Assemblea a “Repubblica” per 54 giornalisti fuori

Una settimana con tre giorni di alta tensione nella redazione di Repubblica. In discussione l’uscita dal giornale, fondato da Eugenio Scalfari, di 54 giornalisti, di cui 35 entro la fine dell’anno e gli altri nel giro di un anno. Un duro colpo agli organici, appena mitigato da 27 assunzioni, attingendo nelle liste dei precari. In pratica, un’assunzione ogni due uscite senza prepensionamento. Per gli altri è prevista una liquidazione e cassa integrazione. Per la prima volta nel giornalismo sono previsti quattro ingressi non giornalisti e cioè tecnici scelti dal direttore Maurizio Molinari tra tecnici dei sistemi editoriali come Digital data analyst. C’è allarme nel mondo dell’editoria per il continuo calo dei livelli occupazionali e per l’eccessivo uso degli ammortizzatori sociali che gravano sul bilancio dell’Istituto di previdenza. Per un giornale come Repubblica in difficoltà dopo il cambio di gestione si tratta di una perdita irreparabile di professionalità cresciute nel corso del tempo per fare un quotidiano di qualità e di inchieste.

Ci sono molti drammi personali in questa scelta che il nuovo Comitato di redazione ha accettato dopo che il precedente si era dimesso proprio per i contrasti nati sulle proposte dell’editore. Un inizio di settimana angoscioso perché la redazione è chiamata a votare definitivamente l’accordo considerato dal Gruppo Gedi ultimativo per fronteggiare un bilancio in continua perdita di lettori, di ricavi pubblicitari e quindi di copie. Si respira un clima di profonda sofferenza, in un quadro d’incertezza per l’intera industriale dell’informazione e della comunicazione. Dopo tanti errori compiuti i vertici della Federazione della stampa, guidata da una maggioranza bulgara da alcuni decenni con a capo Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, hanno deciso di portare davanti l’opinione pubblica lo stato di profonda crisi in cui versa l’editoria. In conseguenza di ciò è stato deciso che il massimo organo del sindacato e cioè il Consiglio nazionale tenga una riunione straordinaria in piazza Montecitorio. Era stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel luglio scorso ha richiamare l’attenzione delle istituzioni sul pesante clima che coinvolge i giornalisti, spesso aggrediti e minacciati.

Sono 900 gli attacchi violenti contro i reporter in Europa nel 2020 ha osservato, una settima fa, la Commissione europea. E la vicepresidente Vera Jourova ha precisato che dal 1992 ad oggi sono stati uccisi 23 giornalisti nella Ue e la maggioranza degli omicidi si è verificata negli ultimi sei anni. C’è stata una recrudescenza di lesioni, insulti, molestie on line, furti di documenti, danneggiamenti alle auto, tentativi di penetrare nei computer per carpire dati e notizie sulle inchieste in preparazione. Bruxelles ha chiesto agli Stati membri di garantire con più decisione la sicurezza degli operatori dell’informazione soprattutto in occasione delle manifestazioni di protesta, il luogo più frequente in cui i giornalisti vengono aggrediti. La Ue mette a disposizione 75 milioni di euro al fine di assicurare la sicurezza ai media e in particolare al settore femminile che risulta il più vulnerabile. La vicenda Repubblica e quella dei conti dell’Inpgi ( l’istituto ha chiuso l’ultimo bilancio con 242 milioni di disavanzo) debbono offrire al governo una profonda riflessione sui provvedimenti da adottare per fronteggiare una situazione diventata insostenibile. Il settore dell’editoria è provato da una crisi industriale senza precedenti.

Aggiornato il 27 settembre 2021 alle ore 10:52