La pandemia mondiale da coronavirus ridisegna lo scenario occupazionale mondiale portando l’attenzione delle istituzioni politiche sull’importanza della digitalizzazione, della banda larga e dello smartworking.
L’emergenza sanitaria ha indotto le aziende a ricorrere in massa al lavoro da casa. Lo smart working piace ai lavoratori, riduce i costi delle imprese, aumenta la produttività e lancerà l’avvio di un dibattito anche in un futuro post Covid-19. Occorre però implementare la formazione, anche quella dei manager che devono guidare il processo e quella dei professionisti o partite Iva che lo praticano quotidianamente. Il 64,5 per cento delle aziende dichiara che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione e che non ha avuto contraccolpi sulla produttività. Lo Smart working conviene a tutti i soggetti coinvolti, datori di lavoro, dipendenti e presenta indiscussi vantaggi sociali, ma deve essere ben organizzato, condiviso, equilibrato tra i tempi di lavoro a casa o in ambienti di co-working e i tempi condivisi al lavoro con i colleghi. Il consolidamento e successo dell’esperienza dipenderà dall’esito di tre grandi sfide, la prima è quella della necessità di affermare una nuova cultura dell’organizzazione del lavoro basata sulla flessibilità, fiducia, alta digitalizzazione dei processi lavorativi ed anche nuove relazioni sindacali, la seconda è data dall’acquisizione di nuove competenze lavorative, perché cambiano radicalmente valori e capacità, basti pensare alla gestione del tempo, la terza è quella delle infrastrutture digitali per garantire ottimizzazione della capacità di connessione, omogenee sul territorio nazionale.
La necessità attuale è quella di elaborare una definizione dei piani per l’espansione della banda larga nei Comuni su tutto il territorio italiano.
Misure per la copertura del territorio con cavi in fibra ottica, tubazioni di servizio o collegamenti radio, i tempi e le fasi di realizzazione e una stima dei costi nonché le rilevazioni sull’infrastruttura già esistente. La pandemia ha imposto la digitalizzazione del paese e le prossime sfide occupazionali sono legate allo smart working e all’impegno istituzionale in tale settore. La società e le strutture del lavoro devono sapersi rapidamente adeguare ai cambiamenti in atto e lo smart working rappresenta una soluzione a cui guardare con estremo interesse perché dalla sua estensione ai vari settori potrebbero derivare numerosi ed importanti vantaggi per tutti.
Il dipendente o il collaboratore può organizzarsi come vuole, ciò che importa è portare risultati e sviluppare network. L’innovazione è la chiave su cui ruoteranno i cambiamenti futuri. È l’innovazione che sta trasformando il lavoro e la politica deve comprendere che tale processo in atto non sarà più modificabile. Le prime analisi in questi due mesi stimano che il tempo medio risparmiato da uno Smart Worker, per ogni giornata di lavoro da remoto, sia di circa 60 minuti. Un piccolo tesoro di tempo e vita che potrebbe essere utilmente reinvestito.
Lo Smart Working consente di produrre benefici misurabili anche per l’ambiente ad esempio in termini di riduzione delle emissioni di CO2, riduzione del traffico e utilizzo dei trasporti pubblici. Considerando che in media le persone percorrono circa 40 chilometri per recarsi al lavoro, nell’ipotesi anche solo di un giorno a settimana di lavoro in modalità online, si potrebbe ottenere un risparmio in termini di emissioni per persona pari a 135 kg di CO2 all’anno.
La pandemia ridisegna lo scenario lavorativo: assembramenti sociali e inquinamento rafforzano l’emergere di virus e malattie. Lo smart-working abbatte tale problematiche. Il futuro è smart e le visioni giurassiche del lavoro semplicemente vanno incontro all’estinzione, per il bene sociale, collettivo e individuale.
Aggiornato il 04 maggio 2020 alle ore 11:38