Il ritorno del confronto ideologico e come ripensare l’azione politica nel XXI secolo

Nel 1989, Francis Fukuyama proclamava “la fine della storia”, teorizzando che con la caduta del muro di Berlino l’umanità avesse raggiunto il punto finale della sua evoluzione sociopolitica. La democrazia liberale e l’economia di mercato sembravano destinate a diffondersi inesorabilmente in tutto il globo, segnando l’epilogo delle grandi contrapposizioni ideologiche che avevano caratterizzato il XX secolo. Tuttavia, gli eventi degli ultimi decenni hanno drammaticamente smentito questa visione ottimistica. La storia non solo non è finita, ma ha ripreso a correre con un’intensità che ha colto impreparato l’intero Occidente. Come osserva Robert Kagan, “il mondo è tornato ad essere normale”, dove per “normale” si intende un sistema internazionale caratterizzato da competizione tra potenze, conflitti ideologici e scontri di civiltà. Questa accelerazione della storia si manifesta in molteplici fenomeni: il ritorno della guerra nel cuore dell’Europa con il conflitto russo-ucraino, l’emergere della Cina come potenza globale che sfida apertamente l’egemonia americana, le crescenti tensioni in Medio Oriente, la crisi della democrazia liberale in Occidente, l’avvento di nuove tecnologie che rivoluzionano gli equilibri sociali ed economici.

Per comprendere le diverse reazioni a questa nuova fase storica, è fondamentale una breve incursione su due concezioni filosofiche della storia che ancora oggi plasmano il pensiero politico: quella kantiana e quella hegeliana. Immanuel Kant sviluppa la sua filosofia della storia partendo da presupposti illuministici. Nel saggio Per la pace perpetua e in Idea per una storia universale in prospettiva cosmopolitica, Kant delinea una concezione della storia come progressivo avvicinamento dell’umanità a ideali morali universali e necessari. Per Kant, esistono verità morali a priori, indipendenti dalla storia e dall’esperienza. L’imperativo categorico (“agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una legislazione universale”) rappresenta una legge morale assoluta che trascende ogni contingenza storica. La storia, secondo questa visione, deve essere giudicata e orientata in base a principi razionali universali. Kant teorizza un progresso morale dell’umanità che, attraverso l’uso della ragione, si avvicina gradualmente alla realizzazione di questi ideali: la pace perpetua, il diritto cosmopolitico, la federazione mondiale di Stati repubblicani. Gli eventi storici vanno quindi valutati in base alla loro conformità a questi principi universali. Georg Wilhelm Friedrich Hegel propone, invece, una concezione radicalmente diversa che sviluppa una visione immanentistica dove la verità non è un ideale astratto ma si realizza nella storia stessa. Per Hegel, “tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale”.

Questo significa che la realtà storica non deve essere giudicata in base a principi esterni a essa, ma compresa nella sua razionalità intrinseca. La storia è il processo in cui ogni momento ha la sua necessità e la sua verità. I conflitti, le contraddizioni, persino le guerre non sono “errori” da correggere ma momenti necessari dello sviluppo storico: “La storia del mondo è il tribunale del mondo”. Queste due concezioni filosofiche si traducono oggi in due modi profondamente diversi di interpretare e affrontare la realtà politica, che caratterizzano rispettivamente la sinistra e la destra contemporanee. La sinistra contemporanea, erede della tradizione kantiana, tende a giudicare la realtà in base a principi universali considerati non negoziabili: i diritti umani, l’uguaglianza, la giustizia sociale, la sostenibilità ambientale. Questo approccio si traduce in una politica che cerca di “piegare” la realtà agli ideali, di trasformare il mondo secondo principi razionali. Tale visione si manifesta in politiche che privilegiano:

1) La promozione dei diritti umani come criterio fondamentale delle relazioni internazionali.

2) L’idea di una governance globale basata su regole universali.

3) Le politiche migratorie fondate sul diritto d’asilo e sull’accoglienza.

4) Le politiche economiche che cercano di correggere le disuguaglianze generate dal mercato.

5) Le politiche ambientali che subordinano gli interessi economici alla sostenibilità.

