci si sta domandando, per l’ennesima volta, se esiste o meno un modo per permettere a giovani e giovanissimi di utilizzare internet in maniera più consapevole. Una soluzione potrebbe essere rappresentata da un intervento legislativo, ma non basta; occorre che la scuola aiuti ad accompagnare la complessità del cambiamento, piuttosto che marginalizzarne alcuni aspetti come semplici “rischi”. La scuola può, infatti, aiutare gli studenti, e con essi i genitori, a costruire strategie positive per affrontare una disponibilità di tecnologie, di informazione e comunicazione senza precedenti. Lo sviluppo di una piena cittadinanza digitale passa anche e soprattutto dalla capacità degli studenti di appropriarsi dei media digitali, passando da consumatori passivi a consumatori critici e produttori responsabili di contenuti e nuove architetture. Resta, infine, sullo sfondo il disagio esistenziale che si accompagna all’abuso dei social.

La tragica vicenda dell’incidente di Casal Palocco ha visto coinvolti un gruppo di ragazzi – i The Borderline – al volante di una Lamborghini presa a noleggio per una “challenge” per il loro canale YouTube e una madre con due figli a bordo di una smart. L’impatto è stato fatale per Manuel, morto a soli cinque anni. Possiamo ipotizzare che l’incidente sia stato causato dall’alta velocità e dalla distrazione del conducente trovato, tra l ’altro, positivo a un test antidroga. La verità giuridica sarà appurata dalla Magistratura. Quel che qui interessa porre in evidenza, è che non si è dinanzi alla classica “bravata”, perché la vicenda nasce in un contesto culturale ed economico che non è quello di ragazzi annoiati o con desideri distruttivi. L’incidente non è stato causato per il gusto di andare forte in auto, ma per creare contenuti di intrattenimento e monetizzare.

Questo perché le challenge rappresentano un meccanismo per entrare nel flusso di quel multiforme palinsesto che sono gli algoritmi che disciplinano le piattaforme. In questo caso non è tanto il creator che è già “famoso” a rendere rilevante il contenuto, ma il contenuto che fa il creator perché, se crei un contenuto che fa tendenza, TikTok o YouTube consiglia i tuoi video, ancora più persone ti conoscono e così il video diventa virale. Come se ne esce?

LA NORMATIVA VIGENTE

Attualmente, l’utilizzo dei social è regolato a livello europeo dal Gdpr che prevede che l’età minima per prestare il consenso al trattamento dei dati online sia di 16 anni e che le legislazioni nazionali possano ridurre tale limite fino a 13 anni. In Italia questo limite è fissato a 14 anni, età sotto la quale è necessario l’autorizzazione dei genitori. Esistono esempi di piattaforme che chiedono un’età minima di accesso a 13 anni ma basta farsi un’autocertificazione e l’ostacolo è facilmente aggirato.

L’ABUSO DEI SOCIAL

La pandemia ha prodotto una straordinaria accelerazione della digitalizzazione, con un vero e proprio boom di utilizzo di internet, smartphone e social media. Secondo il 17° Rapporto Censis, l’utilizzo degli smartphone nel 2020 è salito all’83,3 per cento (con una crescita record rispetto al 2019: +7,6 per cento). E sono lievitati al 76,6 per cento anche gli utenti dei social network (+6,7 per cento). Tra i giovani, di età compresa tra i 14 e i 29 anni, i media e le piattaforme online sono state sempre più consultate, tanto che l’analisi Censis ha rivelato che il 92,3 per cento utilizza WhatsApp, l’82,7 per cento YouTube, il 76,5 per cento Instagram, il 65,7 per cento Facebook. Più di un terzo ha accesso, infine, a Spotify e TikTok (rispettivamente il 36,8 per cento e 34,5 per cento). E se la spesa per libri e giornali crolla del 45,9 per cento, aumenta di contro quella di computer, audiovisivi e accessori (+89,7 per cento).

QUINTUPLICATI I FRUITORI DI TIKTOK UNDER 5

Bambini e adolescenti non stanno a guardare. Anche nel mondo pediatrico si è assistito ad una maggiore digitalizzazione e fruizione dei contenuti e delle piattaforme on line. Uno studio condotto dal Pew Research Center su un campione di quasi 1.700 genitori negli Stati Uniti ha confrontato le abitudini di bambini minori di 11 anni a marzo 2020 e ad aprile 2021: il 70 per cento dei bimbi con meno di 5 anni usa abitualmente il tablet e il 30 per cento gioca con i videogiochi. In generale è aumentata la fruizione di social media e dispositivi digitali.

