Il socialista Calenda censura la società liberale del confronto

Il socialista, nonché radical chic, Carlo Calenda, eterno naufrago del Pd, che, come un degno personaggio pirandelliano, è sempre in preda a una frenetica, se non grottesca, continua ricerca d’autore e d’identità, peraltro senza alcuna soluzione di continuità, non smette mai di sorprendere per le sue (a dir poco) bizzarre iniziative politiche. Per quanto egli si sforzi di “ripulire” la sua “fedina” politica di socialista, spacciandosi come sedicente liberale, non riesce a negare la sua matrice culturale collettivista e di conseguenza dirigista, tipica della sua natura statalista e antitetica in modo assoluto al liberalismo. Pertanto, nella sua reiterata e insolente blasfemia di autodefinirsi ciò che non è mai stato e continua a non essere, ossia liberale, si diletta a sfornare delle nuove proposte legislative, come quella inerente alla legge definita “Scudo democratico”. L’analisi di questa proposta di legge e del contesto geopolitico in cui si inserisce evidenzia diverse questioni allarmanti per la tenuta dello stato tanto democratico quanto liberale, come ad esempio: il delicato equilibrio tra sicurezza e libertà, il rischio di censura sotto il pretesto di combattere la disinformazione, e l’incertezza su chi possa realmente decidere cosa sia vero e cosa no.

La proposta di legge “Scudo democratico” e i suoi rischi

L’idea di contrastare la disinformazione e le ingerenze straniere nei processi democratici non è nuova, ma la proposta dell’illiberale dirigista Calenda conferma alcuni interrogativi specifici:

1) Comitati di esperti per valutare la manipolazione del consenso: il rischio è che queste valutazioni siano inevitabilmente influenzate da bias politici.

2) Chi garantisce l’imparzialità di questi tecnici?

3) Sanzioni e blocco degli utenti responsabili: definire chi diffonde “disinformazione” è un problema enorme, soprattutto in un’epoca di forte polarizzazione politica.

4) Possibilità di sospendere o annullare elezioni: questa è forse la parte più controversa.

5) Quindi, l’annullamento di un’elezione solamente sulla base di una valutazione ex post significa aprire un precedente pericoloso e decisamente non democratico, che potrebbe minare la legittimità del processo democratico e la libertà in generale.

Il precedente rumeno e il problema della definizione di “disinformazione”

Il caso rumeno mostra quanto sia difficile stabilire criteri oggettivi per valutare la legittimità di un’elezione. Il fatto che la Corte Costituzionale di Bucarest abbia annullato la vittoria di un candidato sulla base di presunte interferenze russe dimostra che questo tipo di decisioni può essere altamente discrezionale e potenzialmente manipolabile.

Il quadro europeo e internazionale

1) La guerrafondaia, discepola (insieme a Mario Draghi) dell’organizzazione socialista “Fabian Society”, Ursula von der Leyen ha paragonato ciò che lei definisce impropriamente disinformazione (ossia le critiche politiche al suo operato) a un virus e proposto il “pre-bunking”, cioè la prevenzione, per contrastare il confronto e il dissenso prima ancora che si diffondano.

2) Ma questo non rischia di trasformarsi in una forma di censura preventiva dittatoriale?

3) Il contrasto tra l’Europa e gli Stati Uniti è evidente: se da un lato Washington critica le derive censorie europee, l’Unione europea persevera nelle sue politiche restrittive del dissenso.

 La questione fondamentale: chi decide cosa è vero?

L’idea di un’autorità che stabilisca la verità oggettiva è problematica e rischia di portare a un paradosso: misure nate per millantare la protezione della democrazia hanno solo l’intento di eroderla.

Il rischio di minare la fiducia nella democrazia

Se i cittadini percepiscono che le regole del gioco vengono cambiate in corsa, la fiducia nelle istituzioni si riduce. In un’epoca di crescente astensionismo e sfiducia nei confronti delle élite, strumenti come lo “Scudo democratico” distruggeranno definitivamente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, aumentando, di conseguenza, la polarizzazione e il sospetto verso il sistema. Al postutto, la proposta di Calenda nasce dalla necessità di delegittimare il dissenso e censurarlo fino al punto di condannarlo, da un lato eliminando tutte le garanzie d’imparzialità e trasparenza assoluta e dall’altro lato utilizzando lo strumento della censura per plasmare e conformare la formale democrazia in sostanziale regime illiberale fondato sul pensiero unico (ossia quello di Calenda e i suoi “compagni” illiberali). Pertanto, siamo in prossimità di una pericolosa deriva esiziale per il sistema non solo democratico, ma soprattutto liberale, in cui certi poteri finanziari vogliono gestire in modo eterodiretto l’opinione pubblica e politica, utilizzando lo strumento del pensiero unico per conformare la cittadinanza tutta alle loro decisioni.

Quis custodiet ipsos custodes? (Giovenale)

Aggiornato il 17 marzo 2025 alle ore 15:07