L’Europa e il riarmo: un passaggio necessario per la sicurezza

Sabato in Piazza del Popolo c’era di tutto: da chi vuole porre fine alla guerra ma si oppone agli sforzi americani per riuscirci a chi vuole sconfiggere la Russia sul campo ma rifiuta ogni politica di riarmo. Quale fosse la proposta, la richiesta o il piano politico alla base della manifestazione, non è dato saperlo. Al di là di un abbondante sventolio di drappi blu stellati e degli immancabili cori “Europa! Europa!”, di concreto non c’è stato nulla. Tanta confusione, tante idee in contrasto, nascoste da una marea di bandiere blu. Che la Russia non possa essere considerata un Paese amico, né una nazione a cui concedere eccessiva fiducia, è ormai un dato di fatto. E questo mette d’accordo anche tutti i mille e più animi della manifestazione “europea” (anche se ad un’altra manifestazione, sempre a Roma, a Piazza Bocca della verità, qualcuno avrebbe da ridire anche su questo). La sua aggressione in Ucraina ha dimostrato la sua capacità di espandere la propria influenza con la forza se necessario, mettendo a rischio non solo l’Ucraina, ma l’intera stabilità dell’Europa. Eppure, se vogliamo davvero raggiungere un accordo di pace, dobbiamo essere pronti a sederci al tavolo delle trattative anche con la Russia.

E gli Stati Uniti lo sanno bene. L’Amministrazione Trump sta lavorando per trovare una soluzione che possa porre fine al conflitto, e l’Europa deve seguirne l’esempio. Non possiamo rimanere spettatori, né tantomeno ostacolare questi sforzi. Ma seguire l’impegno dei nostro alleati americani per la pace non è in contrasto con la necessità di rafforzare le nostre capacità militari. Anzi, è proprio attraverso una maggiore preparazione che l’Europa può guadagnare autorevolezza e contribuire attivamente alla stabilità globale. Investire nella difesa non significa rinunciare alla diplomazia, ma garantirle il supporto necessario per essere efficace. Perché non ci si siede al tavolo da pari se si è deboli. Ed è proprio questo che oggi divide l’opinione pubblica, la stessa che sabato si è ritrovata sotto lo stesso palco. La convinzione errata che investire nel settore della difesa, ridurre il nostro gap militare con i nostri alleati d’oltreoceano e assumersi maggiori impegni sul nostro territorio equivalga automaticamente a un passo verso la guerra. Non è così. Non cadiamo nella retorica pacifista che dipinge la spesa militare come pericolosa. Questa visione è fuori dalla realtà e rischia di indebolire irrimediabilmente la nostra posizione nel mondo. Le grandi potenze intorno a noi si stanno armando.

La Russia ha portato la sua spesa militare a un livello record nel 2024, raggiungendo circa 145 miliardi di dollari, pari al 6,7 per cento del Pil. La Cina ha aumentato il suo budget per la difesa del 7,2 per cento, arrivando a circa 231 miliardi di dollari. L’Iran, pur con un incremento più modesto, continua a investire nelle proprie capacità militari. Di fronte a questa realtà, l’Europa non può restare indietro. Anche all’interno della Nato il tema della spesa militare è cruciale. L’Italia, ma anche altri Paesi europei, non rispetta l’impegno di destinare almeno il 2 per cento del Pil alla difesa. Mentre altri Stati, più vicini alla Russia e più consapevoli del rischio, stanno investendo massicciamente nelle proprie forze armate, noi restiamo indietro. E questo è un problema non solo per la nostra sicurezza, ma anche per il nostro ruolo all’interno della Nato. L’Europa non può più continuare a sfruttare gli sforzi degli Stati Uniti senza impegnarsi attivamente per la stabilità della propria ragione. La nostra libertà e la nostra democrazia non possono essere date per scontate. Gli investimenti nella difesa non sono strumenti di aggressione, ma di deterrenza. Sono il prezzo da pagare per garantire la sicurezza dei nostri cittadini e per avere un ruolo autorevole nelle decisioni internazionali. Se non siamo disposti a fare questo sacrificio, rischiamo di trovarci vulnerabili, non solo di fronte alla Russia, ma anche ad altri attori destabilizzanti.

Un’Europa sicura non è solo un’Europa ben difesa, ma anche un’Europa capace di far valere la propria voce nel mondo. Se vogliamo essere protagonisti nelle trattative di pace, se vogliamo che le nostre scelte abbiano un peso, dobbiamo dimostrare di essere pronti a difendere i nostri valori e il nostro futuro. La sicurezza non è mai gratuita, e la pace che desideriamo può essere raggiunta solo se siamo in grado di proteggerla. Non si tratta solo di aumentare la spesa militare, ma di costruire una forza credibile. Una difesa solida non è un simbolo, ma una vera garanzia di sicurezza. Se vogliamo garantire un’Europa stabile e pacifica, dobbiamo essere pronti a fare ciò che è necessario, senza compromessi. Un’Europa forte è un’Europa sicura. Un’Europa debole è un’Europa irrilevante. Noi dobbiamo decidere da che parte stare.

Aggiornato il 17 marzo 2025 alle ore 12:31