La sperimentazione del vaccino italiano contro il Covid-19 è partita qualche giorno fa. Come sta andando? Sviluppato e inoculato dai ricercatori dell’INMI Spallanzani di Roma, ma ideato da una società con sede a Castel Romano, la ReiThera Srl, costituita da un gruppo di ricercatori italiani che nel 2014 avevano pensato di utilizzare l’adenovirus dello scimpanzè come “navicella” su cui innestare il materiale genetico per realizzare i vaccini contro malattie infettive come Ebola, Epatite C, Malaria, virus respiratorio sinciziale.

Parliamo di questo straordinario evento con il Direttore Generale dell’Istituto Lazzaro Spallanzani, la Dottoressa Marta Branca e poniamo a seguire alcune domande ad uno dei due coordinatori clinici del progetto del vaccino GRAd-COV2, che utilizza la tecnologia del “vettore adenovirale non replicativo”, cioè incapace di produrre infezione nell’uomo, detto anche del “cavallo di Troia”, il Dott. Andrea Antinori, Direttore UOC Immunodeficienze Virali dell’Istituto Spallanzani.

Dott.ssa Branca, un’altra grande prova per l’Istituto Spallanzani, le donne sono sempre grandi protagoniste da voi, il primo volontario ad essere inoculato è stata una manager di 50 anni; ricordiamo che ad isolare il virus pochi mesi fa è stato un gruppo di vostri ricercatori donne. Ma tutto il vostro staff conta delle eccellenze e un’operatività che è un fiore all’occhiello per il Paese.

Mai come in questo momento mi sento orgogliosa di essere alla guida di questo Istituto. Qui si è dimostrata una grande professionalità e competenza non soltanto nella fase dell’emergenza, ricordiamo il primo episodio dei due turisti cinesi, della fase acuta del virus, dell’assistenza ai pazienti che necessitavano di cure intensive. Tutto ciò non è stato solo motivo di fierezza perchè gestito bene, ma questa competenza nell’assistenza va estesa alla ricerca che fa la differenza perchè da noi non si ferma mai, così come la collaborazione con altri Enti pubblici e privati, come con altre società che nel frattempo stavano testando sugli animali il vaccino. Ecco perchè siamo arrivati a questo punto, a programmare la sperimentazione con questa società, anche grazie al finanziamento della Regione Lazio e al supporto del Ministero della Ricerca con il CNR che hanno dato una grossa mano. Ciò è possibile perchè i professionisti del settore, i ricercatori, i medici sono sempre sul pezzo, non si fermano mai. Mentre gestiscono l’emergenza lavorano alla ricerca. Questo è frutto di un grande lavoro unito ad un grande studio che questi professionisti fanno sempre, instancabilmente, la formazione è continua ogni anno e questo rende possibile agire nei momenti dell’emergenza.

Questo vaccino riconoscuto dall’OMS la cui procedura è stata pure garantita dall’AIFA secondo le norme internazionali è stato registrato. Con le dovute cautele si è arrivati alla prima inoculazione.

Adesso tutta l’attenzione è rivolta alla sicurezza e al non bruciare le tappe”.

Dott.ssa Branca, servono 24 settimane per completare la fase I. È la procedura corretta e scrupolosa per garantire la sicurezza. Ridurre i tempi della sperimentazione sarebbe dannoso o inefficace?

Sarebbe sia dannoso che inefficace. Sarebbe dannoso per le persone che partecipano a questa sperimentazione poiché credono fermamente nella scienza e nella ricerca italiana, sarebbe come tradire la loro fiducia se sottovalutassimo queste fasi. Sarebbe inefficace perchè le tappe di queste sperimentazioni sono state studiate da organismi nazionali ed internazionali che hanno previsto questi tempi tecnici. Piuttosto si sta cercando di collaborare con altri centri per ravvicinare le fasi, ma non più di questo. Maggiore è il numero di volontari e minore è il rischio che accada qualcosa. Coinvolgere altri centri serve a questo, per avere un numero più ampio di persone da osservare.

Se tutto andasse per il meglio, quando si potrebbe avere il vaccino in commercio per tutti?

La sperimentazione potrebbe terminare per la fine di quest’anno o il primo mese del 2021 per dire che il vaccino è efficace. Così si potrebbe organizzare la produzione già subito dopo per darlo intanto a chi ne ha più necessità, le persone anziane, gli immunodepressi, gli ammalati di tumore, i pazienti maggiormente a rischio. Questo è un vaccino finora sperimentato sull’animale, ma è diverso fare le prove sull’uomo, bisogna fare piccoli passi per capire con le analisi e l’osservazione che cosa accade alle persone. Questi volontari sono stati scelti fra le persone più sane, senza alcuna patologia o allergia anche in passato. Altrimenti esclusi dallo studio. Abbiamo ricevuto migliaia di richieste per partecipare a questo studio, ciò significa che i nostri connazionali credono nella scienza e stimano lo Spallanzani, questo ci ha onorato. Ma avevamo necessità di un numero piccolo per la prima fase, per motivi scientifici che si possono leggere per chi ne avesse voglia, nello studio che è stato pubblicato. La nostra ambizione non è quella di essere i primi al mondo a fare il vaccino, ma quella di essere di supporto alla comunità scientifica con i nostri dati, per sviluppare qualcosa che fosse un aiuto concreto. Facciamo passi piccoli ma continui, non ci fermiamo mai.