Tra i bambini americani minori di 11 anni TikTok viene utilizzato dal 21 per cento degli intervistati nel 2021 contro il 13 per cento del 2020. Discorso analogo vale per altri social media, il cui utilizzo da parte dei giovanissimi è quasi raddoppiato in un anno passando dall’8 per cento al 17 per cento nel 2021. Ovviamente i dati sono variabili in base all’età del bambino, ma in ogni caso allarmanti: tra i più grandicelli, di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, la fruizione di TikTok è passata dal 21 per cento nel 2020 al 32 per cento nel 2021. Ma anche nei più piccoli, di età inferiore ai 5 anni, l’utilizzo è quintuplicato, passando dall’1 per cento al 5 per cento.

Discorso analogo anche per videogiochi e tablet, utilizzati rispettivamente dall’81 per cento dei bambini (contro il 68 per cento del 2020) e dal 51 per cento (contro il 45 per cento del 2020). Anche in questo caso, infatti, sebbene l’incremento sia stato maggiore nei bambini più grandi, vi è stato un sensibile aumento anche nei più piccoli. Se a marzo 2020 il 51 per cento degli under 5 anni possedeva un tablet, un anno dopo la percentuale è passata al 69 per cento. Simile considerazione per videogiochi e consolle che passano dal 16 per cento al 29 per cento per i più piccoli.

IN ITALIA IL RAPPORTO ISTAT OFFRE UN QUADRO ALLARMANTE

Un rapporto Istat riferisce che nel 2019 l’85,8 per cento degli adolescenti italiani di età compresa tra 11 e 17 anni ha utilizzato regolarmente lo smartphone e oltre il 72 per cento ha effettuato l’accesso a Internet tramite smartphone per lo più attraverso una connessione Internet a banda larga. Dall’inizio del periodo della pandemia, i dispositivi multimediali e l’accesso a Internet sono aumentati rapidamente, tanto che il rapporto Censis del 2021 ha rivelato un incremento anche progressivo dell’uso dello smartphone da parte degli adolescenti, che ha raggiunto il 95 per cento.

In particolare, la maggioranza degli adolescenti ha ammesso di utilizzare lo smartphone anche più frequentemente rispetto al passato con un utilizzo giornaliero superiore alle 3 ore nel 46 per cento dei casi. Gli adolescenti si sono collegati a Internet per lo più da soli e non solo per motivi didattici. È aumentata la consultazione di social media, principalmente Instagram (72 per cento), TikTok (62 per cento) e YouTube (58 per cento). Non essendo guidati e monitorati nel mondo digitale, i più vulnerabili possono essere esposti a diversi rischi, tra cui il cyberbullismo che colpisce il 7 per cento dei ragazzi di età compresa tra 11 e 13 anni e il 5,2 per cento degli adolescenti di età compresa tra 14 e 17 anni o lo stalking che colpisce più di 600 minori in Italia. D’altra parte, media e social network sono praticamente presenti in ogni casa e possono essere considerati una grande risorsa per chiunque, bambini e adolescenti compresi. Soprattutto durante il lockdown, l’accesso ad internet ha consentito la comunicazione con i pari, le attività educative come l’insegnamento scolastico nonché il contatto con parenti lontani.

Il rischio maggiore è però stato quello di tuffarsi in un eccesso di smartphone, dispositivi elettronici e social network, incappando in una vera e propria “overdose digitale”. È quanto, del resto, avvenuto in America: il 48 per cento degli adolescenti ha trascorso una media di 5 ore al giorno sui social media e il 12 per cento ha trascorso più di 10 ore. Tornare indietro non si può. Ogniqualvolta la cronaca riporta il tragico epilogo di ciò che è presumibilmente correlato ai social media, prendono il via infiniti dibattiti, sovente fini a sé stessi, e che hanno il sapore di una vera e propria “caccia al responsabile”.

Si è spesso portati infatti a demonizzare la rete, la società, la famiglia, talvolta la scuola, fino ad arrivare addirittura allo Stato.

Per quanto sia di fatto innegabile una negligenza da parte delle piattaforme social, che tendono a non porre alcuna restrizione legata all’età degli utenti – quando in realtà in Italia un minore di 14 anni non potrebbe acconsentire validamente al trattamento dei propri dati personali, necessitando dell’autorizzazione del genitore o del tutore legale nella sottoscrizione di quello che è a tutti gli effetti un contratto – non si può comunque soprassedere sulle responsabilità degli adulti.

