Inail conferma il Covid-19 come infortunio

I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus Rna, a filamento positivo, conosciuti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a patologie più gravi, che possono portare il malato al decesso. Il Coronavirus, esattamente denominato Sars-Cov-2, è un nuovo ceppo che non era stato mai precedentemente identificato nell’uomo, prima di essere segnalato in Cina, nel dicembre 2019. Il Sars-Cov-2 ha causato una epidemia, talmente estesa ed esiziale rispetto ad altre nella storia recente dell’umanità, da configurarsi come una vera e propria pandemia. Il Sars-Cov-2, essendo un virus respiratorio, si diffonde principalmente attraverso il contatto stretto con una persona malata, tramite il particolato emesso dalle persone infette, quindi è sufficiente parlare con una persona positiva, a distanza ravvicinata, oppure rimanere contagiati da un colpo di tosse o di uno starnuto. Altra modalità di diffusione è il contatto diretto personale con le mani contaminate, toccando la bocca, il naso o gli occhi.

I principali metodi di contenimento sono l’adozione di mezzi per impedire la diffusione del virus per via aerea, nonché l’accurata disinfezione delle mani. Per garantire un’adeguata protezione dal contagio, è necessario utilizzare dispositivi di protezione individuale, le mascherine, soprattutto di tipo Ffp2, che hanno un’efficacia filtrante del 92 per cento. Altro provvedimento, che tutte le Amministrazioni debbono assumere, è la valutazione del rischio biologico per la trasmissione dell’infezione Covid-19 redigendo il “Documento di valutazione dei rischi” (Dvr) ex articoli 28 e 29 del decreto legislativo numero 81/2008 (e successive modificazioni e integrazioni).

Il Dvr contempla la compilazione di schede per la valutazione dei rischi e per individuare le azioni migliorative, la programmazione degli interventi, l’individuazione dei responsabili dell’attuazione delle misure. Il Dvr, sia degli ospedali ma anche delle altre aziende, deve essere integrato ed aggiornato ai sensi dell’articolo 28 e titolo X del decreto legislativo 81/2008 (e successive integrazioni e modificazioni). Il datore di lavoro deve, quindi, procedere nel rispetto degli articoli 271, 272, 273, 274 del decreto legislativo numero 81/2008 (e successive modificazioni e integrazioni), adottando le necessarie azioni ai sensi degli articoli 279, 280, 281 del decreto legislativo numero 81 del 2008 (e successive integrazioni e modificazioni). Nel contempo, deve garantire le misure e i livelli di contenimento, ai sensi dell’allegato XLVII del decreto legislativo numero 81 del 2008 (e successive integrazioni e modificazioni). Pertanto, senza inventare nulla di nuovo, è sufficiente applicare la normativa esistente, senza la necessità di emanare provvedimenti ulteriori, in questa materia già normata dalle vigenti disposizioni.

La circolare del ministero della Salute del 29 aprile 2020, Direzione generale della Prevenzione sanitaria recita: “… omissis… È fondamentale quindi che le diverse tipologie di misure di contenimento del rischio siano il più possibile contestualizzate alle differenti tipologie di attività produttive ed alle singole realtà aziendali in cui si opera; in tale contesto, la collaborazione attiva e integrata del medico competente, con il datore di lavoro e con le Rls/Rlst, contribuirà al miglioramento continuo dell’efficacia delle misure stesse… Un particolare coinvolgimento del medico competente deve essere previsto nell’attività di collaborazione all’informazione/formazione dei lavoratori sul rischio di contagio da Sars-Cov-2 e sulle precauzioni messe in atto dall’azienda, nonché tenendo aggiornato nel tempo il datore di lavoro, ad esempio, in riferimento a strumenti informativi e comunicativi predisposti dalle principali fonti istituzionali di riferimento, anche al fine di evitare il rischio di fake news… omissis… L’atto finale della valutazione del rischio è il Dvr (Documento di valutazione del rischio), obbligo in capo al datore di lavoro. Sarà necessario adottare una serie di azioni che andranno ad integrare il 7 Dvr, atte a prevenire il rischio di infezione da Sars-Cov-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia. Relativamente alle misure organizzative e logistiche da mettere in atto, è auspicabile il coinvolgimento del medico competente fin dalle fasi di individuazione delle stesse, anche in riferimento ad aspetti correlati ad eventuali fragilità; qualora ciò non fosse possibile, il datore di lavoro fornisce al medico competente informazioni in merito a quanto già pianificato, anche al fine di agevolare, ad esempio, l’individuazione, in corso di sorveglianza sanitaria, di eventuali prescrizioni/limitazioni da poter efficacemente introdurre nel giudizio di idoneità… omissis…”.

