Greco: un “one man show” sulla nuova Rete Quattro

Raccontare storie e non più la piazza, sembrerebbe questo il nuovo immaginario generalista di Rete Quattro. Ma ancora non ci siamo.

Spiegare i fatti, diceva Gerardo Greco quest’estate. Eh, come se fosse facile. Diceva, sempre lui, che il giornalismo non serve per fermare il populismo ma per narrare storie. Quelle storie che nella sua trasmissione settimanale “W l’Italia”, anzi “ “W l’Italia oggi e domani - cambio obbligato e dovuto all’omonimia con il noto programma radiofonico di Rtl 102.5 - gli autori hanno deciso di sceneggiare. Poi però dichiara che la rete da narrativa deve diventare di attualità. Qualcosa non torna. Il nuovo corso della rete dovrebbe essere tutto teso a richiamare il pubblico che negli anni è fuggito su La7 o su Rai 3 con una riconfigurazione orientata a far diventare il canale un contenitore non troppo settoriale di cronaca, un luogo di analisi e una tribuna di dibattito pacato, ma non piano piano né sottovoce.

Il tentativo è quello di fornire spiegazioni convincenti dell’attualità e, se serve alla causa, raccontare le cose anche facendo arrabbiare qualcuno con ricostruzioni semifictionali o sotto la copertura di telecamere nascoste. La posa dell’ anchor man Greco, Gerry per gli amici, uomo non solo al comando, è quella di un giovane Hitchcock: tagliente, serio, a volte serioso, deciso, all’americana, come piace a lui. Manca la pancia di profilo, ma la sagoma c’è, c’è lo sguardo intenso, glaciale, da indagatore, se non dell’incubo fantastico quantomeno di quello reale. Lo sguardo che il nuovo direttore getta sulla società non è elitario, è descrittivo, a volte un po’ torvo, forse troppo. Lo dicevano - e lo dicono - tutti che l’impresa è titanica, perché, sfortunatamente, la televisione non si guarda da sola.

Nel nuovo progetto editoriale c’è sicuramente un po’ di quel naif, di quel “marziano” che accompagna il conduttore e se è vero, parole sue, che ogni format è figlio del suo tempo, in teoria i format di Rete Quattro stanno tutti subendo una mutazione genetica, cosa che avrebbe dovuto essere fatta già molti anni fa dopo l’uscita di Emilio Fede e il tramonto di quel tipo di televisione ( o anche di quel tipo di giornalismo o di giornalisti).

Non mancano, e secondo le intenzioni non mancheranno, nemmeno le emozioni, cominciate con la diretta d’esordio dal luogo della tragedia del ponte Morandi ed egregiamente coperta dalla rete con un immane sforzo produttivo. Se la strada intrapresa è quella, non potrà che essere uno sforzo felice. Se, come sembra, si è scelta la strada impervia del fare programmi e inchieste o semplici servizi non faziosi e se davvero si vuol lasciare spazio anche all’indignazione, ci vorrà del tempo prima di vederne i risultati. Si è scelta anche la divisa: camicia bianca, cravatta blu.

“Hitchcock presenta”. Tutte le sere prima del telegiornale. Presenta quell’Italia che sin dal primo promo si interrogava se fosse morta o meno. L’Italia moribonda lo è, Rete quattro ora forse un po’ meno. Una cosa è certa: Greco il one man show lo regge alla grande e la libertà che c’è a Mediaset in Rai te la sogni, un po’ come l’Uomo che visse due volte.

Aggiornato il 17 ottobre 2018 alle ore 12:03