“Italia Sì”: da che pulpito viene la predica?

“Italia Sì” è un programma targato Rai. Anzi, marchiato a fuoco Rai. Il perché è presto detto. Come si evince dai titoli di testa la trasmissione è nata da un’idea di Marco Liorni, il bravo e bel giornalista che le ultime indiscrezioni pervenute davano per insofferente alla co-conduzione de “La vita in diretta”, edizione della sciura Cristina Parodi e che deve, finalmente, essere riuscito a ritagliarsi uno spazio da solista dando così vita alla sua creatura pomeridiana, in onda il sabato su Rai Uno. E ha fatto bene. Perché la creatura vive, un po’ come in “Frankenstein Junior”, pur non essendo del tutto un mostro. La descrizione ufficiale che ne fa Rai Play è di “flusso di storie e volti, emozioni, problemi e soluzioni, dove il cuore dell’Italia sale su una pedana per offrire la propria umanità ad un affresco tenero e disincantato”. Taglio sul resto perché ho già tre carie.

Sabato scorso è andata in onda una puntata di “Italia Sì” tutta dedicata alla tragedia della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, nella quale hanno perso la vita cinque giovanissimi ragazzi e una mamma di quattro bambini. Una vicenda all’italiana, che ha indignato tutti e, in particolar modo, gli esponenti del mondo della musica, che praticamente hanno intasato Twitter.

Per una volta, però, bisogna dare merito ad una trasmissione “contenitore”, settimanale, che quindi si prepara di solito con calma, con tanto di popolo in studio, di aver realizzato un programma intero, anche se in versione ridotta, su un fatto di cronaca in mezza giornata. Chapeau, anche grazie alla potenza delle tanto vituperate sedi regionali che sono invece delle vere e proprie macchine da guerra.

Certo, i “saggi”, gli opinionisti fissi, sono quelli che sono: Rita dalla Chiesa la finta buona, Elena Santarelli la bellissima mammina pancina, Mauro Coruzzi in arte Platinette, ma senza parrucca. L’idea del “podio”, come lo descrivono loro, è simpatica. Però chiamiamo le cose col loro nome: non è un podio. È un banale piano rialzato. È un pulpito, un pulpito vero e proprio, a scena aperta e senza esitazione alcuna. E da quel pulpito, di volta in volta, una serie di personaggi, lo psichiatra famoso, il vigile del fuoco, il testimonial-survivor e l’avvocato, dicono la loro. La frase-chiave sul fatto occorso, ovvero un ragazzino senza cervello che spruzza uno spray urticante ad un concerto e involontariamente ammazza sei persone, l’ha detta bene Liorni: “Non si può non raccontare un fatto così”. E siamo d’accordo. Siamo meno d’accordo sulla profondità delle riflessioni espresse: livello di banalità da quarta elementare.

L’unico, che forse ha conferito un guizzo al tutto è stato l’avvocato, in coda di trasmissione, che ha fatto riflettere il popolo telespettatore del sabato pomeriggio, i soliti anziani e famiglie, abbonati Rai e allettati, sul fatto che ogni atto, anche di un minorenne, ha delle conseguenze, nello specifico penali, e ha fatto un richiamo agli adulti ai quali si deve – o si dovrebbe ascrivere – l’orribile evento in questione. Già, perché sarebbe stato forse più interessante e meno piatto ascoltare anche qualcuno che sottolineasse, oltre alla banalità del male e dell’ovvio, inclusa la polemica sul sovrannumero all’interno della discoteca, che non sarebbe sfuggito nemmeno alla Lucarelli.

Nessuna voce fuori dal coro ma un coro greco e via. Quindi si racconta, ci si passa intorno ad un po’ di vera critica, lambendone appena l’ologramma dell’idea con democristiana delicatezza, si banalizza a pioggerella di marzo ma il dibattito deve essere sempre lindo, pinto e politically correct, per non fare venire infarti al direttore di rete e ci si accontenta di un onesto 13,3 per cento di share. Insomma, in Rai non oserai, ma un pulpito non manca mai.

Aggiornato il 10 dicembre 2018 alle ore 14:26