Il sovranismo giudiziario dei forcaioli anti Cedu

Il sovranismo giudiziario dei forcaioli della pseudo antimafia. Pure questo ci è toccato di constatare dopo la sacrosanta sentenza Cedu confermata l’altro ieri dalla Grand Chambre che ha stabilito l’incompatibilità dell’ergastolo ostativo con i diritti elementari dell’uomo sanciti dai Trattati internazionali che l’Italia, quando era ancora un Paese civile e ancorato allo stato di diritto, a suo tempo firmò.

Nel diluvio di fake news e dichiarazioni mistificatorie ad effetto dei politici (“così si distruggono 150 anni di antimafia”) a trazione grillina, a cominciare dal ministro Guardasigilli purtroppo ancora in carica, la parte del leone da tastiera la fanno i giornali che da questa atmosfera da Paese capovolto traggono vantaggi economico-editoriali. Titolare “Hanno ammazzato di nuovo Falcone e Borsellino” è veramente un insulto all’intelligenza di tutti gli italiani, oltre che alla memoria di quei due giudici all’ombra delle cui bare troppa gente ha fatto carriera senza merito. E poi dare al mondo l’idea di un Paese che non tollera le censure di una corte qualificata come la Cedu – e poi della Grand Chambre in sede di appello – ci avvicina ogni giorno di più a Paesi autoritari come la Turchia di Erdogan. Senza neppure averne la potenza militare e geopolitica. Soprattutto quello che indigna e riempie di rabbia sono gli allarmi ingiustificati lanciati in questi giorni nei giornali e in televisione. Un conformismo rivoltante. Sembra quasi che questa sentenza rimetta in libertà automaticamente tutti i boss. Mentre in realtà chiede solo di modificare gli automatismi (questi sì!) burocratici delle leggi antimafia del 1992 che non prevedono, neanche dopo oltre 30 anni di reclusione, che siano presi in considerazione, a fronte di ravvedimenti del comportamento del detenuto, eventuali permessi e benefici carcerari. Esiste solo il pentimento. Ma uno dopo essersi fatto 20, 25, 30 anni in carcere in 41 bis ed essere uscito fuori non solo dal giro ma anche dalla realtà vera e propria, compresa quella degli affetti familiari, chi dovrebbe accusare? I morti? Uno a caso sull’elenco telefonico?

E nessuno che dica – o spieghi – alla plebe catodica che eventuali benefici o semilibertà vanno comunque decisi caso per caso dai giudici di sorveglianza. Il non detto di questa posizione menzognera che serve solo per influenzare cittadini ed elettori – che di per sé hanno già dimostrato di essere più che disinformati e sprovveduti – è quello di voler mantenere gli automatismi suddetti di modo che non debbano essere i magistrati a prendersi la responsabilità di decidere – caso per caso – se dire si o no al singolo istante. In America, dove c’è la pena di morte, un ergastolano può richiedere i benefici o la liberta “on parole” anche a settimane alterne.

I giudici si riuniscono, sentono i familiari delle vittime dell’ergastolano per capire se esiste un sentimento di perdono, e poi decidono. Quasi sempre la negano. Ma ogni tanto uno spiraglio di speranza, pur tra mille polemiche, viene lasciato aperto. Da noi, no. Decide l’ottusa burocrazia antimafia, che poi è quella dei professionisti del settore, compresi coloro che talvolta, per eccesso di zelo (chissà), vengono beccati ad approfittarsi economicamente della propria posizione di rendita con ladrocini vari. Certo che può esistere il rischio di prendere una decisione sbagliata, però i giudici italiani devono cominciare a prendersi le loro responsabilità e a decidere dopo aver studiato molto attentamente i singoli casi dei singoli detenuti e non basandosi su relazioni burocratizzate di medici e polizia penitenziaria. Sennò tanto vale abolirli i tribunali di sorveglianza.

Purtroppo, nell’impazzimento generale, che è stata la conseguenza più vistosa dell’abolizione a spizzichi e a bocconi dello stato di diritto, per sentire questi ragionamenti si deve andare solo nella sede del Partito radicale a via di Torre Argentina. E talvolta al Palazzo della Consulta dove ha sede una Corte costituzionale per ora ancora incontaminata dal “sovranismo giudiziario” di cui sopra. E che presto dovrà esprimersi sempre sull’ergastolo ostativo. Gli altri giuristi, giureconsulti e commentatori di giornali ormai si sono convertiti all’ultima moda del grillismo imperante: la giustizia sovranista.

Aggiornato il 09 ottobre 2019 alle ore 11:51