C’è un aggettivo della lingua italiana che bene esprime l’atteggiamento dell’attuale opposizione: sgangherata. Come è noto, questo aggettivo si riferisce ad una pesante porta che, uscendo dai gangheri, vacilla e poi cade rovinosamente. Nel caso dell’opposizione è però dubbio che si possa parlare di una porta che esce dai gangheri perché, in realtà, le porte sono due e non si capisce bene se esse conducano nella stessa stanza, dove dovrebbe essere stabilito il piano d’azione comune, oppure in stanze diverse in cui, segretamente, si tessono le tattiche per obiettivi separati e accomunati unicamente dall’ambizione di vincere uno sull’altro. Di fatto l’unico terreno sul quale Elly Schlein e Giuseppe Conte sembrano muoversi concordemente è, ovviamente, la costante critica al Governo, che però assomiglia più a una avversione radicale quasi livorosa, e non certo ad una serie di proposte costruttive nonostante sia il Partito democratico sia il Movimento 5 stelle denuncino la grave situazione, gravissima secondo loro, in cui il Paese si troverebbe.
Tutto ciò che denotano, in effetti, non si accompagna mai a concrete alternative d’azione. Soprattutto sul piano economico i due partiti non fanno che invocare maggiori interventi dello Stato in questo e in quello, ma mai, assolutamente mai, indicando le fonti di copertura finanziaria che andrebbero impiegate. Né va presa sul serio la reiterata e tediosa richiesta di maggiori entrate attraverso prelievi patrimoniali di vario genere, vero cavallo, zoppo, di una sinistra che non ha ancora capito che, per poter distribuire la ricchezza, occorre prima produrla. E non è certo stimolante, per chi potrebbe investire, intuire che – non appena uno ha successo – lo Stato lo assale come se stesse commettendo un reato.
Sia chiaro: il Governo attuale è ancora, per molti versi, in una fase di decollo programmatico nel senso che non è facile disegnare un quinquennio in cui le risorse disponibili, quasi tutte a debito, siano allocabili in modo chiaro e senza tentennamenti. Tuttavia, l’indirizzo di politica economica che traspare dalla Legge finanziaria, anche se potrebbe essere più coraggioso, non è affatto senza prospettive e, comunque, assai lontano dal tracollo dell’affidabilità internazionale che Pd e Cinque stelle prevedevano per un pericoloso Governo di destra.
La sgangheratezza della loro opposizione emerge così nel rinnovato ricorso a un populismo generico nel quale Schlein e Conte gareggiano perennemente a chi la spara più grossa, spostandosi sempre più a sinistra: l’una con atteggiamenti che ricordano i borghesucci contestatori degli anni Sessanta e Settanta; l’altro infilando, una dopo l’altra, accuse e invettive caratterizzate da una violenza verbale che soddisfa probabilmente il popolo degli arrabbiati perenni ma non indica alcunché di realistico e utile. In certo qual modo, Pd e M5s sembrano il risultato, classico, dell’ennesima scissione di un precedente partito di sinistra con la differenza che, nel caso in oggetto, massimalismo e riformismo paiono equamente distribuiti in ambedue, garantendo in tal modo una lotta spietata per il primato. In effetti, se si facessero leggere a qualcuno una o più dichiarazioni, senza precisare la fonte, che riguardino temi di politica economica, oppure di politica estera relativi alle guerre in Ucraina e a Gaza o piani per il contenimento dell’immigrazione illegale, costui sarebbe in grave difficoltà se gli si chiedesse di attribuire il testo a Schlein o a Conte. Ammesso, intendiamoci, che il testo sia comprensibile.
Cosa assai incerta poiché, una volta uscita dai cardini storici che, se non altro, erano perfettamente e minacciosamente chiari, la sinistra italiana vaga senza meta da una parte, ripristinando massimalismi del tutto irrazionali, e sicuramente perdenti sul piano elettorale; e, dall’altra, insistendo nella confusa ricerca del sostegno di quel complesso intellettuale-industriale che, tutt’altro che disinteressatamente, mostra, con uno zelo degno di miglior causa, di appoggiare genericamente le idee della sinistra semplicemente dichiarando di detestare la destra. Alla quale di fatto, però, appartiene.
Aggiornato il 20 dicembre 2023 alle ore 10:09