La destra contemporanea, più vicina alla visione hegeliana, adotta un approccio “realista” che accetta la realtà storica come fondamento dell’azione politica. Seguendo la lezione di Niccolò Machiavelli – che può essere visto come un precursore di questo approccio – la destra tende ad adattare la politica alla realtà piuttosto che cercare di trasformare la realtà secondo ideali astratti. Questo si traduce in:

1) Una visione “realista” delle relazioni internazionali basata sul primato degli interessi nazionali.

2) L’accettazione della competizione tra potenze come dato naturale della politica internazionale.

3) Le politiche migratorie che privilegiano il controllo dei confini e la protezione dell’identità nazionale.

4) Le politiche economiche che accettano le disuguaglianze come risultato naturale della competizione.

5) Un approccio pragmatico alle questioni ambientali che bilancia sostenibilità e interessi economici.

È importante notare che questa distinzione non implica un giudizio di valore: entrambi gli approcci hanno i loro meriti e i loro limiti. La visione kantiana può peccare di astrattezza e utopismo, ma fornisce ideali necessari per il progresso morale dell’umanità. La visione hegeliana può apparire cinica, ma offre strumenti per comprendere e navigare la complessità della realtà storica. La contrapposizione tra la visione kantiana e quella hegeliana, tra trascendenza e immanenza, tra l’ideale che dovrebbe guidare la storia e la storia che si fa portatrice di una sua propria verità, rappresenta uno dei nodi teoretici fondamentali del pensiero occidentale. Tuttavia, questa apparente dicotomia può essere superata attraverso una comprensione più profonda della relazione tra essere e divenire, tra verità eterne e manifestazioni storiche. La verità, nella sua essenza più profonda, non può essere ridotta né a un mero ideale astratto né alla pura immanenza del divenire storico. Essa si manifesta piuttosto nella tensione costante tra questi due poli, nella loro necessaria e ineludibile complementarità. Gli ideali trascendenti, lungi dall’essere mere astrazioni, si incarnano necessariamente nelle contingenze storiche, mentre la realtà effettuale, per essere veramente compresa, necessita di essere illuminata dalla luce di principi che la trascendono.

Questa comprensione ha implicazioni decisive per l’azione politica contemporanea. Un’autentica prassi politica non può permettersi né il lusso di un idealismo astratto che ignori la concretezza del reale, né l’abbandono a un realismo cinico che rinunci a ogni orizzonte valoriale. La vera politica consiste proprio nella capacità di tenere insieme questi due momenti in una sintesi dinamica e sempre rinnovata. L’azione politica deve quindi configurarsi come un continuo dialogo tra l’eternità dei principi e la contingenza delle situazioni storiche. I valori universali non sono mere astrazioni da imporre alla realtà, ma principi che devono incarnarsi nelle concrete circostanze storiche, modellandosi su di esse senza per questo perdere la loro validità trascendente. Allo stesso modo, la comprensione della realtà effettuale non può ridursi a mero pragmatismo, ma deve essere guidata da un orizzonte di senso che la trascende e le conferisce significato. In questo senso, la vera sfida del pensiero politico contemporaneo non è quella di scegliere tra idealismo e realismo, tra Kant e Hegel, tra destra e sinistra, ma di comprendere come questi apparenti opposti siano in realtà momenti complementari di una verità più profonda. Una verità che si manifesta proprio nella tensione tra l’eterno e il temporale, tra l’immutabile e il diveniente, tra l’ideale e il reale. Solo attraverso questa consapevolezza è possibile elaborare una politica che sia all’altezza delle sfide del nostro tempo. Una politica che sappia essere insieme realista e idealista, che riconosca tanto la durezza del reale quanto la necessità di principi che lo trascendano. In ultima analisi, la vera politica consiste proprio in questa capacità di mediazione tra l’eterno e il temporale, tra l’universale e il particolare, tra l’ideale e il reale. Una mediazione che non è mai data una volta per tutte, ma che deve essere continuamente ricercata e rinnovata nella concretezza delle situazioni storiche, nella consapevolezza che la verità non si esaurisce né nell’uno né nell’altro termine, ma vive della loro necessaria e ineludibile relazione.

(*) La fine della storia e l’ultimo uomo di Francis Fukuyama, traduzione di Delfo Ceni, Utet 2020, 568 pagine, 18,05 euro

Aggiornato il 29 gennaio 2025 alle ore 16:08