I social network permettono le interazioni sociali e danno vita a nuove opportunità e divulgare informazioni in tempo reale, a prescindere dall’argomento e dalle tematiche. Ciò, tuttavia, non rende il contesto privo di rischi.

I genitori, così come la scuola, devono pertanto essere in grado di promuovere l’uso della rete a scopo prettamente divulgativo e informativo, palesandone i vantaggi a livello educativo, responsabilizzando gli adolescenti su quelle che possono rappresentare delle vere e proprie minacce, e incitandoli ad assumere un comportamento rispettoso qualora sussistano relazioni sociali, anche se di tipo virtuale.

IL RUOLO CENTRALE DELLA FAMIGLIA

Alla luce di quanto detto, viene dunque spontaneo porsi un interrogativo: i giovani, così come gli adulti, sono realmente formati ed educati per affrontare una realtà virtuale utile e costruttiva, ma non priva di risvolti oscuri, rischiosi e potenzialmente pericolosi?

Compito degli adulti è invece quello di affiancare i ragazzi alla scoperta della rete, spiegando loro i vantaggi e le caratteristiche costruttive dello strumento, ma mettendoli allo stesso tempo al corrente dei rischi che si celano dietro all’uso scorretto del web e dei social media. Questo poiché solo attraverso l’informazione e la formazione è possibile offrire un supporto ai propri figli, specie se adolescenti.

È altrettanto necessario che i genitori siano in grado di anticipare il malessere dei ragazzi, così come la noia e la solitudine, compensate proprio dall’utilizzo smodato di uno smartphone. Abituati ad osservare gli adulti immersi nello schermo di un pc, di un tablet o di un telefonino di ultima generazione, anche gli adolescenti tendono a isolarsi, cercando considerazione altrove, ed esternando, seppur in maniera indiretta, il desiderio di essere e sentirsi ascoltati, compresi e considerati.

Vietare l’uso dei social non rappresenta una soluzione educativa, in quanto tende a sortire l’effetto opposto, suscitando negli adolescenti il desiderio di trasgredire.

Meglio in questo caso puntare su applicazioni volte a garantire la sicurezza informatica, monitorando ciò che accade sullo smartphone, e rilevando eventuali minacce, segnalate acusticamente al genitore.

Il dialogo con i figli resta dunque l’opzione più indicata. Parlare con gli adolescenti, educarli all’uso consapevole della rete e dei social, far capire loro che isolarsi all’interno di una realtà virtuale non fa altro che pregiudicare tutte le piacevoli opportunità date invece dalla vita reale, rappresenta senza dubbio un utile stimolo al prediligere esperienze concrete, educative e costruttive che possano arricchire positivamente il proprio “bagaglio esperienziale”, senza doversi esporre ad inutili rischi.

COME LA SCUOLA PUÒ SUPPORTARE I GENITORI: EDUCAZIONE CIVICA DIGITALE

L’utilizzo distorto della tecnologia, e di conseguenza dei social media, è strettamente legato all’educazione: non dipende pertanto dalla tecnologia in sé e per sé.

La scuola, a riguardo, assume quindi un ruolo tutt’altro che marginale.

Da anni ormai l’istituzione scolastica si impegna nel sensibilizzare gli adolescenti e i giovanissimi nell’utilizzo consapevole e sicuro dell’informatica e di quanto ruota attorno a essa.

La scuola oggi non è più fortunatamente concentrata sulle mere competenze tecniche, ma focalizza la propria attenzione su quelle che sono considerate competenze critiche, e sulla sensibilizzazione rispetto ai potenziali rischi correlati all’uso dei social media in maniera impropria. Ecco perché la scuola nella sua offerta formativa ha inserito l’educazione civica digitale.

Per educazione civica digitale intendiamo piuttosto una nuova dimensione che aggiorna ed integra l’educazione civica, finalizzata a consolidare ulteriormente il ruolo della scuola nella formazione di cittadini in grado di partecipare attivamente alla vita democratica. Le parole chiave dell’educazione civica digitale sono: spirito critico e responsabilità. Spirito critico, perché è fondamentale – per studenti e non solo (docenti e famiglie sono altrettanto coinvolti) – essere pienamente consapevoli che dietro a straordinarie potenzialità per il genere umano legate alla tecnologia si celano profonde implicazioni sociali, culturali ed etiche. Lo spirito critico è condizione necessaria per “governare” il cambiamento tecnologico e per orientarlo verso obiettivi sostenibili per la nostra società.

(*) Tratto dal Centro Studi Rosario Livatino

Aggiornato il 28 giugno 2023 alle ore 12:03