La situazione reale di produzione e consumo di energia elettrica ci introduce e ci fa meglio comprendere il tema dei piani energetici nazionali. Quindi vediamo i macro-dati di consumo e produzione in Italia, concentrandoci sull’energia elettrica, che è un indicatore fondamentale, anche perché va sempre più aumentando la sua penetrazione nei consumi energetici, in tutti gli usi finali, industria, residenziale, terziario, trasporto, anche in connessione con la potenziale produzione del vettore idrogeno. Ebbene in Italia il consumo è di circa 320 Twh/anno. Per capirci, in Lombardia è circa 60, un quinto del totale, e nel Lazio la metà, 30. La produzione endogena non copre i consumi e costringe all’import del 15 per cento dei consumi, principalmente elettricità nucleare dalla Francia, per ottenere la parità. La restante produzione è basata su fossile e biomassa per il 60 per cento, mentre le fonti rinnovabili complessivamente fanno un 25 per cento di cui circa metà l’idroelettrico e metà le “fonti di energia rinnovabile non-programmabili” (Fer-Np), essenzialmente eolico e fotovoltaico, che forniscono energia soltanto elettrica e di pessima qualità (soltanto se e quando tira vento o splende il sole.

Come vedremo più avanti, queste limitazioni stanno mettendo alla prova la rete elettrica, specie in periodi di bassi consumi come durante il lockdown a seguito della Covid-19. Il Pniec, come la precedente Strategia energetica nazionale (Sen), e come pure p.e. il Pnr Lazio, non affrontano questa situazione di dipendenza strutturale dall’estero, ed anzi richiedono un ulteriore rinforzo della rete del gas naturale con i vari nuovi metanodotti da sud e da est, ed un ulteriore potenziamento delle Fer non-programmabili, che in Italia sono ormai al limite della sostenibilità, come dimostrato nelle recenti giornate di lockdown, se molto assolate e ventose, quando si sono avvicinate da sole a coprire l’intero carico richiesto dalla rete. Questi cosiddetti piani, che piani non sono, soffrono di una ideologia che sta uccidendo il nostro Paese. Il mito delle rinnovabili, fonti deboli ed intermittenti, si traduce nell’aumento dell’import di gas naturale e di energia elettrica dall’estero, oltre al ricorso al tradizionale consumo di carbone e olio combustibile o anche di biomassa, che è sì rinnovabile ma comunque inquinante come combustibile fossile.

Le fonti carbon-free necessarie, stabili e intense per sostenere il carico di base, come avviene in Francia e Svezia, sono nucleare e idroelettrico. Di questo non si parla nei piani suddetti. Si parla invece di efficienza e risparmio energetico. L’efficienza non è una fonte, ma una buona regola dell’ingegneria e del vivere civile di una società avanzata, e permette di soddisfare il consumo richiesto con una quantità minore di fonte primaria. Questo consente di ottenere un risparmio energetico, che in Italia spesso si confonde con la privazione energetica, il famoso “m’illumino di meno”, che poi si traduce in città buie e pericolose, situazione che non avviene nelle grandi capitale Europee, ben tenute ed illuminate. Inoltre queste politiche portano per imprese e consumatori a costi molto elevati per pagare gas e elettricità forniti dall’estero, che si aggiungono agli esorbitanti sussidi ventennali concessi ai produttori di energie rinnovabili dalle leggi di dieci anni or sono, e agli altri oneri di sistema e tasse varie, che fanno della bolletta Italiana una delle più alte del mondo, e così generando una crescente fascia di popolazione in condizioni di “povertà energetica”.

