“Se a un politico di destra togli il pragmatismo, non ne rimane nulla”
Questa frase, attribuita a Pinuccio Tatarella, mi è tornata alla mente ascoltando l’intervento di Roberta Tardani. Un intervento pieno di passione oltre che denso di numeri, di fatti, di cose reali e di gesti che lasciano impronte durevoli e concrete. Ed ecco la similitudine con Tatarella: la concretezza, stella polare del suo agire politico. Lo ha ribadito più e più volte, avendo cura di lasciare poco spazio a narrazioni o a racconti di sorta. Nel suo eloquio vi è un’attenzione massima alla selezione dei vocaboli, ben sapendo che dietro ogni cifra legata al bilancio o ai finanziamenti ottenuti fino alle risorse da lei già spese, o comunque in procinto di essere investite, non vi è astrattismo bensì vita reale, vita vissuta, volti, sogni e vocazioni. Ci sono i suoi concittadini, la sua famiglia, la sua comunità. Ci sono tutti coloro che hanno l’onore di definirsi orvietani. Ci sei Tu. Ci siete Voi. Nessuno escluso.
Il suo linguaggio, quindi, è essenziale perché non vuol concedere nulla a pericolosi salti nel buio programmatico ma tende a ritagliarsi sartorialmente sulle necessità, oserei dire pressoché ontologiche, del prossimo, sia che quest’ultimo viva sulla rupe sia che veda scorrere la propria esistenza in una delle tante e bellissime frazioni che costellano questo luogo ulteriormente impreziosito da tramonti infiniti e cangianti. Uno spazio diffuso e articolato, una realtà urbana plurale sebbene unita nonché unica. Un intervento, quindi, fortemente aderente a ciò che più vi è di tangibile eppure nulla di più lontano da un parlare arido fatto di numeri snocciolati alla maniera di un ragioniere. Quello di Roberta è stato un discorso di ampio respiro con la passione a mo’ di lievito necessario per far crescere un progetto che si trova già “sulla strada giusta”.
Un intervento dove ha toccato ogni singolo frammento del proprio programma mettendo però in evidenza come ciascuna voce fosse percorsa da un filo rosso in grado di annodare tutti i tasselli in un quadro molto più largo che potremmo definire “visione” o, più semplicemente, domani. A voler menare un poco di poesia a dispetto della prosa, in fondo è l’unico lusso semantico concesso, parlerei anche di futuro. Nella consapevolezza però che il futuro, ma di questo Roberta ne è ben cosciente, come ebbe a dire John Fitzgerald Kennedy, non sarà mai un regalo bensì una conquista. Non serve, inoltre, essere dei piccoli esegeti per notare che non solo la scelta del singolo termine ma tutto – ripeto tutto – il discorrere era come una spinta fonetica a guardare avanti con ottimismo. E questo grazie al trionfo di infiniti che trasudano vitalità: fare, continuare, investire, abbellire, connettere, vincere. Mai una titubanza rispetto alle importanti sfide che si spalmeranno in itinere.
Mai un tentativo, seppur minimo, di chiedere il voto per sé solo per evitare che possano giovarne gli altri. Mai una richiesta di fiducia contro gli avversari o per tutelare posizioni di comodo. Mai un cenno allo spavento come alibi per dire che sì, in fondo, meglio noi di loro. Ergo, una filosofia che rappresenta bene Roberta Tardani, direi che ne scolpisce l’identità di donna fiera e amante delle sfide, specie se particolarmente improbe. Una “forma mentis” ben modellata dalla frase di Nelson Mandela che ha chiuso l’evento elettorale: “Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure”. Una citazione che funge da epitome per la descrizione del modello Tardani, ma anche un’antifrasi per tratteggiare le peculiarità di chi ha governato Orvieto nei decenni passati. Un periodo mesto, dove la cultura invece che elevare lo spirito e coinvolgere perfino i meno abbienti, veniva adoperata come elemento di emarginazione per coloro che non si riconoscevano nella cappa di conformismo allora imperante; dove il solo concetto di privato veniva deriso o tutt’al più sommessamente dissolto dal dibattito pubblico e dove ogni qual volta si volevano tessere relazioni sociali oppure si tentava di creare delle “condizioni politiche” queste servivano solamente per inchiodare la città allo “status quo” e mai per consentire un passo in avanti verso un qualche traguardo migliorativo della situazione allora contingente.
All’inizio di questo pezzo ho recuperato la memoria di Tatarella. A dirla tutta Roberta, e chi è arrivato a leggere fin qui penso lo abbia capito, presenta un altro punto di contatto con il “ministro dell’Armonia” del Governo Berlusconi, ovvero la capacità di vedere “oltre” e di raggiungere quel traguardo ambizioso tramite doti non usuali di federatrice politica, andando cioè a individuare sinergie tra i singoli partiti dove altri non riuscirebbero ad andare oltre a qualche sintesi o, per lo più, compromessi di basso profilo. Una Tardani siffatta è quanto di meglio si possa sperare per un disegno fusionista del centrodestra locale e non. Le premesse sono incoraggianti. Come quei due semplici fermagli che unendosi sublimano la loro natura di ferro e concretezza per generare un cuore pulsante di vita, di domani e di un futuro che è, indubbiamente, ma sulla strada giusta.
Aggiornato il 06 maggio 2024 alle ore 12:56