La pandemia sanitaria ha mutato gli scenari alimentari dei cittadini e dei consumatori italiani. Nel contesto europeo e nel Mediterraneo, gli italiani sono i maggiori consumatori di pasta, con 23 chili l’anno pro-capite, e anche i principali produttori europei, ma per soddisfare la produzione siamo costretti ad importare grano dall’estero e negli ultimi mesi è stata registrata anche la crescita dei consumi della pasta di qualità. L’attuale fase di emergenza sanitaria ha riposizionato il carrello e le abitudini alimentari dei consumatori su prodotti di maggiore qualità. La pasta è tornata ad essere centrale nelle abitudini alimentari delle famiglie, così come anche il riso è tra i cereali più importanti a livello di grande distribuzione. Anche on-line, e nelle attività di e-commerce, le piattaforme digitali hanno premiato le produzioni di pasta con farine autoctone e biologiche.
In tutto il Mediterraneo va diffondendosi una tendenza dei consumi verso aspetti salutistici, rafforzando i grandi valori rappresentati dalla dieta mediterranea con una crescita del consumo di cereali come, per esempio, orzo o avena. La pasta e il pane diventano priorità degli italiani e le statistiche nazionali indirizzano verso tale direzione. Nel paniere 2021 dell’Istat è entrata anche la macchina impastatrice. Le recenti analisi sui consumi degli italiani elaborate dall’Istituto di statistica, che ha rivisto l’elenco dei prodotti che compongono il paniere di riferimento per le famiglie italiane, ha evidenziato la crescita degli acquisti delle macchine per impastare. Una crescita che riflette la volontà degli italiani nel voler produrre pane e pasta nelle proprie abitazioni. Tutto questo, come è facile immaginare, si riflette anche sull’elenco dei prodotti e degli strumenti che sono divenuti una priorità nel 2021, tra cui le macchine impastatrici, le farine biologiche e i cereali di qualità che diventano un simbolo del primo lockdown, quando gli italiani si scoprirono un popolo di panificatori, pizzaioli e consumatori casalinghi di pasta e pane.
Con l’emergenza sanitaria, in Italia più di una famiglia su quattro (26 per cento) si è cimentata nella preparazione della pasta fatta in casa. Fenomeno causato dal maggior tempo passato tra le mura domestiche, con lockdown e smart working. Le statistiche legate ai consumi hanno visto una crescita boom degli acquisti di farina (+59 per cento) e delle uova (+22 per cento), proprio per effetto della tendenza degli italiani a divertirsi preparando pasta fatta in casa. A tal riguardo, la valorizzazione delle eccellenze del Mediterraneo torna sempre più ad essere una priorità per le scelte economiche del nostro futuro. Quella dell’alimentazione è una sfida importantissima e il recupero delle tradizioni e dei prodotti storici del nostro bacino è un’opportunità da studiare e approfondire. Il “grano autoctono” può essere indicato come il vero attore della dieta mediterranea, quello che deve fornire almeno la metà delle calorie da assumere giornalmente per coprire il nostro fabbisogno energetico.
Il grano, ieri come oggi, è al centro di importanti decisioni geopolitiche mondiali, che interessano i maggiori consumatori di pasta al mondo, ossia l’area mediterranea. Inoltre, il grano è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici e i giochi politici gravitano attorno al grano e chi lo controlla ha un ruolo strategico. L’obiettivo cardine del progetto, chiamato “Le strade dei grani autoctoni del Mediterraneo-InGraMed”, sul quale stanno lavorando Gi&Me Association, presieduta dall’ingegnere Franz Martinelli, assieme ad altri autorevoli partner, è quello di promuovere i cereali autoctoni delle sponde Nord e Sud del Mediterraneo, implementando soluzioni innovative e strumenti tecnologici per ottenere la tracciabilità del prodotto in diverse aree geografiche e in diversi contesti socioeconomici. Una visione progettuale (proprio in un momento in cui ci giunge dalla Tunisia un grido di dolore sull’uso dei fertilizzanti chimici che abbattono il valore nutrizionale dei grani) che vuole garantire la qualità del prodotto attraverso l’innovazione, confermando l’autenticità dei prodotti, prevenendo le frodi agroalimentari, innescando nuova fiducia nei confronti dei consumatori e invitando ad un’alimentazione sana, protetta e sicura, con prodotti derivanti da un circuito economico di vicinato controllato che, tra l’altro, potrà favorire sensibilmente l’occupazione giovanile nei territori di appartenenza. E, allo stesso tempo, invoglia a sperimentare la buona cucina anche nelle proprie abitazioni.
Aggiornato il 08 febbraio 2021 alle ore 12:05