Dott. Antinori, ci dica del vaccino GRAd-COV2 e ci spieghi cosa succede nella Fase I.

La sperimentazione attualmente è di Fase I, si svolge in 24 settimane, in cui viene testata la sicurezza sull’uomo soprattutto, come in tutte le fasi I. Tenga presente che il prodotto che andiamo a sperimentare in questo primo stadio, che sia un vaccino o un farmaco, non è mai stato somministrato prima su un essere umano ma solo su animali da esperimento. Pur essendovi effetti in parte conosciuti e in parte prevedibili per analoghi prodotti già usati sull’uomo formalmente la prima occasione in cui un vaccino di questo tipo viene testato sull’uomo è adesso. Quindi l’obiettivo di questa fase è valutare la sicurezza del farmaco. Poi oltre alla sicurezza si fa una valutazione iniziale, ma è un obiettivo secondario dello studio, della immunogenicità, cioè della capacità del farmaco di stimolare la risposta immunitaria sia di tipo umorale, cioè anticorpi neutralizzanti, sia di tipo cellulare, cioè una risposta specifica da parte di linfociti contro gli antigeni virali. Però questa è una valutazione iniziale, perchè più tipica della fase II.

Quali sono gli eventi avversi che si cerca di scongiurare nella Fase I?

La Fase I serve più per osservare gli eventi avversi, alterazioni di laboratorio, gli effetti collaterali, reazioni di intolleranza, e per valutare se il profilo del vaccino è tale da poter essere utilizzato nell’uomo e sviluppato nelle fasi successive. Non stiamo in questa fase quindi valutando l’efficacia, è troppo presto, non sarebbe idoneo il disegno, ci vorrebbe il disegno randomizzato, stiamo valutando. Quindi un evento avverso è un episodio clinico o di laboratorio, qualcosa di clinicamente evidente o anche semplicemente evidenziato da esami di laboratorio, che insorge laddove prima non si aveva nulla e che è correlato alla somministrazione del vaccino. I più comuni che si sono verificati in sperimentazioni già in corso sono la febbre e un rossore o gonfiore cutaneo locale. Spiego come funziona: si prende un adenovirus del gorilla e lo si depotenzia, rendendolo inoffensivo o non infettante e si inserisce nella parte genomica una parte dei geni del Coronavirus, del SarsCov2, in maniera tale che l’altro virus animale possa consentire l’espressione di questi geni attraverso l’espressione di proteine, in particolare la proteina Spike (S) quella che evoca più spesso immunità contro il virus all’interno dell’organismo dove viene iniettato. Questo è il meccanismo. Questo prodotto può dare degli effetti collaterali, degli effetti locali, come reazioni infiammatorie perchè si fa un’iniezione sul muscolo deltoide, sul braccio in alto, vicino la spalla, in cui si inietta come succede con molti vaccini e nelle ore o giorni successivi si può trovare rossore, tumefazione di vario tipo che è abbastanza comune.

Come l’antipolio o l’antivaiolo di 50/60 anni fa, che lasciavano quella specie di timbro?

Questa un po meno, è una reazione un po più comune, di altra natura, una reazione infiammatoria nella sede in cui viene inoculato. Abbiamo un prodotto che di per se dev’essere immunogeno e la reazione infiammatoria comunque è una reazione immunitaria. Io lo inietto localmente per cui è chiaro che avrò un richiamo, si gonfia un po, ci sarà del probabile fastidio. Poi si passa a reazioni di tipo generale come la febbre, o la sensazione di avere la febbre. Questi sono dati generali non del nostro vaccino che abbiamo appena cominciato ad inoculare, ma dell’altro vaccino simile al nostro di scimpanzè, quello di Oxford che è molto simile anche se non è la stessa cosa. Lì si è visto che la sensazione della febbre è stata del 50%, febbre sopra i 38° più o meno il 18/20%, solo il 2% reazioni febbrili importanti sopra i 39°. Questo in genere dura pochi giorni poi sparisce. Si controlla bene con semplice paracetamolo.

Ma i ricercatori di Oxford vorrebbero già in ottobre chiudere la fase III per poi mettere in produzione il vaccino, con queste premesse lei pensa che ce la faranno?

