
Stiamo parlando di confronto geopolitico o di situazione prebellica tra potenze? Precisazione indispensabile per rispondere alla domanda se il libero scambio, il commercio internazionale, il mercato globale, in breve la cosiddetta globalizzazione, stiano per essere “repressi” addirittura, come molti ipotizzano, troppo frettolosamente forse. Lo sconquasso borsistico innescato dalla “daziomania” del presidente Donald Trump può essere l’esantema di una malattia, destinato a scomparire con la causa scatenante. Se invece fosse un grave disturbo acuto, sarebbe facilmente curabile alla svelta abolendo i dazi di Trump, e magari molti altri ancora. Se poi fosse una patologia che cronicizza il malessere, la sopravvivenza dell’organismo implicherebbe un lungo adattamento.
Nonostante lo scoperto desiderio per il terzo mandato, la complessità della procedura costituzionale americana per l’abrogazione del XXII Emendamento (“Nessuno potrà essere eletto all’ufficio di Presidente per più di due volte e nessuno, che abbia rivestito la carica di Presidente o abbia agito in qualità di Presidente per più di due anni della durata del mandato di altri già eletto Presidente, potrà essere, a sua volta, eletto all’ufficio di Presidente per più di una volta”) dovrebbe impedire a Trump di soddisfare la sua illegittima ambizione. Tuttavia egli già escogita espedienti per proporsi in frode alla Costituzione. Salva la quale, Trump uscirà di scena, sebbene rimanga il dubbio che possa sopravvivergli il trumpismo del vice presidente J. D. Vance. Rimarranno in sella con sicurezza Vladimir Putin e Xi Jinping, che le fragili e condiscendenti costituzioni russa e cinese sapranno accontentare a vita, nella forma o nella sostanza. Avremo così, nel dopo Trump, un mondo tripolare, né più né meno di adesso: la democrazia degli Stati Uniti, possibilmente senza il belletto Make America Great Again, la dittatura della sedicente Federazione Russa, la dittatura della Repubblica Popolare Cinese. Mentre America e Cina sono davvero superpotenze politiche, economiche, militari, la Russia lo è soltanto militare, perché, a parte la vendita di petrolio, gas, armi e poco altro, non produce e non esporta merci che interessino il mercato mondiale, per di più avendo un Pil inferiore all’Italia.
Questo mondo tripolare, dicono, sarà diverso radicalmente perché il cambiamento è stato avviato hic et nunc, improvviso ma non imprevisto, per effetto dei dazi imposti dal neoeletto Presidente con una semplice firma sotto ordini esecutivi immediatamente produttivi di effetti dirompenti sulla politica interna ed estera della superpotenza che, anche così, sembra voler rinunciare alla guida del mondo libero. Il punto di svolta nella natura del tripolarismo sembra consistere in tale rinuncia piuttosto che nei dazi, che costituiscono una tattica dell’arroccamento strategico e, nell’intenzione di Trump, se non della maggioranza degli americani, del rafforzamento degli Stati Uniti. Vuol dire, tutto questo, che stiamo assistendo alla repressione del mercato, degli scambi, dei commerci? Vuol dire che il protezionismo dilaga sulla terra dove imperava il globalismo? Possono davvero i dazi di una Nazione sconvolgere la sorte di tutte le altre? Un’era di universale autarchia albeggia contemporaneamente sui cinque continenti? I dazi americani hanno traumatizzato le economie mondiali. Il potere, che la globalizzazione avrebbe conferito ai potentati economici, sarebbe tornato nelle mani della politica. Tutt’altro che un miglioramento, stando ai fatti. I dazi di Trump dimostrano che il potere politico è pericoloso e pernicioso per la libertà economica, cioè dannoso per tutti, specialmente quando s’ingegna di controllarla a fin di bene, identificato con la volontà del controllore.
Soffermiamoci sulle reazioni della Russia e della Cina, oltremodo significative. Putin ha mostrato quasi indifferenza per la decisione di Trump. Politique d’abord! Invece Xi Jinping è su tutte le furie, dietro l’imperturbabilità confuciana. La differenza tra i due dittatori, diventati, a loro dire, amiconi per la vita, sta nel rapporto che le due economie hanno con i mercati internazionali. La Russia, benché gravata da pesanti sanzioni morali, materiali, finanziarie per la proditoria aggressione dell’Ucraina, sopravvive abbastanza bene in un’economia di guerra alquanto autarchica. I dazi quasi non la toccano. La Cina, il cui sviluppo dipende meno dal mercato interno che dalle esportazioni, è invece in grande allarme non solo per i dazi che l’hanno direttamente colpita ma anche per i dazi generalizzati che determineranno una consistente riduzione della crescita, se non addirittura la stagnazione e la recessione, delle economie di quasi tutte le Nazioni. E la Cina commercia con esse.
Il futuro è sulle ginocchia di Giove e sotto il ciuffo di Trump. Intanto la lezione che può ricavarsi dall’oggi conferma un assioma liberale e smentisce una credenza degli illiberali, siano di sinistra o di destra, progressisti o conservatori, sovranisti oppure federalisti. Con le parole di Luigi Einaudi: “Benché il frutto spirituale immateriale più alto dell’economia di mercato sia quello di sottrarre l’economia alla politica”, nondimeno per la buona salute del mercato di concorrenza, interno e internazionale, è di “importanza decisiva un ambiente etico-giuridico-istituzionale adatto ai suoi principi”. I dazi di Trump, con le loro deleterie implicazioni e conseguenze, pervertono quell’ambiente e dimostrano che il potere politico può fare disastri incommensurabilmente maggiori del più ricco magnate. I danni ipotizzabili, che entità fantasmatiche come per esempio Big Tech e Big Pharma sono accusate di procurare, sono infinitesimi a petto degli sconvolgimenti reali che Trump, egli stesso un magnate, da potentissimo capo politico ha potuto infliggere all’economia mondiale con la minaccia e l’imposizione di dazi estesi.
Il sistema libero, dentro e fuori gli Stati Uniti, sa e può vendicarsi di chi tenta di sovvertirlo. La Russia del criminale Putin amoreggerà con l’America per compiacerla e averne mano libera per i suoi loschi affari di potenza, ma restando fedele alla Cina, che invece deve quasi tutto al commercio internazionale, per essa vitale, e fronteggerà gli Usa a viso aperto, con il tangibile rischio del conflitto armato. Una dittatura comunista finirà per farsi la paladina del libero scambio! Altro che “repressione” del mercato, la creazione dell’ordine spontaneo più resiliente della storia umana.
Aggiornato il 11 aprile 2025 alle ore 14:42