Ripensiamo il Tevere

Quante volte ci capita di passeggiare o di percorrere con la bicicletta i tratti di piste ciclabili del fiume Tevere e di rimanere sempre colpiti dalle bellezze naturali, artistiche e archeologiche che fanno da cornice a questo splendido patrimonio storico e mondiale. Eppure, quando ci avviciniamo verso le banchine del fiume, il piacere di ammirare un museo a cielo aperto viene stravolto dalla presenza di situazioni incresciose che difficilmente s’incontrano in altri fiumi europei, come la Senna o il Tamigi.

Molte sponde del “biondo Tevere” sono abbandonate e sporche, vari tratti sono occupati da campi rom abusivi, diverse zone golenali sono devastate dalle discariche illegali di rifiuti di vario genere, con altrettanti sversamenti illeciti nelle acque del fiume. Oggi il Tevere, lungo il suo tratto urbano da Castel Giubileo alla foce (unico fiume italiano le cui acque sono riconosciute marittime), versa, insomma, in uno stato di degrado ambientale e sociale, le cui cause vanno ricondotte a due fronti: la mancanza di una forte e determinata volontà politica, motore principale per la definizione di una visione strategica del fiume Tevere che ne valorizzi le potenzialità; la conseguente inefficienza del sistema amministrativo che dovrebbe governarne le sponde e il bacino. Sul primo punto non c’è molto da spiegare, soprattutto alla luce della recente presentazione del secondo Rapporto alla Città, nella quale il sindaco Roberto Gualtieri, toccando diversi temi che affliggono Roma, ha speso poche parole sui progetti di riqualificazione del Tevere. Rispetto al secondo punto, l’attuale sistema di governance del fiume Tevere lungo il tratto relativo al territorio comunale è costituito da ben 18 soggetti amministrativi che fanno capo alle principali istituzioni pubbliche nazionali e locali: lo Stato italiano che, relativamente al Tevere, ha competenze allocate rispettivamente in capo al Ministero della Cultura, all’Autorità di Bacino, al Ministero dell’Economia (Demanio) e alla Capitaneria di Porto; la Regione Lazio, con 7 uffici competenti a vario titolo (Ufficio concessioni, Dipartimento patrimonio, Dipartimento ambiente e difesa del suolo, Dipartimento agricoltura e pesca, Dipartimento sviluppo economico, Dipartimento turismo e tempo libero, Dipartimento beni culturali); il Comune di Roma, con ben 5 assessorati competenti alla gestione del fiume (Ambiente, Cultura, Mobilità, Urbanistica, Politiche sociali).

Un vero e proprio ginepraio. Una governance multilivello che invece di semplificare ed efficientare la gestione del fiume, porta inevitabilmente a una serie di sovrapposizioni e stratificazioni di funzioni. Tanto che, attualmente, gli unici interventi che a vario titolo vengono svolti nell’ambito fluviale sono di natura emergenziale o temporanea. Una prima risposta al “groviglio amministrativo” è stata un’ordinanza comunale del 2017 che prevedeva la costituzione dell’Ufficio speciale Tevere in seno alla Direzione generale del Comune di Roma. Scopo principale di questo organo era quello di formulare proposte per la realizzazione dell’indirizzo politico in ordine alle iniziative da assumere per la manutenzione, valorizzazione, sviluppo e tutela delle acque lungo il corso del fiume e di coordinare le iniziative relative al Tevere, in raccordo con le competenti strutture comunali e con altre Autorità e Amministrazioni. Dopo qualche tavolo tecnico operativo, l’esperienza è naufragata per l’acuirsi di divergenze politiche fra le Amministrazioni.

Ci sono tanti Enti che gestiscono il Tevere. Questa divisione di competenze non fa altro che generare caos. Basti pensare ai privati cittadini, interessati a promuovere e sviluppare le attività, i quali hanno difficoltà a dialogare e interfacciarsi con l’ufficio concessioni, alle associazioni che fanno fatica a rapportarsi con le diverse istituzioni, alla mancanza di servizi di pulizia del fiume a causa dei vari livelli di governance. Lo straordinario patrimonio del Tevere può rappresentare un volano per la riqualificazione del territorio non soltanto in termini di sicurezza idraulica, di manutenzione delle sue sponde, di qualità delle sue acque e di recupero ambientale di tutta la rete fluviale interessata ma anche di sviluppo economico tra navigabilità, turismo e iniziative socioculturali garantite dalle migliori associazioni del territorio. Pertanto, alcune soluzioni di miglioramento andrebbero ricercate nella semplificazione del sistema di gestione delle aree fluviali, attraverso lo strumento della concessione integrale delle stesse dalla Regione al Comune di Roma lungo il tratto urbano del fiume, e nel potenziamento dell’azione politica e amministrativa in seno al Comune di Roma nei seguenti due organi: Giunta capitolina, espressione della volontà politica; Amministrazione (Ufficio Tevere), espressione dell’azione amministrativa. Cercasi una classe politica volenterosa che sappia fare questo passo decisivo.

(*) Presidente di Ripensiamo Roma

Aggiornato il 12 dicembre 2023 alle ore 10:47