Una volta c’erano i Pen, quelli erano veri piani energetici, che purtroppo non sono mai stati attuati, e questo ha contribuito a causare il nostro declino, in quanto le industrie non ce la fanno a stare sul mercato rispetto a quelle estere (vedi la Alcoa in Sardegna), e perché alla fine sono comprate a due soldi dagli investitori internazionali senza scrupoli, in particolare quelli che hanno l’energia nucleare. Il Pniec appare di fatto insostenibile sotto gli aspetti sia tecnici che economici, e soprattutto irrilevante ai fini della “carbon neutrality” al 2050. Infatti, se anche fossero conseguiti tutti gli obiettivi ivi previsti, al 2040 l’Italia dipenderebbe dalle energie fossili ancora per oltre il 50 per cento: il fatto è che la chiusura delle centrali a carbone, e l’enorme aumento previsto per le energie rinnovabili intermittenti, costringerebbero a costruire migliaia di Mwe di nuove centrali a gas e relativi metanodotti, investimenti destinati a durare ben oltre il 2050. A questo si aggiunge che, in questi tre mesi di emergenza Covid, lo scenario è ormai cambiato completamente: come già fatto notare, in questi giorni di lockdown, specie nelle domeniche molto soleggiate e ventose, nelle ore centrali della giornata le nuove Fer (Fonti Energia rinnovabili) intermittenti (eolica e solare), da sole, sono state in grado di coprire praticamente tutta la richiesta di carico.

Poiché la normativa in atto dà la precedenza a queste fonti, Terna ha dovuto ridurre il contributo delle fonti fossili, il che ha comportato anche un forte calo del contributo stabilizzante dell’inerzia rotante fornita dai turboalternatori delle centrali convenzionali, ed una diminuzione del prezzo del Mwh, che induce i loro gestori a fermarle. Proseguendo sulla strada tracciata dal Pniec, si rischierebbero disastrosi blackout, ed in particolare di non essere in grado di sostenere al tramonto del sole il rapido riavvio dei turboalternatori per soddisfare il carico serale. Le preoccupazioni di Terna sono più che giustificate: basti pensare a cosa accadrebbe oggi in Italia nel caso di un blackout come quello del settembre 2003, con il Paese che sopravvive grazie all’Ict e a Internet, in tutti i settori di attività, dagli ospedali alle scuole. Ma ormai gli stessi soci Anev (Associazione nazionale energia dal vento) protestano perché per molte ore la vendita di Mwh a prezzi nulli o quasi non li ripaga più neanche dei sempre crescenti costi di operazione e manutenzione dei loro campi eolici: è un tipico esempio di “auto-cannibalizzazione” tra Fer intermittenti! Tutto ciò significa che, agli attuali livelli della domanda di carico elettrico, in Italia le Fer elettriche intermittenti sono già al limite di sostenibilità.

In effetti, l’Italia è già oggi uno dei Paesi del mondo con la massima penetrazione del fotovoltaico, il quale, alle nostre latitudini, comporta un grave sbilancio di producibilità tra estate e inverno (d’inverno, nella Pianura Padana, la produzione fotovoltaica è praticamente nulla): senza adeguate fonti stabili e regolabili come la nucleare e la idroelettrica, sarebbe necessario disporre di enormi accumuli di energia elettrica di durata stagionale (l’eccesso di produzione solare estiva dovrebbe essere conservata per l’inverno!). Si stima che, nell’ipotesi che al 2030 in Italia si raddoppiasse l’eolico e si triplicasse il fotovoltaico come propone il Pniec, i sistemi di accumulo stagionale da realizzare per stabilizzare la rete in tutte le stagioni e in tutte le condizioni meteo dovrebbero raggiungere una capacità dell’ordine della decina di TWh! Anche la disponibilità di impianti idroelettrici di pompaggio potrebbe servire allo scopo, ma è nettamene insufficiente, né si prevede di aumentarla in misura significativa. Restano le batterie, ma ne occorrerebbero per almeno 50 milioni di tonnellate, da rinnovare dopo un certo numero di anni, con un immenso consumo di materie prime, anche “rare” e tossiche, e altrettanti rifiuti speciali da sistemare: il tutto con spese dell’ordine delle centinaia di miliardi di euro.

Una razionale alternativa sarebbe quella di valutare, sulla base del fabbisogno energetico globale (anche termico!) dell’Italia, quale quota potrebbe opportunamente essere fornita anche da un certo numero di reattori nucleari di medie dimensioni (Smr), distribuiti strategicamente sul territorio: in tal modo, si dovrebbe poter ridurre sensibilmente, rispetto alla proposta Pniec, l’enorme investimento e il degrado del territorio previsti per le fonti rinnovabili intermittenti, ed anche l’ulteriore esigenza di nuovi impianti termoelettrici a gas e relativi metanodotti. I reattori nucleari di piccole e medie dimensioni (Smr) da qualche anno sono oggetto di sviluppo in molti Paesi del mondo al fine di ottenere impianti intrinsecamente sicuri (e quindi costruibili anche presso aree abitate), fabbricabili in serie (e quindi meno costosi), e adatti a Paesi di piccole e medie dimensioni. A differenza poi delle “rinnovabili elettriche” (come l’eolica e la fotovoltaica), essi producono anche fino a due terzi della loro energia primaria sotto forma di calore, utilmente valorizzabile per il teleriscaldamento degli abitati, o per alimentare processi industriali, il tutto senza generare CO2.

