Cerciello Rega: “novità” inquietanti

Novità nel caso dell’assassinio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega assassinato a Roma. Novità rappresentate, pare, dall’esito delle indagini che avrebbero consentito di acquisire importanti elementi probatori.

In realtà queste “novità” aggiungono al caso, nato già con aspetti singolari non facilmente accettabili, motivi di perplessità che vanno ad aggiungersi a quelli già esistenti e tutt’altro che chiariti e, soprattutto, quelli costituiti da un atteggiamento delle massime autorità e dei vertici dell’Arma dei carabinieri che si discostano, con implicazioni allarmanti, dalla normalità.

Questo dubitare dell’esistenza di aspetti tenuti segreti non è cosa che ci piaccia. Tanto meno in un’indagine su di un assassinio in cui, purtroppo, il dato tragico e doloroso della vicenda è fuori discussione, come sembra dover essere fuori discussione la persona responsabile del crimine.

Se vi sono (e vi sono) ombre e dati poco facilmente credibili, essi preoccupano più per la loro inutilità che per chi sa quale inconfessabile verità tenuta occulta.

È apparso subito come un dato anomalo, che le acquisizioni successive avrebbero potuto chiarire ed invece hanno ulteriormente reso poco digeribile, il fatto che degli spacciatori di droga si sarebbero rivolti ai carabinieri per essere “protetti” dalle reazioni dei loro clienti truffati e decisi a respingere il ricatto del borsello, etc. etc.. Andatelo a raccontare a chi vi pare. Nessuno vi crederà.

Vi crederanno solo ad una condizione: che si trattasse di spacciatori “collaboranti” con la forza pubblica. Cosa che, se così è, sarebbe stato bene fosse resa nota subito, non essendo certo né un fatto disdicevole né altrimenti da tenere riservato e da evitare di farsene carico.

A questa necessaria riserva di credibilità si aggiunge che si sono venute a sapere altre cose inquietanti: la vittima che aveva “dimenticato” di prendere con sé la pistola d’ordinanza (cosa che appare addirittura essere un reato previsto dal Codice penale militare: “Violata consegna”). E, poi, l’intervento “fuori sede” dei carabinieri del reparto della vittima.

Ora si aggiunge la “novità” che si sarebbe accertato che i carabinieri intervenuti avevano subito mostrato ai due americani il loro distintivo. Niente di abnorme. Se non il fatto che si tratterebbe di una novità, di un nuovo accertamento. È chiaro che si tratta invece di una circostanza che, se vera, avrebbe dovuto essere accertata tra le prime.

Tutto questo, è doloroso e spiacevole doverlo rilevare, viene ad aggiungersi ad un comportamento delle autorità militari, addirittura del Comando generale dell’Arma dei carabinieri, che sembra aver voluto attribuire alla memoria del povero vicebrigadiere Cerciello Rega onore e valori che, purtroppo, non sono attribuibili solo alle figure della vittima di questo caso.

Si è mobiliato il Comandante generale dell’Arma, si sono fatti funerali grandiosi mobilitando ogni mezzo mediatico. Addirittura, cosa credo del tutto inconsueta, il Comandante generale dell’Arma ha voluto accompagnare la vedova dal Presidente della Repubblica. Non mi risulta che altri appartenenti alle forze dell’ordine, vittime della criminalità, abbiano solitamente tali riconoscimenti. E, purtroppo, non sono pochi né infrequenti i loro sacrifici.

L’impressione è che si voglia coprire qualcosa di grosso. Nulla di strano, trattandosi di forze di polizia impegnate in un servizio in cui la legge stessa prevede il ricorso ad espedienti speciali. Ma nulla da “coprire” con tante preoccupazioni. L’abitudine, oramai radicata, di trovare “qualcosa che c’è dietro”, finisce così per generare comportamenti che sembrano inventati per lasciare nel pubblico l’impressione che ci sia proprio qualcosa da dover coprire a tutti i costi. Credo che altro dovremmo preoccuparci di dare alla memoria di questo carabiniere.

 

                                                     

Aggiornato il 10 settembre 2019 alle ore 15:46