
L’attuale situazione internazionale può mettere la parola fine alla globalizzazione?
Chi pensa che tutto sia una ‘costruzione’, un ‘progetto’, o un ‘piano’ lo crede possibile.
Ma piani, progetti e costruzioni politiche e sociali sono tipici delle ‘illusioni’ costruttivistiche. Che l’uomo possa ‘costruire’ una società, un mercato, uno Stato dal nulla o da un’idea che preesiste allo stesso popolo è vanità creatrice: una scemenza.
Nessun movimento politico è forte abbastanza da interrompere un fenomeno sociale diffuso. Lo si può provare a guidare con l’esempio delle alternative, con la proposta di nuove mode o nuove idee, non esaurire per imperio.
La società ha una serie di aspetti economici. La chiamiamo ‘mercato’. Il nome ‘mercato’ è equivalente a quello di ‘società’. L’unica differenza è che quando diciamo ‘mercato’ ci riferiamo all’aspetto utilitario, monetario, pratico della cooperazione sociale. La ragione per la quale esso dà il meglio di sé quando è accompagnato dalla democrazia e dalla libertà, sta proprio nel rispetto dell’individuo, della sua sfera creativa, poetica, o persino nella grettezza cavernicola, se è quello che una persona preferisce. Funziona senza controllo, nella quotidianità. Il mercato e la società sono il prodotto della cooperazione volontaria e libera. Le leggi arrivano dopo. Servono per evitare truffe. Spesso sono usate per creare tasse eccessive sul libero scambio.
La globalizzazione è un altro aspetto della società che ha ormai infranto i confini nazionali e dissolto i limiti internazionali. Società e mercato sono diventati globali grazie alle rapidissime tecnologie di trasmissione dati. Il risultato è che si possono cucinare e mangiare a Roma, Milano, Toronto o Singapore carbonara, hamburger, sushi o tofu al curry senza che nessuno si stupisca. Pecorino, ketchup, alga nori, soia e agar agar sono in tutto il mondo. Se non ci fossero Stati non avremmo polizie e forze armate. Sarebbe probabilmente il regno dei terroristi. Ovviamente, ci teniamo gli Stati perché il terrorismo è un male eccessivo.
Gli Stati sono quindi un ostacolo alla globalizzazione per la loro rigidità, ma ci tutelano dai rischi di violenza senza regole. Per questo si riservano diritto e potere tecnologico sul web e le future varianti di esso. Possono impedire l’uso di programmi, applicazioni e persino bloccare la diffusione di notizie legate a parole chiave. La società per suo conto condivide abitudini. Sugli aspetti estetici e di moda, il mondo globale è irresistibile.
In questo mondo a isole globalizzate, irrompono gli echi del dibattito sul Manifesto di Ventotene, documento fondativo dell’Europa Unita. Nel Manifesto scritto nell’isoletta tirrenica, qualcuno ha individuato un progetto collettivistico. Ovviamente non è così. La parola libertà compare quindici volte in poche pagine. È utilizzata ogni volta che ci possa essere il pericolo che i termini ‘socialismo’ o ‘rivoluzione’ o ‘capitalismo’ possano produrre l’idea di voler perseguire un regime totalitario. Bisogna capire che la cultura dell’epoca faceva vedere nel Portogallo un Paese capitalista ma dittatoriale, per esempio. Quel testo è intriso di critica ai totalitarismi degli anni 30 e 40 del Novecento. Tutti.
Sono le medesime abitudini che la società produce come esito involontario della cooperazione libera, descritte in lingua italiana di buon livello. Grazie a quelle idee che hanno fuso liberalismo, popolarismo, socialismo ci sono stati anni di crescita enorme della popolazione mondiale, e di ricchezza.
Il viaggio umano non finisce. Torniamo ciclicamente a domandarci se ci sia qualcosa di meglio della libertà e del mercato. Non lo sappiamo, perché il futuro è una nebulosa. Non sappiamo nemmeno se sia necessario andare su Marte. Eppure, qualcuno, un uomo sudafricano emigrato in Usa, diventato miliardario grazie a visioni, spregiudicatezza, intuizioni, vuole andarci e nessuno pensa a deportarlo dal Paese ospitante. Anzi, è Elon Musk l’immigrato che non guarda in faccia a nessuno. Ha trovato il modo di non farsi controllare mentre dirige Doge, attraverso il quale controlla l’intero apparato statale statunitense. Doge è un’agenzia incaricata dal Presidente ma privata, si appropria dei dati di tutti i cittadini di un intero Stato. Nessuna istituzione ha competenze per controllare questo microcosmo sotto il ferreo controllo del patron di Tesla. Non sembra nemmeno preoccupato del crollo delle valutazioni della sua società. Al contempo, collabora al rallentamento della cooperazione economica globale. Agisce per Marte e si sabota in casa. Sono i paradossi dei tecnocrati. Non considerano la fondamentale importanza della libertà degli altri.
