In Basilicata il Pd ha un problema: spaccatura sul candidato

Non sono giorni facili per il cosiddetto campo largo, ultimamente molliccio e che si stringe a seconda delle circostanze. Nemmeno il tempo di esultare per la vittoria – risicata – in Sardegna di Alessandra Todde ed ecco la bastonata in Abruzzo, con il meloniano Marco Marsilio che asfalta Luciano D’Amico. Per correre ai ripari, non resta che guardare il calendario. In rosso sono cerchiati i giorni 21 e 22 aprile: c’è il voto in Basilicata, che rischia di diventare l’Ohio della politica dello Stivale. Però… ci sono dei però. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, chiede uno sforzo unitario, Enrico Borghi – capogruppo al Senato di Italia viva – sostiene che Elly Schlein, segretaria dem, sia finita nella trappola tesa da Giuseppe Conte, presidente del Movimento cinque stelle. Matteo Renzi, leader di Iv, tira fuori dal cilindro una battuta nemmeno troppo velata: “Quando c’ero io si facevano le primarie, adesso chiamano il primario”. Ossia Domenico Lacerenza, oculista, candidato a sorpresa in Basilicata dei gemelli per caso rappresentati da Pd, M5s, +Europa e Alleanza Verdi Sinistra. Una nomination che, guarda un po’, fa saltare i nervi a una parte dei dem lucani.

Le voci si rincorrono. Addirittura, circola l’indiscrezione che Lacerenza – finito nel mirino del fuoco non tanto amico – possa già pensare a un ritiro ben prima di iniziare. Fonti democrat smentiscono. Un tentativo dell’ultimo momento per arginare la mal parata. Eppure, le crepe ci sono. E qui i tentativi-tampone non sono sufficienti. Più precisamente, sui social parte il tam-tam che, in sintesi, dice una cosa: per sconfiggere il centrodestra guidato dal governatore uscente (Vito Bardi, Forza Italia) solo uno ce la può fare. Ovvero Angelo Chiorazzo. Che, ahimè, si scontra con il veto pentastellato e fa un passo di lato. Ma a quanto pare, da queste parti, di fare la stampella a Conte & company non ne vogliono sapere.

Ecco quindi il documento rilanciato da Giovanni Petruzzi, già coordinatore della mozione Cuperlo, dove la musica suona un ritmo che fa grosso modo così: ritirare la candidatura di Lacerenza (anche perché parliamo di una personalità a digiuno di politica, secondo la vulgata del no) oppure verrà promosso il polo “dell’orgoglio lucano”. Ora, la richiesta non viene da un bar di provincia. Perché dentro ci sono sindaci, attivisti, amministratori sindacalisti, dirigenti dem. In più, viene detto chiaramente che – a stretto giro – deve essere convocata la direzione regionale del Partito democratico. Il motivo? A quanto sostiene il fronte barricadiero, il Pd non avrebbe mai discusso né deliberato la candidatura a presidente di Lacerenza.

E visto che la penna può essere più potente della spada, è vergato nero su bianco tutto il malumore covato in questi ultimi giorni frenetici. In pratica, il testo sopracitato racconta una storia già letta. Quella, cioè, della individuazione verticistica di un candidato presidente (in questo caso della Regione Basilicata) senza alcun confronto, dibattito e, quindi, senza una condivisione in particolar modo con chi, il territorio, lo vive e conosce. Addirittura, è tirata in ballo – riferendosi a Lacerenza – una “oligarchica indicazione” che mortifica le energie locali.

Avanti popolo, forse una volta. Tanto tempo fa.

Aggiornato il 15 marzo 2024 alle ore 15:11