Bibbiano e dintorni: serve cautela

La premessa: quello che emerge dall’indagine sui fatti di Bibbiano è l’orrore assoluto. Basta avere un figlio per immaginare, anche solo a grandi linee, quello che voglia dire, per i genitori, i fratelli, i nonni, essere separati da un bambino, senza ragione. Fosse solo per un giorno. Per più tempo non si può nemmeno pensare. E, per i minori, essere costretti con mezzi subdoli, con pressioni per loro non riconoscibili né controllabili, con viltà, con abuso di (spesso modeste) competenze professionali, a rinnegare un genitore, ad odiarlo, a riferire falsi episodi per denigrarlo. A farsi convincere di non essere amati. Un orrore talmente enorme che i titoli di reato contestati agli indagati – frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, peculato d’uso, lesioni personali e poco altro – contrastano in maniera quasi ridicola con l’enormità dei fatti riferiti e le loro prevedibili conseguenze a breve, medio e lungo termine. Occorrerebbe crearne altre, appositamente, di figure di reato. Tipo: distruzione contestuale della vita di molte persone. Oppure: essere un mostro.

E qui finiscono le chiacchiere da bar. Perché noi operatori del diritto abbiamo il dovere di esaminare alla luce della scienza e della logica giuridiche le notizie che ci bombardano da ogni fronte, buttate giù frettolosamente da comunicatori più o meno incompetenti e poi rielaborate (male) da leoni da tastiera. E sarebbe bene che lo facessero un po’ tutti.

Così, il caso Bibbiano e le sterminate polemiche che ne sono conseguite, tanto da parte dei forcaioli che accusano i media di tendenza all’insabbiamento per ragioni politiche, quanto da parte dei garantisti (spesso a intermittenza) che invece si strappano le vesti in nome della presunzione di innocenza, può diventare un interessante spunto per delle considerazioni che – va precisato con la massima chiarezza – valgono in via del tutto generale, per tutti i casi di cronaca, che deflagrano a stagioni alterne. Per essere ancora più cristallini: con quello che vado a scrivere non intendo assolvere nessuno e, nel mio piccolo mondo privato, se un operatore coinvolto nell’indagine si avvicinasse a meno di un chilometro da mia figlia, nel dubbio sparerei (metaforicamente).

Dunque, i fatti di Bibbiano sono in fase di indagine. L’indagine è un complesso di ricerche, verifiche e perizie che vengono svolte o delegate da uno o più operatori del Pubblico Ministero. I Pubblici Ministeri sono Magistrati. E qui si arriva alla prima, grande verità: i Magistrati, talvolta, ma anche spesso, sbagliano. Sbagliano i Magistrati inquirenti, sbagliano i giudicanti in primo grado, sbagliano le Corti d’appello. Sbaglia anche la Cassazione.

I Magistrati sbagliano perché sono persone. In genere sono molto, molto preparati – perché devono studiare tanto e perché di pratica, in Italia, ne fanno molta, moltissima – ma sono persone. E dimenticatevi questa idiozia che gira tra gli analfabeti, funzionali e non, che i Giudici debbano limitarsi ad applicare le leggi, senza interpretarle: ogni legge deve essere applicata a un caso reale, per cui va interpretato prima il fatto, poi la norma e poi, ancora, la corrispondenza del fatto alla previsione normativa. E tutto ciò è un lavoro difficilissimo. Così, i Magistrati sono chiamati a compiere questo lavoro difficilissimo, ma sono persone. Persone che, in buona fede, possono subire l’influenza dei clamori mediatici, possono leggere i fatti col filtro del proprio bagaglio culturale, delle proprie convinzioni etiche, politiche, religiose. Possono aver dormito male, possono avere problemi con i figli, con la moglie, col marito e, quel giorno, vedere tutto nero e scrivere una sentenza che, magari, con un’altra serenità, sarebbe stata diversa. Ci sono – lo possiamo negare sempre meno – anche i Magistrati in malafede, che sbagliano perché vogliono o debbono sbagliare. Ma questo è, veramente, estremamente raro. Poi ci sono – per quello che contano in termini di applicazione pratica – le ipotesi sanzionatorie della responsabilità dei magistrati, per capire se l’errore sia stato giustificabile o meno.

Così, mentre la cosiddetta gente comune inorridisce per gli “errori giudiziari”, gli ordinamenti giuridici sono talmente consapevoli di questa ovvia e, anche, banale realtà, che prevedono, tutti, rigorosi meccanismi di vaglio alle indagini e – chi più chi meno e con limiti diversi – plurimi gradi di giudizio. Basterebbe attivare saltuariamente il cervello per capire che, se fosse umanamente possibile la meccanica applicazione di una determinata previsione normativa e della corrispondente sanzione a ogni caso giudiziario, non esisterebbero possibilità di riesame, no?

E il caso Bibbiano, come molti altri rumorosi casi di cronaca è, al momento, solo in fase di indagine. Che vuol dire che potrà rivelarsi tutto vero, ma anche tutto falso. Facciamocene una ragione.

 

Aggiornato il 02 agosto 2019 alle ore 19:35