Crisi del lavoro a causa dei sindacati

Il mondo del lavoro italiano sta attraversando uno dei periodici più critici degli ultimi venti anni. Assunzioni nel settore pubblico andate deserte nonostante l’alta percentuale di disoccupazione e di lavori precari: per l’Istat l’8 per cento e circa il 24,5 tra i giovani di età inferiore ai 24 anni. Elevato il numero di eliminati alla prova scritta nel concorso per Magistrati per scarsità in diritto e lingua italiana. Per molti giovani il lavoro stabile non è più un obiettivo, cercano attività che lasci loro libero il sabato e la domenica. E non è un caso il calo degli iscritti alle università nel periodo 2021-22. Tra le tante cause analizzate vi è anche la “trappola” derivante dal reddito di cittadinanza il cui obiettivo iniziale era quello di contrastare la povertà e che strada facendo è diventato un incentivo a non lavorare.

Oggi gli occupati totali a marzo 2022 erano 23.040.000, i senza lavoro certificati dall’Inps sono 2.074.000 mentre i cosiddetti “inattivi” (gli italiani tra i 15 e i 64 anni che non cercano lavoro) sono arrivati a quasi 13 milioni. Quello che appare grave è il fatto che sono introvabili non solo i profili iper-specializzati e di competenze digitali ma anche camerieri, cuochi, barman, camionisti, elettricisti, falegnami. Gli analisti, il governo, i sindacati si stanno interrogando sul fenomeno dei concorsi flop, sui bandi che non decollano (scoperti circa 80mila posti), sulla pandemia che ha cambiato le priorità.

Un momento di riflessione verrà fatta al Forum Pa di metà giugno quando si tireranno le somme sull’attuazione degli investimenti e delle riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’allarme lanciato da più parti evidenzia che sono finiti nelle sabbie mobili concorsi anche ispettori del lavoro e esperti da inserire negli enti locali. Cattive notizie dal Pnrr. Secondo il calendario degli impegni con Bruxelles restano da effettuare 45 provvedimenti governativi per ottenere entro il 30 giugno la quarta rata di 18, 4 miliardi di euro. Per raggiungere gli obiettivi del Recovery l’Italia deve raggiungere 100 obiettivi entro la fine del 2022 tra cui il piano scuola e i sei progetti di Caput Mundi, l’accordo per le celebrazioni del Giubileo del 2025.

Il problema di fondo è come affrontare i profondi cambiamenti della società tradizionale italiana, nella quale il lavoro fisso era collegato all’obiettivo della costruzione della propria famiglia. Ora, secondo il professore Romano Prodi, le scelte sono altre. Non si pensa al futuro ma all’oggi e la pensione è considerata trascurabile o inesistente. In questo quadro s’inserisce la profonda crisi di identità dei Sindacati confederati. La controprova è arrivata dal Congresso della Cisl che ha rinnovato per altri 4 anni la leadership di Luigi Sbarra.

All’appuntamento c’era una sfilata di politici: da Mario Draghi a Giuseppe Conte, Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani. Non c’erano i segretari degli altri due sindacati confederali: niente Maurizio Landini della Cgil, niente Pierpaolo Bombardieri della Uil. Il congresso della Cisl non ha ricucito lo strappo che si era verificato con lo sciopero del 16 dicembre voluto dalla Cgil e dalla Uil e al quale non partecipò la Cisl. L’unità sindacale in frantumi dopo anni di cammino in comune e proprio mentre Sbarra richiamava tutti alla realtà “siamo di nuovo in una economia d’emergenza. Da qui a dicembre il carovita graverà sulle famiglie e sui bilanci per 70-100 miliardi a seconda dei costi energetici”. Un nuovo patto sociale è molto lontano. Bocciato da Cgil, Cisl e Confindustria. Un’occasione mancata.

Aggiornato il 30 maggio 2022 alle ore 11:52