#Albait. Ricatto e pregiudizio: storia di una nazione in Europa

Fassina, Salvini, Schlein, Nordio, Conte, Tajani, Gasparri, Orlando e tanti altri sono uniti dalla critica all’Europa. Contestano che l’Unione europea decide sulle inconsapevoli teste italiane.

Non perdiamo tempo e spieghiamo subito che questa critica è falsa.

L’Unione europea è un organo amministrativo, cioè un ministero. Esegue le volontà politiche degli Stati e non può decidere per i fatti suoi.

Nelle materie dove la competenza giuridica è garantita, come per l’obbligo dei tappi delle bottiglie di plastica che non si staccano, la decisione comunitaria arriva dopo un iter molto lungo, in genere quattro anni. Più il tempo per elaborare un Regolamento. Lungo tutto questo iter, la Commissione e le altre istituzioni raccolgono i rilievi di chiunque, lungo un doppio passaggio istituzionale per tutti i Comitati e istituzioni europee. Il Governo italiano, come gli altri, interviene con proprio voto almeno due volte. I singoli partiti o le loro articolazioni, possono chiedere di essere ascoltati con decine di opportunità, se lo desiderano. Per molte materie tecniche intervengono anche gli organi di certificazione europei. A loro volta, associazioni, industrie, sindacati e consumatori possono essere ascoltati anche presso gli organi di certificazione.

Per i politici, sindacalisti, gruppi di pressione che non intervengono mai, ogni decisione finale delle autorità europee sembrerà una decisione “lontana dalla volontà dei popoli”. La verità è che lontano dalla volontà popolare sono proprio i pigri e i distratti.

A fronte di tanta svogliatezza sono le istituzioni europee ad essere sotto accusa.

Nel caso del piano von der Leyen sul riarmo europeo, la più grande mistificazione è che il piano sia della baronessa. Ovviamente lei interviene, come presidente della Commissione, ma anche in questo caso registra le posizioni di tuti i commissari, peraltro nominati dai governi, con l’approvazione del Parlamento europeo.

In quell’occasione i voti italiani sono stati espressi in libera uscita, come spesso accade. Ma quel piano è condiviso eccome. Alcuni russofili come Salvini si sono aggrappati anche a un’inesistente, fino a pochi mesi fa, fede atlantica per la materia militare. Criticano l’Europa per tentare un’improvvisa sottomissione al Trump putiniano-madurista che osserviamo in questi giorni. I sovranisti che gridano fedeltà solo a Stati esteri sono sempre sconcertanti. Senza spina dorsale.

In materia economica e monetaria le cose si fanno più roventi. Governo, opposizione, informazione sembrano usciti da un comune quadro dadaista.

Qualche giorno fa, su Radiorai, ascolto un’intervista a Stefano Fassina. Il conduttore è entusiasta. L’ex responsabile economico del Pd, ora nella formazioncina di sinistra Liberi e Uguali, viene compulsato: ha ragione Salvini quando dice che è inaccettabile che sia l’Europa a decidere invece dell’Italia?

È una balla, ma Fassina, candido, sostiene che la Lega ha ragione. Bruxelles decide sulla testa di Roma. Il carico da undici arriva poco dopo. Il conduttore della trasmissione parla dell’ex ministro del Partito democratico, Andrea Orlando. Anche lui concorda con i tanti di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, sul fatto che l’Unione obbliga, anzi “ricatta” l’Italia rispetto a molte decisioni. Spiega Orlando che “la cosa di cui si vergogna di più fu l’approvazione della norma costituzionale sul pareggio di bilancio”. Anch’essa, dice, imposta dall’Unione europea. Speriamo che Andrea Orlando sparisca, considerato che da ministro si è lasciato vilmente “ricattare”.

Però è giusto affrontare le lamentele su questione monetaria e il pareggio di bilancio.

La materia monetaria non è più di competenza dei governi in nessun Paese avanzato, nel mondo, da decenni. La ragione è semplice. I governi che volevano scaricare le proprie inefficienze sui cittadini, davano ordine di stampare moneta, col risultato di accendere l’inflazione, ridurre il debito dello Stato, obbligare il popolo a pagare il conto dell’aumento dei prezzi, dell’inefficienza politica e industriale, dell’aumento della criminalità a causa della fame degli individui che perdono d’un colpo fette importanti del reddito familiare.

Come non è degli Stati, la politica monetaria non è nemmeno dell’Unione europea. Spetta alla Banca centrale europea, della quale fanno parte le banche centrali degli Stati nazionali. L’euro funziona benissimo, anche rispetto alla Lira. Che comunque era gestita dalla Banca d’Italia, non dal Governo, in ogni caso.

