La Rai costretta a rivedere i programmi sul referendum

Sofferto via libera del Consiglio di amministrazione della Rai alle nomine proposte dall’amministratore delegato Carlo Fuortes. Hanno votato no due consiglieri su sette: il rappresentante scelto dai dipendenti Riccardo Laganà e quello designato dal Movimento 5 stelle Alessandro di Majo. Le critiche più aspre sono arrivate da Laganà che ha parlato di giochi dei partiti e di scelte sbagliate. Il valzer che dopo aver revocato le deleghe al direttore degli Approfondimenti Maio Orfeo ha riportato lo stesso Orfeo alla direzione del Tg3 (dove era nel novembre 2021), spostando Simona Sala al Day Time e Antonio Di Bella agli Approfondimenti. Hanno un senso questi spostamenti? Il mondo di Saxa Rubra e di Viale Mazzini ritiene che così operando si fa soltanto confusione, si acuiscono le tensioni, non si risolvono i problemi. I vertici del settimo piano mentre varavano la nuova articolazione erano costretti a correggere, in corsa, la programmazione relativa ai referendum sulla giustizia del 12 giugno.

L’Agcom ha richiamato ufficialmente la Rai per violazione dei principi in materia di par condicio e pluralismo durante a campagna referendaria, con particolare riferimento al monologo tenuto dall’artista Luciana Littizzetto su Rai 3 nella puntata del 29 maggio di Che tempo che fa di Fabio Fazio. Severa la nota dell’Autority. La Rai, è scritto, nei programmi d’informazione deve garantire un rigoroso rispetto dei principi di pluralismo, d’imparzialità, di indipedenza, di completezza, di obiettività e di parità di trattamento tra i diversi soggetti politici in tutto il periodo della campagna referendaria. Un richiamo molto duro come poche altre volte era stato. Ma sono molte le vicende che la presidente Marinella Soldi e l’amministratore delegato Carlo Fuortes dovranno chiarire davanti alla Commissione parlamentare di vigilanza già convocata da presidente. Molte redazioni sono in fermento. I comitati di redazione delle testate regionali chiedono chiarimenti sugli sviluppi della programmazione dopo la chiusura delle terze edizioni notturni e l’avvio della nuova serie di Buongiorno Regione.

Per quanto riguarda i palinsesti dell’autunno-inverno non sono allo studio progetti innovativi ma la spinta al primato Rai nel mondo delle televisioni viene dai soliti programmi (dopo il Commissario Montalbano la serie Don Matteo (con Raul Bova) è arrivata alla tredicesima edizione, più meno come Ballando con le stelle, l’Eredità, i Soliti ignoti). Sembra comunque che anche in Rai si attendano tempi migliori: cioè le elezioni politiche del 2023 quando è prevista la vera resa dei conti tra i partiti. Il voto contrario del Consigliere Alessandro di Majo in quota 5 Stelle evidenzia un malessere dell’ex movimento di Beppe Grillo che aveva fatto man basso nella prima fase della legislatura. Il futuro Rai è pieno di intrecci e di sfide in salite, non essendo chiaro come si evolverà il nuovo modello organizzativo per generi varato nell’ottobre 2021. Il nuovo sistema dovrebbe prendere il posto di quello verticale con dieci direzioni che produrranno i contenuti per tutti i canali e le piattaforme. È vero che le tre reti storiche si occupavano da circa quarant’anni dei propri palinsesti, non realizzando le necessarie sinergie. Ed ecco che le dieci strutture si occuperanno rispettivamente di intrattenimento prime time, intrattenimento day time, cultura ed educational, documentari, fiction, sport, cinema, approfondimento, Kids e Rai Play. È tutto chiaro? Non proprio. La confusione regna sovrana con miriade di direttori, vicedirettori, capiredattori, capi struttura.

Aggiornato il 09 giugno 2022 alle ore 17:07