La magistratura riformata secondo il nuovo Dl costituzionale

Ab illo tempore ho sempre sentito da parte dell’opinione pubblica in generale e da parte della politica in particolare disquisire e discutere riguardo a come risolvere la questione della riforma dell’organo costituzionale della magistratura senza soluzione di continuità, perché in realtà nessun Esecutivo ha mai provato fattivamente a risolvere l’annoso problema. La situazione è rimasta così stagnante fino a quando l’attuale Governo, con il suo ministro della Giustizia Carlo Nordio, non ha osato agire concretamente presentando un Disegno di legge in cui, senza mezzi termini, si è proposta una modifica radicale dell’assetto dell’organo costituzionale più garantito (forse anche troppo in rapporto all’equilibrio fra tutti i poteri dello Stato) dai padri costituenti. Invero, a causa dell’esperienza storica alquanto negativa del ventennio fascista, la magistratura, nella stesura della Costituzione, fu particolarmente tutelata e forse anche resa estremamente autonoma nelle definizioni costituzionali dei poteri alla stessa attribuiti. Fintanto che la politica ricopriva un ruolo operativo fondamentale nell’esercizio delle sue funzioni, la sproporzionalità dei poteri e dell’autonomia della magistratura nell’esercizio del suo potere giudiziario, in rapporto al potere legislativo del Parlamento e del potere esecutivo del Governo, non emerse.

Quando però il fenomeno di “Tangentopoli” ridimensionò la politica e i partiti che la rappresentavano, a quel punto la magistratura ricoprì quel vuoto di potere (molto spesso anche con un’eccesiva mania di protagonismo) che il penta-partito (Dc-Psi-Pri-Pli-Psdi) aveva lasciato con tutti i processi giudiziari che portarono a svariati arresti e anche suicidi di alcuni componenti della classe dirigente politica. Le indagini che venivano annunciate sui principali giornali nazionali, ancor prima che gli stessi indagati fossero informati tramite l’informazione di garanzia, furono sconcertanti. Un caso eclatante avvenne durante il G7 di Napoli del 1994, quando il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi venne a conoscenza di essere indagato da un articolo del Corriere della Sera mentre presiedeva il consesso internazionale, con tutto il conseguente disagio che determinò. Negli anni si sono succeduti eventi del genere, molto spesso prima dello svolgimento delle elezioni. Molte di queste indagini si sono risolte con l’archiviazione e molte imputazioni con l’assoluzione, ovviamente a distanza di anni (dati i tempi infiniti dei processi nostrani), con carriere politiche e vite e famiglie distrutte. Per non parlare degli errori divenuti poi orrori giudiziari che hanno letteralmente annientato psicologicamente e fisicamente imputati che in seguito sono stati riconosciuti innocenti e senza che i magistrati responsabili pagassero per ciò che avevano causato: un caso fra tutti fu quello del grande signore Enzo Tortora. Per tutti i succitati motivi e non solo, i diversi Governi succedutisi hanno sempre provato a compiere un’epocale riforma costituzionale della magistratura, ma per motivi di timori e di riverenza nei confronti della magistratura e di contrasti interni alla propria maggioranza ciascun Governo non è mai riuscito a realizzarla. Lo stesso Silvio Berlusconi, sia al Governo che dall’opposizione, provò più volte nell’impresa, ma il suo conflitto di interessi e le svariate indagini e imputazioni a suo carico trattenerono i suoi alleati nell’assecondarlo pienamente.

Il Disegno di legge del Governo Meloni proposto dal ministro della Giustizia Nordio presenta dei cambiamenti storici da un punto di vista costituzionale e che, di seguito, cercherò di riassumere in modo efficace evidenziando in grassetto le diverse modifiche semantiche dei vari articoli della Carta costituzionale. La prima modifica riguarda l’articolo 87 della Costituzione, il quale stabilisce le attribuzioni del presidente della Repubblica e che secondo quanto stabilito all’articolo 1 del Disegno di legge costituzionale in oggetto cambierebbe nel modo di seguito riportato: “Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica”.

