Le recenti elezioni regionali della Sardegna, sebbene siano un fatto locale, hanno mostrato debolezze e punti di forza sia della maggioranza di centrodestra che delle opposizioni variamente rappresentate. Intanto però uno sconfitto c’è già ed il terzo incomodo, Azione di Carlo Calenda e +Europa, che nonostante il dato numerico non disprezzabile non elegge nessun consigliere sol perché non arriva al 10 per cento: una vera anomalia antidemocratica che esclude dalla rappresentanza l’8,7 per cento di elettori che si sono riconosciuti nel programma proposto dal candidato terzopolista Renato Soru.
Basterebbe questo per capire dove siamo finiti a furia di rincorrere a tutti i costi un forzato bipolarismo. Passando al campo largo costituito da Partito democratico, Movimento cinque stelle e sinistra, visto il risultato complessivo sembrerebbe che l’elettorato non lo abbia premiato più di tanto. Da queste parti l’unico che riesce vittorioso, nonostante un deludente risultato della lista, solo il 7,8 per cento, è proprio Giuseppe Conte, che è riuscito a piazzare la sua Alessandra Todde nel centrosinistra e, di fatto, è diventato il prossimo federatore dell’alleanza “progressista” a cui peraltro sembra in futuro volere aderire anche Azione.
Il partito di Elly Schlein, anche se esulta per la presidenza conquistata e quindi per qualche assessorato e consigliere in più, ha poco da gioire perché si ritrova con il doppio dei voti dei Cinque stelle e con metà di peso politico, visto che è passato il principio che non si vince senza l’alleanza con i pentastellati e senza la loro classe dirigente in pole position. Se guardiamo poi i dati generali, i due candidati-presidente sono separati da circa 1.600 voti ma le liste del centrodestra staccano di quattro punti il centrosinistra.
Meloni è nelle condizioni di dire che tutto sommato è stato un pareggio causato dal suo centravanti, Truzzu, che ha sbagliato il classico gol a porta vuota. Nel fronte liberal-conservatore le cose però sono comunque complicate, vuoi per l’avvicinarsi del vero appuntamento importante, le prossime elezioni europee, che fa entrare i partiti in fibrillazione vista la posta in gioco, vuoi anche per i caratteri dei leader, Matteo Salvini e Meloni, troppo irruenti a differenza del più moderato Antonio Tajani. L’elettorato vuole che chi guida una nazione sia soprattutto pacato, posato e razionale nei toni e nelle scelte. Si spiega anche così la popolarità del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Quello che è mancato però alla campagna elettorale del centrodestra è il rivendicare i buoni risultati del sistema Italia, ottenuti sul piano dell’occupazione, delle aste dei titoli di Stato praticamente andati a ruba, delle entrate pubbliche in netto miglioramento e del tasso di crescita del Pil in risalita.
Imporre, poi, la logica del fidato di turno nelle scelte delle candidature ha determinato la “non vittoria”. Purtroppo, quando prevale la logica dell’appartenenza alla tribù piuttosto che quella delle capacità, è facile scivolare su una buccia di banana e farsi molto male da soli. In un clima di autosuggestione, in cui i più accorti per esperienza e cultura sono stati messi di lato, come Marcello Pera e Giulio Terzi di Sant’Agata unitamente a quelli che da tempo hanno lasciato per “incomprensioni” Fratelli d’Italia, verrà difficile non consegnare altre Regioni o città a un centrosinistra che comunque rimane minoritario.
Tra tante amarezze, va segnalato però il dato rilevante del Partito liberale italiano guidato da Roberto Sorcinelli che, in accoppiata con Alleanza Sardegna, ha raggiunto un ottimo 4,1 per cento, eleggendo due consiglieri, a testimonianza del fatto che gli amici della Libertà ci sono e vogliono farsi sentire. Un risultato che compensa le difficoltà della coalizione che si è giovata del suo apporto in termini di idee e uomini. Proprio Giorgia Meloni avrebbe tutto l’interesse a rafforzare la presenza del Pli anche in altri luoghi, a cominciare da Lecce, dove la candidata a sindaco, Adriana Poli Bortone, trarrebbe beneficio sia in termini numerici, visto le cose come sono andate in Sardegna, che in termini di programma, dalla presenza di una lista liberale, liberista e libertaria.
In ogni caso, per il presidente del Consiglio la via maestra sarebbe quella di aprire seriamente una fase di riflessione aperta a diversi contributi, lo sosteniamo da tempo, anche e soprattutto esterni al suo partito, che in fatto di idee sembra sempre girare attorno al tavolo del dirigismo economico, vedi la proposta di Adolfo Urso – ministro delle Imprese e del Made in Italy – sulla eventuale partecipazione dello Stato italiano nel capitale dell’ex Fiat, e poi magari lasciarsi alle spalle qualche zavorra che nel tempo le potrà procurare impacci ed impicci sempre maggiori. Rimane ancora da decifrare lo screening fatto nell’ora del suo trionfo, a quanto riportano diversi media, sulle vite dei suoi amici, deputati e ministri. Forse, non solo per trovare qualcosa di compromettente, ma semplicemente per fare sapere di sapere. In Italia, il concetto “io so che tu sai, che io so” rappresenta una tattica vecchia quanto collaudata. E in tutto questo marasma le recenti foto di abbracci e baci con Joe Biden non miglioreranno la sua condizione di relativa stabilità politica.
E poi la Meloni su cosa può giocare la partita con un centrosinistra a trazione cinque stelle che le sue scelte hanno contribuito a ringalluzzire? Sul rappresentare la “Terza Italia” costituita da un ceto medio ancora troppo vessato dalle tasse e dalla burocrazia, indaffarato a cercare di mantenere un livello di vita accettabile e in linea con i suoi valori e le sue aspettative, fatta di docenti, funzionari statali, liberi professionisti, piccoli proprietari, studenti universitari (quando liberi da eco-ansie e ideologismi vari), da imprenditori agricoli a titolo principale e da medi e piccoli impresari diffusi in tutta il territorio nazionale. Parlare a quell’Italia che pretende lo stesso rispetto, che è disposta a concedere e che non tollera alcuna intromissione nella propria privacy, né da parte dello Stato né da parte di chicchessia; che non sopporta i bacchettoni, gli ipocriti, i moralisti, i bigotti di tutte le latitudini culturali, religiose e politiche, e orgogliosamente se ne frega degli invidiosi e che vuole solo vivere in pace e libertà. E che ormai disillusa non va nemmeno a votare.
Se Giorgia Meloni ed il centrodestra vogliono ancora dire qualcosa a questa “Terza Italia” allora è ancora in tempo per farlo. È certamente necessario, ma ovviamente non sufficiente, tracciare una nuova rotta per riaffermare, questa volta, molto più efficacemente di prima, i temi della Libertà di impresa, di insegnamento, di ricerca e di pensiero ed espressione anche alla luce di quanto accaduto al professor Luigi Marco Bassani, trasformandoli in provvedimenti sempre più “libertari” senza inasprire pene o introdurre nuove fattispecie di reati. Un bivio è sempre presente in politica: slancio coraggioso o oblio inesorabile, noiosa stagnazione o efficace innovazione.
Aggiornato il 06 marzo 2024 alle ore 18:36