![La miopia dei “giusti”](/media/8310124/negrotti-politi-a-1.jpg?crop=0.047936800122718191,0,0.065232397606994952,0.022089277496548571&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=133836584910000000)
Sul caso Almasri si incrociano e si scontrano prospettive ideologiche di varia natura, dal pragmatismo di Machiavelli all’etica politica del puritanesimo. I suggerimenti del pensatore fiorentino insistevano sulla necessità che, per prudenza, il Principe tenesse ad ogni costo sotto riservatezza le informazioni più cruciali per il mantenimento del proprio potere mentre la politica, in chiave puritana, assume il carattere di un’attività rigorosamente sottoposta ai principi morali. Ce n’è abbastanza per capire che si tratta di tradizioni di pensiero difficilmente conciliabili in termini filosofico-politici definitivi. Si deve però considerare che, da almeno due secoli, la visione pragmatica ha preso il sopravvento a causa degli oggettivi rischi ai quali andrebbe incontro una rigida premessa etico-politica in un mondo caratterizzato non solo da diverse religioni, spesso fra loro in conflitto, ma da una intricata varietà di interessi nazionali che non raramente veicolano persino attività criminali. Riconoscendo, in tal modo, la differenza che sussiste fra la morale individuale e quella di un Governo il quale, alle prese con situazioni che, se non risolte, potrebbero portare a seri danni collettivi, decide prescindendo dalla morale immediata o, se si preferisce, assecondando il male minore per evitare quello maggiore.
In base a tutto questo la protesta delle opposizioni alla decisione del Governo di rispedire Almasri in Libia assume una fisionomia non solo ambigua ma anche grottesca. La difesa della decisione governativa da parte dei ministri dell’Interno e della Giustizia può presentare aspetti lacunosi e forse imbarazzati e ciò si può spiegare con la natura eccezionale dell’evento in discussione. Ma la posizione del Partito democratico e della sinistra in generale appare davvero sconcertante, a metà strada fra una ingenuità di maniera e una spregiudicata ricerca di consenso per conseguire il quale ha adottato, persino in Parlamento, le tecniche più banali e squallide e, quel che più conta, senza nemmeno lontanamente lasciare intendere cosa si sarebbe dovuto fare. Soprattutto, con quali probabili conseguenze da chiarire e prospettare agli italiani. Nel migliore dei casi si è trattato di una manifestazione di ingenuo puritanesimo: c’è un criminale di passaggio? Si deve arrestare. Chiunque, nei bar, ragiona così, fino a quando non gli costa nulla. Però se i nostri interessi, umani ed economici, in Libia, ne soffrissero gravemente di chi sarebbe la colpa? Si vedrà, ma, intanto, avremo fatto ciò che in coscienza andava fatto. Come dire: bande di terroristi hanno rapito un italiano e chiedono un riscatto? Non se ne parla, perché è immorale pagare dei criminali con i soldi dei contribuenti.
A questo punto c’è stato chi, ipocritamente, ha dichiarato che, se il Governo avesse posto il segreto di Stato invece che cercare appigli giuridici, dopo la scarcerazione di Almasri da parte della Corte d’appello di Roma, la polemica non ci sarebbe stata. In realtà la polemica sarebbe stata assai più accesa e una simile decisione sarebbe stata descritta come l’ennesima prova dell’autoritarismo del Governo e della sua propensione a contrastare la libertà di informazione. In definitiva anche in questa occasione la sinistra attuale ha mostrato la propria pochezza in fatto di collaborazione di fronte a casi molto critici, qualità allegramente buttata sul rogo di un livore che nulla ha a che spartire con il bene comune. Pronta, al contrario, a mettere a repentaglio i nostri più diversi interessi umani e strategici e prontissima a dare colpa anche di questa eventualità ad un Governo che proprio non riesce a digerire.
Insomma: una vera questione di pancia.
Aggiornato il 10 febbraio 2025 alle ore 10:54