Frammenti di verità

Al momento non si può dire se, nei prossimi anni, l’attuale vicenda del Coronavirus sarà archiviata fra le pagine più rilevanti della patologia medica oppure fra le più classiche circa i fenomeni di psicopatologia collettiva. Per ora, dunque, è bene limitarci ad alcune considerazioni fra loro eterogenee ma tutte innescate dalla epidemia corrente.

Infodemia e natura umana

Ancora una volta abbiamo conferma di quanto l’attuale società sia ben lontana da quella “società della conoscenza” che alcuni autori hanno creduto di vedere negli anni scorsi. Mentre i medici, sia pure, come è ovvio, con accenti diversi data la novità della cosa, mostrano idee piuttosto chiare sul Coronavirus, la popolazione italiana – ma ciò vale per qualsiasi altra – mostra di non saper digerire la complessità del fenomeno. I mass media, in particolare, appaiono del tutto incapaci di distinguere dati certi e ipotetici, differenze statistiche e tendenze, quantità e qualità. Essi non fanno che intervistare gli esperti traducendone quasi sempre le ipotesi in modo tale da rassicurare ma, allo stesso tempo, amplificando enormemente gli eventi. Il fatto è che l’informazione non è conoscenza e, di conseguenza, l’accumulo di informazioni parziali non fa che alimentare le dicerie.

La realtà non fa sconti

Poiché la formazione di opinioni dipende strettamente dall’autorevolezza attribuita a chi parla, di ora in ora l’ottimismo e il pessimismo si susseguono senza sosta in funzione dell’autorità che si esprime: ora l’esperto che suggerisce prudenza e norme igieniche, ora il politico la cui massima ambizione è di poter affermare che le cose sono “sotto controllo”, magari traendo dai dati, in continua trasformazione, tendenze che la realtà dei fatti noti non ha. In ogni caso, di fronte ad eventi come quello in corso, la saccenza che “normalmente” manifestano i più su questo e quello, si eclissa e torna in primo piano la nostra ignoranza, con relative cariche di irrazionalità di fronte ad una realtà che non finisce mai di sorprenderci.

La realtà invisibile

Sulla realtà microscopica, fisica, chimica o biologica, la scienza ha fatto passi da gigante e finirà, forse più presto di quanto si pensi, per circoscrivere e risolvere il problema attuale e anche quelli futuri. Il fantastico, nel bene e nel male, mondo dell’invisibile, tuttavia, non gode di grande interesse se non in casi come quello che stiamo vivendo. Auguriamoci che i giovani avvertano il fascino e l’utilità degli studi che vertono su fenomeni di questa natura e sentano il richiamo delle scuole di medicina assegnando ad altri corsi di moda il ruolo marginale che non possono che avere in una società che desideri davvero tendere verso la conoscenza.

La natura umana non cambia

Smanettare con lo smartphone ha ormai da tempo generato una sbornia collettiva che non fa altro se non incrementare la distanza fra l’informazione e i processi conoscitivi, che necessitano di formazione rigorosa e capacità, quanto meno, di leggere e capire i dati. La sicumera di chi è sempre “connesso” si rivela però decisamente fragile quando i fatti riportano in primo piano la concretezza della massa e dell’energia e palesano l’inconsistenza del mondo virtuale, utile e dilettevole , ma non in grado di sostituirsi alla realtà materiale. La “connessione con la realtà”, mai scomparsa per lasciare graziosamente il posto alla pura informazione, d’altra parte, riporta l’essere umano alla sua natura più ancestrale che, per ora, nessuna tecnologia ha potuto modificare. Grazie a questa realtà universale, il sospetto, il panico e l’aggressività a scopo di sopravvivenza prendono il sopravvento su ogni forma di razionalità e, troppo spesso, anche di solidarietà.

Conseguenze parallele

Nel caso specifico italiano, la caotica serie di decisioni prese dalle Regioni dovrebbe suonare come un deciso campanello d’allarme per i fautori della cosiddetta autonomia regionale. Vi sono classi di fenomeni, e quella sanitaria è sicuramente fra le prime, nelle quali l’autonomia è, come si vede, francamente deleteria e molto rischiosa, mentre invece, per ragioni di interesse esclusivamente politico, la sanità costituisce in Italia la competenza regionale, se non unica, certamente preponderante. C’è solo da augurarsi che, preso dalla smania di presentarsi come efficiente e primo della classe, a qualche sindaco o presidente di regione non venga in mente di apporre, ai confini del suo territorio, un cartello, magari a fianco di quello che lo dichiara “denuclearizzato”, che, ovviamente in inglese, lo dichiari “virus free.

Aggiornato il 27 febbraio 2020 alle ore 11:46