Ambrogio Crespi è il nuovo Enzo Tortora

Da imputato credi nella giustizia? In Italia ormai è quasi matematico che sarai giustiziato. Da martedì 9 marzo 2021 l’Italia a trazione grillina consegnata al verbo di Marco Travaglio, Piercamillo Davigo, e a quello della tv di Urbano Cairo, ha il suo nuovo Enzo Tortora: si chiama Ambrogio Crespi. È un regista di rinomati docu-film, specializzato nel descrivere la realtà, in una visione non banale, dei fenomeni della criminalità in Italia. E tra i paladini – insieme al Partito Radicale e a “Nessuno tocchi Caino” – di una visione rieducativa del carcere. Quella visione negata nel Paese dell’uno vale uno, che invece predilige la vendetta sociale e social.

Tra pochi giorni Crespi si costituirà in carcere per scontare una condanna che lui – e non solo lui – vivrà come un’ingiustizia. Potrà consolarsi con le statistiche che ormai ci dipingono come il Paese che compie un paio di migliaia di clamorosi errori giudiziari l’anno, o come il Paese che più è costretto a pagare risarcimenti per ingiuste detenzioni come è stata la sua in passato e come lo sarà nel prossimo futuro. O come il Paese la cui giustizia penale è pari-pari quella descritta da Luca Palamara nel suo libro a quattro mani con il direttore de “Il Giornale”, Alessandro Sallusti.

Ovviamente la campagna a favore della innocenza di un italiano che viene condannato sulla parola di un pentito squilibrato che parla in macchina con un suo sodale, millantando una conoscenza che non aveva, continuerà. Ma il vulnus aperto dal veleno inoculato in Italia da 30 anni di giustizialismo e di ipocrita lotta contro la casta politica – giammai contro quella in toga – rimane sotto gli occhi di tutti. Il nostro è un Paese ingiusto, massacrato dalla cattiva informazione e dalla propaganda politica ormai a livello di quella dei pescivendoli al mercato. E questo viene ancor prima delle trame delle varie correnti del partito delle procure.

Quell’uno vale uno, quel “lo dice lei” ormai è il paradigma dell’informazione. La scorciatoia scandalistica funziona nel tenere a galla quotidiani che assomigliano a quello diretto durante il Ventennio da Telesio Interlandi. Per sanare questo Paese da 30 anni di questo andazzo disgustoso e vergognoso ci vorranno anni, se non decenni. Noi attualmente viventi questa “purificazione”, probabilmente, non la vedremo. Speriamo vada meglio ai nostri figli o ai nostri nipoti.

Gli Stati autoritari – chiedere informazioni ai turchi dell’era di Recep Tayyip Erdogan o ai cinesi dell’epoca di Xi Jinping – iniziano sempre con queste estremizzazioni demagogiche delle varie “lotte a… ”. Corruzione, evasione fiscale, mafia o persino un virus. Ogni argomento è buono per limitare la libertà del singolo. E anche ogni pretesto. Quando la legge non si applica ma si interpreta e diventa strumento di lotta politica… il fascismo – o il comunismo dei gulag – è dietro l’angolo. Adesso ce ne accorgiamo.

Aggiornato il 11 marzo 2021 alle ore 09:16