Molto importante, per quanto attiene l’infortunio sul lavoro determinato per i dipendenti che contraggono il Covid-19, è il chiarimento dell’Inail-Direzione centrale Rapporto assicurativo indirizzato all’Inail-Direzione regionale Liguria del primo marzo 2021 avente per oggetto “tutela assicurativa Inail e rifiuto di sottoporsi a vaccino anti Covid-19 da parte del personale infermieristico”. La nota dell’Inail risponde a due quesiti, come si legge testualmente nella stessa: “Nel quesito si chiede all’Inail se e quali provvedimenti debbano essere adottati riguardo al personale infermieristico che non abbia aderito al piano vaccinale anti-Covid-19, considerato che, pur in assenza di una specifica norma di legge che stabilisca l’obbligatorietà della vaccinazione, la mancata adesione al piano vaccinale nazionale potrebbe comportare da un lato la responsabilità del datore di lavoro in materia di protezione dell’ambiente di lavoro (sia per quanto riguarda i lavoratori, che i pazienti) e dall’altro potrebbe esporre lo stesso personale infermieristico a richieste di risarcimento per danni civili, oltre che a responsabilità per violazione del codice deontologico. Nel quesito si chiede in particolare se la malattia infortunio sia ammissibile o meno alla tutela Inail, nel caso in cui il personale infermieristico (ma non solo), che non abbia aderito alla profilassi vaccinale, contragga il virus”.

La risposta della Direzione centrale chiarisce questi punti e precisa che: “In proposito il quesito concerne il ruolo da attribuire alla volontà del personale infermieristico di non sottoporsi alla profilassi vaccinale con riguardo all’operatività della tutela in caso di avvenuto contagio in occasione di lavoro. Sotto il profilo assicurativo, per giurisprudenza consolidata, il comportamento colposo del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé l’esclusione dell’operatività della tutela prevista dall’assicurazione gestita dall’Inail. Il comportamento colposo del lavoratore può, invece, ridurre oppure escludere la responsabilità del datore di lavoro, facendo venir meno il diritto dell’infortunato al risarcimento del danno nei suoi confronti, così come il diritto dell’Inail ad esercitare il regresso nei confronti sempre del datore di lavoro, ma non comporta l’esclusione della tutela assicurativa apprestata dall’Istituto in caso di infortunio… omissis… Non appare nemmeno ipotizzabile, nel caso del rifiuto di vaccinarsi, l’applicazione del concetto di “rischio elettivo”, elaborato dalla giurisprudenza per delimitare sul piano oggettivo l’occasione di lavoro e, dunque, il concetto di rischio assicurato o di attività protetta… omissis… Per quanto sopra, il rifiuto di vaccinarsi non può configurarsi come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all’occasione di lavoro, nella cui nozione rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti l’ambiente, le macchine, le persone, compreso il comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione”.

E ancora: “D’altra parte, non si rileva allo stato dell’attuale legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore; infatti il decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81 all’articolo 279 riguardante Prevenzione e controllo, stabilisce che “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari (…)” tra cui “a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”, ma non prevede l’obbligo del lavoratore di vaccinarsi. In materia di trattamenti sanitari opera, tra l’altro, la riserva assoluta di legge di cui all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Per quanto sopra, il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato”.

Quindi, nonostante le diverse prese di posizioni politiche e di esperti di diritto, la legislazione vigente tutela il dipendente che non si vaccina dal punto di vista assicurativo Inail.

Aggiornato il 26 marzo 2021 alle ore 11:27