Ripensare adesso la storia del patto Stato-mafia

La ricorrenza della morte di Giovanni Falcone, strombazzata mediante la sincronizzata azione di Tv, stampa, rete con lo stesso copione omologato e non contestabile, dovrebbe essere l’occasione per ripensare l’intera narrazione del cosiddetto patto Stato-Mafia. Tutto quanto ci viene propinato da decenni ha il fetore della carta asciugata male.

É opportuno un riesame al più presto delle logiche a sostegno dell’ipotesi preparata dal sinedrio ufficiale. Secondo questa impostazione ingessata, le mafie (attualmente 8 operanti in Italia) hanno tenuto in ostaggio la ex-Italia. Una versione consolante, comoda e che chiude la bocca ai malpensanti. Ma quanta verità contiene la “versione ufficiale”? Tutte le trasmissioni tv, web, cartacea ripropongono – nei momenti rituali previsti dal protocollo ufficiale – un copione sperimentato e debitamente pastorizzato, con momenti commoventi e lacrimevoli di parenti intervistati, attimi da gettare in pasto al popolo bue… creare, insomma, un polverone per poi rientrare in un oblio sonnolento.

Bisogna ripartire dalla interessante espressione di un ben noto politico pugliese dem di lungo corso “menti sottilissime hanno pianificato tutto”. Sarebbe ora che si percorresse il procedimento inverso: chi ha voluto che l’intero “racconto” facesse apparire la mafia più forte dello Stato? Chi insiste nel sostenere che interi pezzi dello Stato sono passati nelle mani delle otto mafie? Quale ruolo e quali vantaggi ha avuto l’apparato giudiziario nazionale nel mantenimento di questa versione Ad usum Delphini?

Un apparato giudiziario trasformato sempre più in una ferrea struttura persecutoria abbracciante metodi da Santa Inquisizione e rinsaldate dalla invenzione, unica in Europa e nel mondo, del pentitismo. Capibastone eccellenti delle legioni mafiose considerati fonti attendibili a dispetto del curriculum terrificante di ciascuno dei cosiddetti pentiti. L’uso indiscriminato dei pentiti nei processi ha prodotto danni la cui entità e pervasività dovrà essere oggetto di studio approfondito nei prossimi anni. Per motivi ancora non chiariti e abilmente nascosti da un chiacchiericcio ufficiale, nessuno ha dato spiegazioni plausibili sui motivi che hanno indotto il precedente ministro della Giustizia a liberare capimafia detenuti in strutture di massima sicurezza. Perché sono stati rimessi in libertà. Quali “ordini” dovranno eseguire come contropartita? Un moto di inquietudine è naturale se pensiamo al tipo di coinvolgimento cruento di queste organizzazioni nella passata stagione delle bombe.

Infine, perché esistono otto mafie e non una centrale operativa? Divide et impera? Penso, più probabilmente, ad un loro utilizzo intensivo per riciclare immense somme di danaro da sempre destinate alle milizie private mercenarie usate per compiere il lavoro sporco di massacri alle popolazioni civili, un compito ignobile che gli eserciti ufficiali non vogliono eseguire. Ovviamente, la copertura ufficiale (credibile) di questi immensi riciclaggi è lo spaccio di droga, di organi umani, di bambini, di armi.

Nessuna formazione politica si è ancora presa la briga di cercare spiegazioni. Nessun periodico di Governo e di opposizione ha ancora trattato bene e con chiarezza la questione. Perché un silenzio così compatto e totale? Si dovrebbe iniziare ad indagare sull’azione di alcuni apparati dello Stato e di coloro che lo hanno controllato ed eterodiretto dal dopoguerra ad oggi. Rimangono molti interrogativi senza risposta sul perché – ad esempio – in uno degli attentati in Sicilia, gli esplosivi utilizzati erano di fabbricazione israeliana. Sarebbe necessario comprendere perché il nostro Paese è il terreno di conquista di otto mafie, forse perché tali strutture criminali sono un efficace e stringente strumento di controllo, sovra-gestione e sottomissione di un Paese eternamente inserito in una difficile posizione geopolitica. Perché? La vera sfida sarebbe quella di iniziare un’indagine a carte scoperte e invertite.

Aggiornato il 26 maggio 2021 alle ore 17:44