Come si evince palesemente dalle modifiche evidenziate, con tale riforma ci sarebbe la tanto agognata divisione delle carriere in magistratura giudicante e magistratura requirente, con due rispettivi Consigli superiori della magistratura, ovviamente entrambi sempre presieduti dal presidente della Repubblica. L’altra modifica è prevista all’articolo 2 dello stesso Disegno di legge e riguarda l’articolo 102 della Costituzione, che regolamenta la funzione giurisdizionale: “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia”. Anche in questo caso si precisa ulteriormente la divisione binaria delle carriere dei magistrati. Mentre per quanto concerne l’articolo 104 della Costituzione, il quale regolamenta la magistratura, l’articolo 3 del Dl in oggetto, prevede una radicale modifica. Infatti, l’attuale testo è il seguente: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio. Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale”. Invece, diventerebbe così: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente. Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge. Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. I membri designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale”.

Da questo nuovo testo dell’articolo 104 della Costituzione si evince la creazione del nuovo metodo elettivo dei magistrati componenti i due nuovi Consigli superiori della magistratura (quello giudicante e quello requirente), ossia il metodo del sorteggio. Il suddetto metodo è proposto nell’intento da parte del legislatore di far garantire la massima imparzialità nell’elezione dei magistrati dei due nuovi futuri Csm. Invero, la modifica più “rivoluzionaria” di questa riforma riguarda quella presente nell’articolo 105 della Costituzione, che stabilisce le attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura, in cui, secondo quanto previsto dall’articolo 4 del Dl costituzionale, verrebbe creato un nuovo organo per esercitare la giurisdizione disciplinare riguardante tutti i magistrati e la relativa procedura elettiva dei rispettivi componenti.

Quindi, l’attuale articolo 105 della Costituzione stabilisce: “Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”. Mentre il nuovo testo del suddetto articolo diventerebbe in questo modo: “Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati. La giurisdizione disciplinare dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare. L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.

L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato. L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un consiglio regionale o del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge. Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata. La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte; e assicura che i maggiori giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio”. In realtà, il passaggio semantico “contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata” del suesposto articolo modificato appare decisamente nebuloso e troppo generico, in quanto non si comprende chi e come sarebbero nominati coloro che dovrebbero sostituire i componenti che hanno emesso il giudizio disciplinare impugnato.

Altre modifiche stabilite dall’articolo 5 del Dl costituzionale, in cui si ribadisce la divisione binaria delle carriere dei magistrati, riguardano l’articolo 106 della Costituzione, il quale regolamenta la nomina dei magistrati e che attualmente ha il seguente testo: “Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”. Il suddetto articolo costituzionale sarebbe modificato in questo modo: “Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Su designazione del Consiglio superiore della magistratura giudicante possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche, magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni nonché avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”.

Mentre l’articolo 107 della Costituzione, che sancisce l’inamovibilità dei magistrati, sarebbe modificato dall’articolo 6 del Dl costituzionale nel seguente testo: “I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il ministro della Giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”.

Inoltre, l’articolo 7 del dl costituzionale prevede che l’articolo 110 della Costituzione, il quale stabilisce le funzioni del ministro della Giustizia, cambierebbe nel seguente modo: “Ferme le competenze di ciascun Consiglio superiore della magistratura, spettano al ministro della Giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”. Al postutto, all’articolo 8 del succitato Dl sono stabilite le disposizioni transitorie per il passaggio dagli attuali testi a quelli nuovi:

1) Le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare sono adeguate alle disposizioni della presente legge costituzionale entro un anno dalla sua entrata in vigore.

2) Fino all’entrata in vigore delle leggi di cui al comma 1 continuano a osservarsi le norme vigenti”.

Secondo quanto finora esposto, la suddetta riforma appare tanto complessa per i cambiamenti previsti quanto complicata nella sua legiferazione, non solo per l’iter legislativo che il suo rango di legge costituzionale impone, visto che le leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione, ma anche e soprattutto per le ostilità che incontrerà all’interno dello stesso Parlamento.

 “Durum hoc est sed ita lex scripta est” (dal Digesto, Ulpiano).

Aggiornato il 04 giugno 2024 alle ore 17:29