A questo proposito, è importante far notare un altro aspetto che il Pniec non affronta e non risolve, anzi aggrava, e cioè il probabile e preoccupante nesso tra la polluzione atmosferica e la diffusione della Covid-19, con particolare riferimento all’Italia settentrionale. In Italia si sollevano ancora dubbi su tale connessione, forse anche per la presenza di potenti lobby delle fonti fossili e delle biomasse, specie di origine agricola. Ma dalle spietate statistiche riportate da valide pubblicazioni straniere, aggiornatissime sull’attuale disastro pandemico italiano, ma anche estese alle ormai assodate connessioni tra l’esposizione pluriennale di una popolazione ad una grave polluzione atmosferica, ed il suo cronico tasso di mortalità (anche senza Covid-19), emerge la grave “responsabilità oggettiva” che si sono assunti gli “ambientalisti antinucleari” di trent’anni fa, assecondati da politici demagoghi, incompetenti ed irresponsabili, che hanno posto a referendum la scelta nucleare dopo Chernobyl (e poi di nuovo dopo Fukushima). Ricordiamoci che in Pianura Padana erano operative due ottime centrali nucleari, Trino Vercellese e Caorso. Quest’ultima, che a tutt’oggi avrebbe ancora una vita utile di decine di anni, è situata proprio presso Piacenza, una città con uno tra i più alti tassi di mortalità da Covid-19.

Ma c’è di peggio: da anni il Cnr riscontra che la gran parte della polluzione della Valle Padana è dovuta non tanto al traffico o all’industria, ma alla combustione delle biomasse, sia come legna e pellets per uso domestico, sia come residui vegetali e liquami da allevamenti delle grandi aziende agricole, usati in impianti decentrati per produrre quantità risibili di energia elettrica e biogas. Si tenga presente che queste deplorevoli iniziative sono state, ancora una volta, fortemente volute dagli “ambientalisti ideologici” degli ultimi anni, e fortemente sussidiate dalle leggi sulle energie rinnovabili di dieci anni fa (naturalmente con oneri sempre crescenti sulle nostre bollette elettriche). Tenuto conto che anche prima della Covid-19 l’Italia, in particolare nella Pianura Padana, risultava tra i Paesi più inquinati del mondo, con decine di migliaia di morti premature all’anno, non si può non riconoscere che in Italia il fanatismo ambientalista e la demagogia politica degli ultimi decenni sono di fatto responsabili di centinaia di migliaia di vittime (come una guerra mondiale). Vi sono nel mondo molti progetti in corso, in Europa (in Finlandia e nei Paesi Baltici), e in Cina, per sostituire completamente con piccoli e medi reattori nucleari (Smr) i vecchi impianti a combustibili fossili per la climatizzazione delle grandi città (oltre che per produrre energia elettrica e idrogeno, se opportuno).

Un progetto del genere (analogamente a quello in corso ad Helsinki) potrebbe riferirsi ad una tipica area urbana della Pianura Padana (se non Milano, il complesso Bergamo-Brescia, che già dispone di reti di teleriscaldamento e di grandi termovalorizzatori per rifiuti urbani, ma quanto puliti?). Per concludere, può essere infine importante conoscere cosa si pensa di fare nel grande Paese europeo che già oggi ha conseguito la minore produzione pro-capite di CO2, e cioè la Francia. Nella prospettiva della “carbon neutrality” al 2050, il governo del presidente Emmanuel Macron qualche mese fa ha incaricato la Edf di fare uno “studio di fattibilità” per la costruzione di tre coppie di nuovi, grandi, reattori nucleari per sostituire gradualmente i più vecchi reattori in funzione da molti decenni. La decisione se procedere o meno verrà presa il prossimo anno. Un recente “position paper” della Società francese per l’energia nucleare (Sfen) descrive i grandi vantaggi economici ed ambientali prodotti dal programma nucleare francese negli ultimi quarant’anni, e le altrettanto valide ragioni per proseguire sulla stessa strada: l’opzione nucleare, infatti, si dimostra affidabile, a ridotto tasso carbonico e minimo impatto sul territorio (rispetto alle ingombranti ed inefficienti fonti intermittenti a bassa densità all’origine, come l’eolica e le solare).