Ora veniamo alla questione del “ricatto” sul pareggio di bilancio. Questo pseudo vincolo risale al 2011. Da allora, l’Italia ha acquisito una serie di record con quote di indebitamento spaventose. Nell’anno del Covid, il disavanzo fu del 9 per cento. L’anno precedente e quello successivo le cose non andarono meglio.

Riporto però un arco temporale più vasto.

Nel 2000, il debito pubblico italiano era di 1.302 miliardi, con un rapporto debito/Pil del 108,58 per cento. Nel 2018 siamo a 2.380 miliardi, con un rapporto debito/Pil del 134,50 per cento. Nel 2019: siamo a 2.410 miliardi di euro, con un rapporto debito/Pil del 134,20 per cento. Nel 2020: debito pubblico a 2.574 miliardi di euro e rapporto debito/Pil del 154,10 per cento. Nel 2021: debito di 2.680 miliardi e rapporto debito/Pil del 145,50 per cento. Nel 2023 il debito pubblico italiano in rapporto al Pil è del 142,9 per cento. Se passiamo dal debito nominale al dato senza inflazione, scopriamo che è stata l’inflazione a favorire la riduzione del debito pubblico reale. Mentre gli stipendi restavano fermi, dal 2021 al 2023 il rapporto debito/Pil si riduce sul piano reale perché la spinta inflattiva si è mangiata reddito familiare e debito dello Stato. Insomma, noi cittadini abbiamo pagato tre volte: tasse, sprechi, inflazione. Ora che l’inflazione è più bassa, il Governo nel 2024 ha tagliato un po’ di spese e aumentato la pressione fiscale totale. In sostanza, sul piano nominale, l’espansione della spesa pubblica è stata pari a 34,5 punti percentuali, dal 2000 al 2023. A produrre questo debito sono stati i partiti di oggi, compresi Lega, Forza Italia, Pd e inclusi Salvini, Fassina, Orlando.

Ad onor del vero, quindi, nel 2012, quando fu introdotta la norma sul pareggio di bilancio, non fu il “ricatto” europeo ma la necessità di stabilire un principio, piuttosto debole alla prova dei fatti, di non fare spese senza copertura. Quell’anno il rapporto debito/Pil era aumentato al 127 per cento, contro il 120 per cento dell’anno precedente. A distanza di anni, il dato del rapporto debito/Pil attuale è superiore di ben 15 punti pieni, rispetto a quel record.  Anche sul Pnrr, pari a duecento miliardi, i conti non tornano. Molti soldi non sono stati spesi. Per quelli spesi, non sono sicure le certificazioni corrette. Il problema di rendicontazione con l’Unione europea alla fine sarà risolto, ma stiamo spendendo male un altro 15 per cento del nostro patrimonio annuale, senza benefici corrispondenti.

Non c’è quindi il ricatto europeo, ma irresponsabilità italiana. La cultura istituzionale ed economica è scarsa, l’informazione e la politica parlano per frasi fatte. Chi ascolta, i cittadini, spesso ripetono le frasi fatte. Quando si parla di temi serissimi, come la sovranità europea, al massimo si discute di Francesco Totti che andrà a Mosca per riempire la propaganda di quel rottame terroristico che è la Russia putiniana. E gli italiani annaspano nelle banalità costruite sui “sentito dire”.

Chi guarda alle cose evidenti, e non attraverso le favole russe raccontate da Marco Travaglio, Lucio Caracciolo e i divulgatori da inguardabili talk-show, sa che l’Italia è uno dei primi obiettivi di un’eventuale guerra russa nel Mediterraneo. Sappiamo anche che non potremo contare sul sostegno americano. Ecco perché dobbiamo dotarci di bilanci seri e capacità difensiva utile per dissuadere chiunque dall’attaccarci. La strada maestra è di farlo proprio insieme al resto dei Paesi europei. Lo predicano correttamente l’ex Capo di Stato Maggiore Camporini e una delle nuove star dell’analisi militare del web, il colonnello in congedo Orio Giorgio Stirpe. Gettare la croce addosso all’Europa è comodo, ma ridicolo. I governi italiani hanno spesso fatto debito per sprecare i soldi. Se stiamo in piedi è grazie all’Europa, quella che c’è e quella sovrana da costruire. Il nostro destino è unirci più strettamente al resto dei nostri connazionali europei, per tenere alta la fiamma della libertà. E con questa battuta sulla fiamma, speriamo almeno di aver conquistato l’attenzione delle persone più accorte del principale partito di governo e del Presidente (maschile) Giorgia Meloni (femminile).

Aggiornato il 28 marzo 2025 alle ore 16:41