I dazi americani sono un altro freno alla cooperazione sociale. Non garantiranno agli americani il potere che pretendono. Impediranno il commercio di alcuni beni, faranno nascere nuovi prodotti. Europa e Cina hanno tutta la tecnologia che serve per ignorare la guerra autodistruttiva americana. Anche la guerra dei chip elettronici non sarebbe eterna. Spumante e champagne europei saranno più rari negli States ma saranno sostituiti dai prodotti di Napa Valley. I chip saranno prodotti in quantità sufficiente a Taiwan, Catania, Phoenix o Calcutta, non mancheranno a nessuno.
Quel che mancherà è il fronte euroamericano per ridurre al minimo la diffusione della violenza. Non solo Putin, tra le nazioni che ci assomigliano. Anche Erdogan e altri. I turchi al potere sono protagonisti nelle guerre siriane. In Turchia, per l’ennesima volta, Erdogan smantella un intero partito di opposizione attraverso arresti su larga scala. Il satrapo che vive in una reggia di stato ad Ankara al momento non è toccato da critiche. Ragion di Stato. Ma lui è la stessa faccia dello stesso male che sparge i suoi semi velenosi da Mosca e attecchisce a Washington.
L’Europa democratica reagisce poco, in genere, ma stavolta è pronta ad affrontare la minaccia della stretta russo-americana. Perché?
Perché è una questione vitale. Una volta scoperti i benefici di mercato e pace, il libero scambio di idee, prodotti, denaro, affetti, emozioni, poesie e soprammobili acchiappa polvere, non vogliamo rinunciare al nostro attuale impero basato sull’indolenza di poltrona e ciabatte. Molto più comode delle trincee, come hanno dovuto scoprire gli ucraini, fino a pochi anni fa assolutamente identici a noi, quanto a vita quotidiana.
Il riarmo dell’Europa vale la difesa di casa nostra. Nessun europeo è lusingato dall’idea di essere molto più povero per combattere e dominare con la forza terre altrui. Non siamo russi fermi al diciottesimo secolo.
E abbiamo un alleato: la realtà. Gli effetti ‘costruttivisti’ della politica americana portano dati disastrosi: la ripresa economica statunitense regredisce dal 2,6 per cento all’1,4 per cento del Pil, l’inflazione è in aumento tendenziale, l’occupazione se va bene sarà stabile, ma la deportazione di manodopera ‘straniera’ non porterà all’occupazione di americani. Artigiani, infermieri, autisti, commessi, badanti, bambinaie, colf, sono il tallone d’Achille di qualsiasi economia avanzata, compresi gli Usa. Oltretutto, Trump chiede anche di aumentare la liquidità. La Fed rifiuta. Reazione: un deputato repubblicano chiede di abolire la Fed. Eppure, basta studiare ragioneria a scuola per sapere che un aumento della liquidità oggi, combinata alla politica dei dazi, accenderebbe l’inflazione americana e la renderebbe incontrollabile. Nel mentre, se l’interscambio euro americano crolla, un’enorme porzione del Pil mondiale evapora in Atlantico e si sposterà verso Est.
Gli Usa trattano l’Europa come nemico?
Sì. In realtà, vogliono risistemare il mondo per ottenere condizioni migliori per la loro economia. Ma vogliono farlo a seguito di riconoscimento della potenza. I risultati sono pessimi. Questo atteggiamento non tiene conto del ‘fattore umano’, quello che stabilisce la necessità di educazione e riti per poter dialogare. Le imposizioni creano fratture.
Eppure la Casa Bianca usa la diplomazia, quando vuole. Sul colloquio tra Trump e Putin si omettono gli sgarbi subiti da Trump. Il Presidente americano ha atteso a lungo il ritardo del collegamento con il dittatore russo. Trump come Lukaschenko, da questo punto di vista. Ma lo sgarbo sparisce. Nel comunicato sul dialogo per l’Ucraina si parla di Mar Rosso e Medio Oriente. Segno che Trump è concentrato lì. Vuol dire che dell’Ucraina e dell’Europa non gl’importa. Putin deduce nuovamente di avere mano libera. Rilancia. Sa che Musk vuole avere il monopolio dei razzi lanciatori. Chiede senza dare niente in cambio tecnologia e vettori per Marte.
Sintesi: in Europa nascono le forze armate europee senza politica estera unitaria, in Usa si commettono errori sempre più gravi, in Russia si illudono di avere tutto sotto controllo, in Cina si godono lo spettacolo.
Nel frattempo, in un bar italiano, due coppie di turisti si siedono e chiedono un caffè. Il cameriere chiede: “Ristretto o americano?” I clienti sorridono e ribadiscono: “Ci porti un caffè canadese”. Il cameriere capisce e sorride. La globalizzazione prosegue. E va per suo conto, se i governi pensano di poter usare il potere indiscriminatamente o affermando bugie, possono solo fare danni. La realtà è sempre più forte di chi crede di essere divino.
Aggiornato il 21 marzo 2025 alle ore 10:57