Essa inoltre offre una alta sicurezza strategica al Paese e valorizza competenze industriali nazionali di alto livello. È da sottolineare che tre Dipartimenti francesi si sono già proposti per ospitare le tre nuove grandi centrali nucleari!!! Particolarmente penoso è il confronto con le dissennate politiche energetiche di due grandi Paesi vicini, come la Germania e l’Italia, i quali persistono in una posizione ideologica pseudo-ambientalista aprioristicamente contraria all’energia nucleare, che li ha portati ad investire negli ultimi anni centinaia di miliardi di Euro (500 la Germania, 300 l’Italia) in enormi infrastrutture ingombranti ed inefficienti, che producono solo energia elettrica, e di pessima qualità (solo se, e quando, tira il vento e splende il sole). Tutto ciò senza ottenere una riduzione significativa delle emissioni di gas-serra. Il risultato è che oggi l’energia elettrica in Francia è prodotta con l’emissione di 50 g/kWh di CO2, in Germania di ben 400 g/kWh, ed in Italia di 260 g/kWh. Nello stesso tempo le tariffe elettriche, specie per le famiglie, in Germania e in Italia sono cresciute enormemente, fino a circa il doppio di quelle francesi.

La profonda contraddizione insita nelle politiche energetiche di Germania e Italia è poi dimostrata dalla loro pervicace insistenza nella costruzione e/o nel potenziamento di metanodotti di migliaia di chilometri, anche provenienti da Paesi ad alto rischio geopolitico: la Germania insiste nel raddoppio del Nord Stream, nonostante le sanzioni del presidente Donald Trump, l’Italia nel completamento della Trans Adriatic Pipeline e forse anche nell’avvio del nuovo EastMed. Questi progetti sono di fatto indispensabili per alimentare le nuove potenti centrali a gas naturale, che emettono anch’esse notevoli quantità di gas-serra, ma che comunque sono necessarie, oltre che per sostituire quelle a carbone, anche per “tenere in piedi” le reti elettriche, rese instabili e insicure a causa della frazione eccessiva di fonti intermittenti e non programmabili. È evidente che questi enormi investimenti sul gas naturale (il cui importo deve essere aggiunto a quelli richiesti dalle fonti rinnovabili) sono sostenibili solo se le relative infrastrutture avranno una “vita utile” di almeno una cinquantina d’anni: ma allora che fine farà la “carbon neutrality” al 2050?

(*) Già dirigente Enea e docente presso L’Università “La Sapienza” di Roma

(**) Consigliere Associazione Astri

 

Bibliografia

“System costs prove need for nuclear in clean power mix” world nuclear news – 09 September 2019;

“California Renewables Curtailments Surge as Coronavirus Cuts Energy Demand” Jeff St. John, Greentech Media – April 02, 2020;

“Germany Solar and Wind is Triple the Cost of France’s Nuclear and Will Last Half as Long” Brian Wang, NextBigFuture - November 8, 2019;

“Low demand for power brings plea to switch off wind farms” Emily Gosden, The Times – May 2, 2020;

“Big plans in the Baltics” Nuclear Engineering International – 8 April 2020;

“Finnish firm launches SMR district heating project” world nuclear news - 24 February 2020;

“How air pollution exacerbates Covid-19” Isabelle Gerretsen, BBC Future – 28th April 2020;

“Polveri sottili e coronavirus, un’alleanza letale” Gianni Tamino, Left – 15 maggio 2020;

“The link between air pollution and Covid-19 deaths” Simon Brandon, World Economic Forum – 29 April 2020;

“Rolls-Royce plans mini nuclear reactors by 2029” Roger Harrabin & Katie Prescott, BBC News – 24 January 2020;

 

 

 

Aggiornato il 27 maggio 2020 alle ore 11:48