Il 2 giugno di sinistra è maxirissa

I nodi vengono al pettine. Quanto accaduto il 2 giugno, Festa della Repubblica, nel triangolo veronese della “maxi rissa africana” (tra Peschiera, Castelnuovo e Desenzano) è l’esito sciagurato delle contraddittorie politiche della sinistra sull’immigrazione e sui giovani. Ma c’è di più. Incidente sfuggito o tollerato? È un giallo capire dove finisca la malagestione ed inizi la propaganda.
Il 30 maggio la sindaca di Peschiera del Garda, Orietta Gaiulli, aveva dato l’allarme al Prefetto e al Questore di Verona circa un raduno di giovanissimi organizzato via social (il famigerato Tik Tok) nella vicina spiaggia libera di Castelnuovo, che non avendo ancora una sistemazione è facile teatro di scorribande. Avvertimento sottovalutato. Sta di fatto che il 2 giugno un’orda di circa duemila ragazzini, tra cui moltissimi di origine africana, si sono radunati nella spiaggia libera per l’annunciato “rave party”.

Nei furiosi anni Ottanta delle rivolte giovanili i “rave party” erano considerati raduni autogestiti e gratuiti ai limiti della sedizione e dello scempio per dare libero sfogo a istinti ribelli con uso massiccio di droghe e musiche tecno, house e rock psichedelico. La formula era nata in Inghilterra, ma il 1° giugno 1985 a Beanfield si era scatenata una battaglia tra manifestanti e circa 1.300 poliziotti. Tuttavia, tra musica elettronica e solstizi rituali, i raduni musicali si sono diffusi in Francia, Italia, Spagna e Repubblica Ceca. Ad Aprilia, vicino Roma, nel 1990 ebbe luogo presso la discoteca “Doing” il “The Rose Rave”, un evento con migliaia di giovanissimi che costò la chiusura del locale. L’esperimento si replicò a settembre nel Mugello con 4mila partecipanti, che si concluse nel sangue poiché un diciannovenne fu accoltellato durante una rissa. Da allora i “rave party” hanno assunto il profilo di “feste spontanee” con elementi sovversivi e per questo spesso proibiti e dispersi con l’impiego delle forze dell’ordine. Fino alla stagione dei lockdown.
Ad agosto 2021 nell’area di Viterbo, più precisamente nei pressi del lago di Mezzano ai confini tra Lazio e Toscana, si è svolto “un raduno non autorizzato” monitorato dal Ministero dell’Interno. In quella occasione il ministro Luciana Lamorgese fu chiamata in aula a Montecitorio a spiegare i fatti e sostenne che si era deciso di “non caricare i giovani” per evitare il peggio. Il ministro - a suo discapito - spiegò che così si era agito anche nel 2018, quando si erano svolti una cinquantina di raduni nei pressi della centrale dismessa di Montalto di Castro.
Il centrodestra chiese le dimissioni del ministro Lamorgese e serie “misure anti-rave” con la leader di Fdi Giorgia Meloni che parlò di “precedente inquietante” con cui si erano tentate di legittimare “manifestazioni fuori controllo”. Si diffusero voci sul fatto che “la ministra Lamorgese”, quotata dal governo Pd-5 stelle, avesse un passato “gruppettaro” e che interpretasse il ruolo in modo “fricchettone”, cioè con tolleranza piuttosto che con repressione per smarcarsi dalle destre e che per questo godesse della protezione dei governi di sinistra.

Inutili gli assalti del duo Matteo Salvini-Giorgia Meloni contro le politiche immigratorie della Lamorgese, perché prevalse la linea morbida. Fino al 2 giugno scorso quando, giorno canonico della Festa “patriottica” della Repubblica, si è sviluppato “il raduno del triangolo veronese” partecipato da migliaia di ragazzini immigrati di varie generazioni, scaduto nella maxi rissa con atti furiosi di vandalismo. Possibile non sapessero nulla le forze dell’ordine? O non si è voluto intervenire, visto che la nostra Repubblica è per metà patriottica e per metà antagonista? Non è bastato. Perché alla rissa si sono aggiunti anche episodi di molestie ai danni di ragazze minorenni di ritorno dal Parco giochi Gardaland, salite sul treno affollato dai ragazzini di colore, le quali sarebbero state palpeggiate, infastidite con epiteti e spaventate terribilmente. Il padre di una delle giovani ha testimoniato che quando è andato a prendere la figlia alla stazione di Milano l’ha trovata tremante e sconvolta e ha raccontato che i molestatori gridavano slogan del tipo “siamo venuti a riprenderci l’Africa”.

Il leghista Matteo Salvini le ha definite “baby gang straniere” per le quali occorre abbassare l’età imputabile, mentre il governatore del Veneto Luca Zaia ha parlato di “repressione necessaria” di episodi di razzismo al contrario. Dall’altra parte, la deputata Pd Laura Boldrini ha chiesto indagini che portino a galla i nomi dei molestatori del branco contro le minorenni di Gardaland.
Che vi pare? A me sembra un inesistente ordine pubblico confuso con strane tolleranze sui giovani, sugli immigrati e sulle modalità alternative di socializzazione. Il tutto condito in salsa femminista con l’immancabile aggressione, la paura e le denunce. Propaganda, insomma, nulla di valido per la sicurezza e la non violenza.

Aggiornato il 07 giugno 2022 alle ore 13:01