“Il percorso dell’Ucraina verso l’ingresso nell’Alleanza è irreversibile”. È quanto si legge dichiarazione finale del summit Nato a Washington. Per ora non è stata fissata una data dell’adesione. Un fatto è certo. “Il futuro dell’Ucraina è nella Nato”, si legge nel documento. I leader del patto accolgono “con favore i progressi concreti compiuti dal Paese dopo il vertice di Vilnius riguardo alle necessarie riforme democratiche, economiche e di sicurezza”. Tuttavia, la Nato precisa che “sarà in grado di estendere un invito a Kiev ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”. I leader della Nato hanno poi deciso di designare un rappresentante speciale per il fianco Sud. Lo conferma la dichiarazione finale senza tuttavia precisare il nome. Nel documento si legge anche che, insieme alla Giordania, “abbiamo deciso di aprire un ufficio di collegamento con la Nato ad Amman”. L’Italia è “in prima linea a difesa degli alleati orientali” ma “non possiamo essere lasciati soli nella difesa del fronte Sud dell’Alleanza. È ugualmente fondamentale nel contesto della minaccia ibrida e globale che affrontiamo”. È uno dei messaggi della premier Giorgia Meloni al vertice.
La “designazione di un rappresentante speciale per il Sud, è una buona notizia e un punto di partenza. L’Italia continuerà a lavorare affinché, nell’interesse di tutti, le nostre priorità siano adeguate a un mondo che sta cambiando”, ha aggiunto la premier. “Continuare a sostenere la legittima autodifesa dell’Ucraina, e con essa il rispetto del sistema internazionale, senza il quale vivremmo tutti una stagione di caos. Il sostegno italiano continuerà, ma deve essere mirato ed efficace, allo stesso tempo evitando duplicazioni, perché 96 cittadini dell’Unione europea su 100 sono anche cittadini di una nazione della Nato e il bilancio nazionale al quale attingiamo è sempre lo stesso”, ha sottolineato Meloni. La sfida è con Spagna e Francia. Con Francia, Germania e Polonia l’Italia firmerà oggi una lettera di intenti sul cosiddetto Elsa (European Long-Range Strike Approach) che “mira a migliorare la nostra capacità, come europei, di sviluppare, produrre e fornire capacità nel campo degli attacchi a lungo raggio, che sono estremamente necessarie per scoraggiare e difendere il nostro continente”, ha spiegato l’ambasciata francese. La premier firmerà inoltre la dichiarazione finale del summit che impegna l’Italia a fare la sua parte anche nel fondo di 40 miliardi per Kiev: una quota di circa 1,7 miliardi, superiore a quella versata ogni 12 mesi nei primi due anni di guerra. Una cifra che – da quanto si apprende – ha sollevato preoccupazioni in alcuni membri del governo, compreso Crosetto. Ma l’impegno sarà politico, e non giuridicamente vincolante, consentendo a Roma di gestirlo in modo flessibile.
“L’Italia è oggi in grado di annunciare che la traiettoria della spesa per la difesa nel 2024 è in aumento. Il 2 per cento è tra i nostri obiettivi, ma non è l’unico. Dobbiamo anche lavorare a un’industria della difesa innovativa e competitiva, che tragga vantaggio dalla complementarità tra Nato e Ue”, ha anche detto Meloni al vertice della Nato. Per arrivare al traguardo del 2 per cento del Pil (pari oggi a poco più di 40 miliardi di euro), il Governo Meloni, come preannunciato dal ministro della Difesa Guido Crosetto a Washington, intende chiedere alla prossima Commissione Ue di scorporare gli investimenti militari dal nuovo patto di stabilità licenziato dall’Europa, che li considera come “fattore rilevante” ai fini delle procedure per deficit eccessivo. Rappresentano cioè una sorta di “sconto” per i Paesi che sforano il tetto di deficit al 3 per cento. In tal modo già nel giro di un anno si potrebbe passare dall’1,46 per cento del 2023 (in valore assoluto circa 29 miliardi) all’1,6 per cento, per incrementare poi la percentuale sino al 2 per cento. Un impegno, ha assicurato la premier, cui l’Italia “terrà fede”.
Ma, ha avvisato, “ovviamente con i tempi e le possibilità che abbiamo” e considerando anche “l’impegno complessivo del Paese nella Nato”, dove siamo “tra i maggiori contributori di personale in quasi tutte le missioni e le operazioni di pace” (secondo alcune stime si tratterebbe di 1,825 miliardi, con un aumento di 800 milioni sul 2023). Cruciali quindi il peso negoziale della Meloni con la prossima Commissione – con l’incognita del suo voto sull’Ursula bis – e la resistenza del vicepremier Matteo Salvini ad un aumento delle spese militari, soprattutto se indirizzate a Kiev. Ma sul secondo punto il ministro degli Esteri Antonio Tajani da Washington ha escluso tensioni o veti, ribadendo la ferma collocazione euroatlantica dell’Italia, il sostegno all’Ucraina “senza se e senza ma” e “l’impegno di procedere verso l’obiettivo del 2 per cento, anche se non si può raggiungere immediatamente”.