Anche il vaccino antinfluenzale che conosciamo può dare effetti collaterali di questo tipo, quindi non è che siano effetti collaterali ingestibili, sono benigni e contenuti. Il lavoro di Oxford è più avanti, il lavoro è stato pubblicato su Lancet e la sperimentazione è stata effettuata successivamente su un migliaio di persone, quindi hanno già una percezione più consistente di quella che possiamo avere noi sulla sicurezza di quel vaccino. Gli effetti più comuni lì sono stanchezza, in circa il 70/80% delle persone che lamentano astenìa, ma è irrilevante perchè si risolve in poco tempo, poi cefalea, reazioni febbrili e locali. Questi gli eventi avversi più comuni che ci attendiamo anche noi per la tipologia di vaccino, tecnologia simile ma un po diversa, perchè loro hanno iniziato da uno scimpanzè noi da un gorilla, due animali con una distanza genetica dall’uomo differente e probabilmente una diversa distribuzione di effetti collaterali. Poi ci sono gli eventi avversi imprevedibili, ma ci auguriamo di non averne. La Fase I si fa per quello, per valutare la serietà, la gravità degli eventi avversi ed è per quello che si scelgono pochi soggetti e assolutamente sani. L’efficacia invece si valuta nella Fase III. Se il prodotto è tossico, quindi non sicuro si stabilisce nella Fase I e si decide di proseguire oppure no. E’ un passaggio obbligato la cui decisione spetta ad un organismo indipendente da noi ricercatori, un organismo di sicurezza e supervisione che riceverà costantemente i dati della sperimentazione e che dovrà decidere se andare avanti, dare via libera. Questo succede in tutti i trials. C’è un gruppo di esperti che attraverso i dati valuta in modo neutrale, non essendo coinvolto a nessun titolo né economico né scientifico nella gestione dello studio, quindi può liberamente esprimersi in merito alla eticità della sperimentazione. Un po quello che ha fatto il Comitato Etico nell’autorizzare l’avvio.

90 persone sono sufficienti rispetto alle mille persone di Oxford?

Loro sono nella fase II. In questa prima fase sono più che sufficienti, perché la sicurezza è il nostro obiettivo primario. Non serve avere tanta gente per vedere se il prodotto è ben tollerato oppure è tossico. Nella fase III, quando dovremo dimostrare l’efficacia del vaccino, ci serviranno invece molti più soggetti, perché statisticamente servono numeri molto grandi per dimostrare questo effetto preventivo. Per la Fase I sono stati arruolati 90 volontari in tutto. 45 soggetti sani fra i 18 e i 55 anni e poi altri 45 soggetti sani fra i 65 e gli 85 anni, che costituiscono 6 gruppi gestiti fra noi, Verona e un altro centro coinvolto per 24 settimane. Faranno un totale di nove visite da programma a meno che non ci siano ulteriori situazioni cliniche. Devono essere persone sane, tranquille, motivate, che portano il programma fino in fondo, quindi ben selezionate.

Il virus Covid19 essendo un Coronavirus muta, siamo sicuri che questo vaccino, come quello di Oxford, siano utili?

C’è una grande banca dati internazionale che valuta tutte le modifiche genomiche dei ceppi virali che sono stati isolati dai primi fino a quelli più recenti. In realtà grandi mutazioni genetiche, come accade con il virus influenzale che deve essere fatto ogni anno, non ne sono statte registrate. I Coronavirus sono meno instabili e alcune regioni genomiche sono fortemente conservate, esprimono antigeni che sono potentemente immunogeni come la proteina spike di cui parlavamo prima, per cui siamo abbastanza confidenti che l’immunità umorale e l’immunità cellulare non è solo un problema di anticorpi neutralizzanti ma anche un problema di immunità legata ai linfociti che probabilmente in queste infezioni potrebbe essere ancora più importante di quella anticorpale, come sembra emergere da diversi studi di ricerca di base indipendenti dei modelli vaccinali. Io sarei abbastanza ottimista oggi ed è ovvio che le sperimentazioni debbano fare il loro corso, che i tempi devono essere rispettati anche se si sta cercando di azzerare i tempi morti.

Ci dia un messaggio chiaro sul vaccino italiano “oggi”, allo stato dell’arte.

Non ci possiamo aspettare quindi, in questa fase della sperimentazione che il vaccino sia efficace o meno, sia chiaro questo messaggio, l’attesa è “funziona o non funziona?” eticamente non stiamo valutando questo per ora. Adesso stiamo valutando che il nostro vaccino sia sicuro e se può essere somministrato nell’uomo. Una volta che siamo sicuri di questo passeremo a valutarne l’efficacia vera e propria. Prima quella biologica, ossia la capacità di produrre e stimolare anticorpi e poi quella clinica, cioè la capacità di prevenire l’infezione nei soggetti vaccinati.

@vanessaseffer

Aggiornato il 26 agosto 2020 alle ore 13:11