![L’anti-trumpismo militante Ue si sgretola sull’immigrazione](/media/8310060/arzilla.jpg?crop=0.040369711450446162,0,0.21279062671629959,0.023616281198511242&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=133834081090000000)
Ue al traino di Zio Sam (e sai che novità). A Washington il vento è cambiato, e l’anti-trumpismo militante dell’Europa, al netto della guerra dei dazi, è prossimo a implodere. Contrordine, dunque: l’immigrazione è un problema (soprattutto se ti fa perdere consensi). E siccome The Donald ha osato, le cancellerie europee hanno ora il pretesto per cavalcare la tigre, e respingere i barconi. Soprattutto se servirà a respingere anche la nuova ondata populista. Per allontanare l’estrema destra, dicono, bisogna cominciare a pensare come loro, e batterli proprio sul loro terreno, l’immigrazione, e dimostrare di essere più realisti del re. Ma per agire hanno dovuto, in qualche modo, aspettare che aria tirasse al 1600 di Pennsylvania Avenue. E quindi, delle due l’una: o questa Ue non riesce proprio a pensare con la propria testa (e allora addio sogni di gloria, ma del resto l’utopia degli Stati Uniti d’Europa – Use? con testate nucleari proprie? con il permesso degli yankee? – che cos’era se non uno scimmiottare grossolano dell’amico americano?) o su certi temi sensibili non hanno comunque il coraggio di mettersi in proprio (e adesso vediamo come si mettono con l’Ucraina), dando quantomeno sempre la sensazione di dover attendere le “mosse” dall’alleato per agire di conseguenza.
E così dopo l’Italia, che si è portata avanti con il lavoro quando Trump era ancora un impiccio per il cosiddetto deep State, ora anche le presunte democrazie liberali a Berlino, Parigi, Londra e perfino a Bruxelles (in questo caso intesa come capitale del Belgio e non come sede Ue) si interrogano sulla gestione dei flussi, mettendo per un attimo da parte il dogma dell’inclusività. Al di là dei tatticismi più o meno elettorali, i tabù si rompono. E a sinistra non hanno più neanche la forza d’insorgere. In Germania la Cdu rompe gli argini e vota insieme ad Alternative für Deutschland una legge che inasprisce la politica migratoria. Senza rimorsi né rimpianti. Leggete qua: “Ci chiedono se sia stata una buona idea votare questa legge sull’immigrazione alla vigilia delle elezioni. Io credo che la domanda cruciale sia un’altra: dobbiamo davvero lasciare da parte delle misure assolutamente necessarie, solo perché anche le persone sbagliate pensano di avere ragione? Attualmente stiamo sperimentando una nuova dimensione di brutalità”. Un bambino “è stato pugnalato a morte (aggressione imputata a un afghano irregolarmente residente in Germania, che ha scioccato l’opinione pubblica, ndr.), è giunto il momento di agire. Le persone sono stanche di tante chiacchiere. Vogliamo rendere il Paese di nuovo più sicuro. E per questo abbiamo ricevuto un grande sostegno da parte della popolazione”. Parole e musica di Carsten Linnemann, segretario generale dei cristiano democratici, intervistato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung. La Cdu, con il suo leader Friedrich Merz, assicura che non lavorerà mai con AfD: l’obiettivo è semplicemente prendere il potere “da destra”, togliendo argomenti all’estrema destra, “usando” l’immigrazione per (ri)accreditarsi come partito di governo, puntando tutto sul tema della sicurezza e della legalità.
In Francia (con Emmanuel Macron che pensa addirittura a un referendum sull’immigrazione, ipotesi a cui si è detto “favorevole” il ministro dell’interno Bruno Retailleau, nonostante la Costituzione non preveda la possibilità di interrogare i transalpini sulla questo tema), ci ha messo la faccia direttamente il primo ministro François Bayrou: “I contributi stranieri sono positivi per un popolo, a patto che non superino una certa quota. Quando, però, ti senti sopraffatto; quando non riconosci più il tuo Paese, il suo stile di vita o la sua cultura, da quel momento hai il rifiuto”. Una soglia, precisa il capo del governo, che non è ancora stata superata, anche se “ci stiamo avvicinando”, e “in ogni caso è in questa zona che ci troviamo”, poiché “un certo numero di città o regioni hanno già questo sentimento”. Parole che la gauche ha definito “indegne per un primo ministro”, accusato utilizzare gli stessi argomenti di Éric Zemmour in campagna elettorale.
In Belgio, la nuova coalizione di centrodestra guidata dal fiamminghissimo Bart De Wever, leader della N-VA (Nieuw-Vlaamse Alliantie, Nuova alleanza fiamminga) ha vinto le elezioni – e trovato l’accordo di coalizione dopo 236 giorni di trattative – puntando tutto sull’inasprimento generale delle condizioni per ottenere il permesso di soggiorno, una politica che farà risparmiare alle casse dello stato 1,6 miliardi. Pur mantenendo l’obbligo di fornire alloggio a tutti i richiedenti protezione internazionale durante l’esame della loro domanda, il Belgio diminuirà gradualmente le sue capacità strutturali di ricevere i richiedenti asilo. L’idea centrale del nuovo governo è di ridurre strutturalmente gli arrivi a monte, lavorando in sede Ue per sostenere un patto europeo sulle migrazioni più severo. Una volta ridotti gli arrivi, si tratterà poi di limitare il numero dei posti di accoglienza. L’imperativo di De Wever è scoraggiare i migranti dall’idea di vedere nel Belgio una possibilità di riscatto. Le campagne di deterrenza rivolte ai richiedenti asilo saranno intensificate e modernizzate, assicura l’Esecutivo. La procedura di registrazione delle domande di asilo “sarà resa più rigorosa”.
In Gran Bretagna, secondo l’ultimo sondaggio di YouGov, Reform Uk, il partito di Nigel Farage è in testa con il 25 per cento dei consensi, davanti a laburisti (24) e conservatori (21). Una novantina di parlamentari laburisti, preoccupati di perdere il seggio, stanno implorando i vertici del partito di cambiare registro sull’immigrazione. Comunicare meglio ai cittadini quello che si sta facendo in termini di accoglienza e asilo, grazie ai progetti infrastrutturali e alla qualità dei servizi sociali, non basta. Occorre comunicare ancora meglio e rassicurare sul contrasto a una certa deriva migratoria che sta sfuggendo di mano, e che sta creando il malcontento di molti inglesi, che chiedono ancora più controlli e severità (nei primi 7 mesi di governo laburista i rimpatri sono stati 13.500). Bastone e carota dunque, per confermare nella fede l’elettorato storico e togliere a Reform UK l’esclusiva securitaria della lotta all’immigrazione clandestina, intercettando l’elettorato apolide arrabbiato col mondo.
La sfida è seria, la preoccupazione evidente. A tal punto che una delegazione laburista, fa sapere il Guardian, sta preparando una missione in Germania per “capire cosa possono imparare dall’ascesa di AfD”, osservato specialissimo alle prossime elezioni (anticipate) del 23 febbraio. Anche l’Inghilterra laburista è obbligata a spostarsi a destra. Per restare al potere, reincanalare la protesta e togliere linfa vitale ai populisti. Come fece il liberale Mark Rutte, quando nel 2021 vinse le elezioni in Olanda proprio rassicurando l’elettorato che avrebbe dato una stretta sull’immigrazione, di fatto, disinnescando il Pvv di Geert Wilders.
Aggiornato il 07 febbraio 2025 alle ore 13:21