Gli Stati Uniti hanno annunciato che i jet F16 promessi sono già partiti, dalla Danimarca e dai Paesi Bassi, ed entro l’estate saranno operativi sui cieli di Kiev per respingere gli attacchi della Russia. Una garanzia per Volodymyr Zelensky, presente nella capitale americana anche se non al vertice, assieme agli oltre 40 miliardi di euro in assistenza finanziaria e alla sicurezza che gli alleati dell’Alleanza atlantica sono pronti ad assicurargli nel prossimo anno. Il padrone di casa Joe Biden, che conta sul vertice per i 75 anni della Nato anche per voltare pagina e convincere partner ed americani di essere pronto a guidare gli Stati Uniti per un secondo mandato, ha assicurato che Kiev “può e fermerà Vladimir Putin”, mentre il segretario di Stato Antony Blinken ha sottolineato che l’invio dei jet è un segnale al leader del Cremlino. Zelensky prima ha espresso soddisfazione, poi parlando alla Reagan Foundation ha incalzato che di “F16 ne servono almeno 128 per eguagliare la Russia nei cieli”.
Il segretario uscente dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, ha detto di essere convinto che da questa tre giorni nella capitale americana arriveranno “aiuti sostanziali” a Kiev, frutto di un piano elaborato da mesi per garantirle l’assistenza a lungo termine dell’Occidente, anche in caso di un eventuale cambio di leadership alla Casa Bianca. E anche il neo premier britannico Keir Starmer, al suo debutto internazionale, ha assicurato a Zelensky il sostegno “incrollabile” del Regno Unito, come d’altra parte la premier italiana Giorgia Meloni, che ha promesso un secondo sistema difensivo Samp-T. Un fronte compatto quindi quello formato dai 32 leader riuniti a Washington, almeno per quanto riguarda l’assistenza militare. Altra questione è l’adesione alla Nato, su cui alcuni Paesi hanno ancora delle riserve per il rischio che comporterebbe avere un partner quasi sempre in conflitto con una potenza nucleare come la Russia. C’è un accordo di massima “sull’irreversibilità” sul processo di adesione – “il futuro di Kiev è nella Nato”, si legge nel documento finale – ma non c’è ancora una data. I leader del patto accolgono “con favore i progressi concreti compiuti dal Paese dopo il vertice di Vilnius riguardo alle necessarie riforme democratiche, economiche e di sicurezza”, si sottolinea.
Tuttavia, la Nato precisa che “sarà in grado di estendere un invito a Kiev ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”. Segno che tra i 32 Paesi membri non c’è ancora un’intesa. Quello che, invece, è stato esplicitato nella dichiarazione, è l’ennesimo monito alla Cina ad interrompere il suo sostegno a Mosca. Pechino, in quanto membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu, “deve smettere qualsiasi forma di sostegno politico e materiale” al Cremlino, si legge nella bozza nella quale si sottolinea inoltre che il Dragone “costituisce un pericolo per l’Europa e la sicurezza”. Nella dichiarazione finale sono nominati anche gli altri nemici del patto, dalla Corea del Nord all’Iran. E viene designato un inviato del sud per il Medio Oriente e per l’Africa: una buona notizia per Roma, anche se per il momento non ci sono nomi. A proposito della designazione di un rappresentante speciale per il Sud, Antonio Tajani ha lanciato la candidatura proprio dell’Italia per ricoprire questo ruolo, mettendo a disposizione “nomi di alto livello”.
A margine dei lavori del vertice, Giorgia Meloni ha avuto un bilaterale con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, con cui ha parlato anche di migranti. Poi il ritorno al St Regis, cambio d’abito e di corsa alla Casa Bianca per la cena di gala offerta dal presidente Joe Biden, che l’ha accolta con il consueto calore, cingendola nella foto di rito con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Alla fine di una giornata di lavori, oltre alla cena offerta da Biden e dalla First Lady Jill alla Casa Bianca, una è stata offeerta da Blinken per i ministri degli Esteri e infine quella dei ministri della Difesa con il capo del Pentagono Lloyd Austin. La pressione è alta sul commander-in-chief, che vuole approfittare di tutte le occasioni a sua disposizione in questi tre giorni per dimostrare in patria e all’estero di non essere l’81enne fragile e confuso degli ultimi tempi. Anche tra i leader stranieri presenti a Washington, infatti, dopo il disastroso dibattito televisivo, è aumentato lo scetticismo sulle sue capacità di leadership e, soprattutto, sulla sua forza di battere Donald Trump – non certo un amico dell’Alleanza – mentre in casa Biden è stato mollato persino dalla storica alleata, e coetanea, Nancy Pelosi. Per non parlare del colpo sferrato dall’attore-regista di fede democratica, George Clooney, che lo ha invitato a farsi da parte. “Noi siamo amici degli Usa indipendentemente da chi è stato, è o sarà il presidente degli Usa”, ha messo in chiaro, in un punto stampa, il Antonio Tajani. “Siamo stati amici degli Stati Uniti con Bush, con Reagan, Clinton, Obama, Trump, Biden. Il nostro è un rapporto con gli Stati Uniti e guai se fossimo amici a correnti alternate”.
Aggiornato il 11 luglio 2024 alle ore 13:42