Cara sinistra, e basta con ’sto fascismo

 Tutti gli stereotipi tipici dei progressisti di oggi

Ormai è risaputo che lo sport più praticato dalla sinistra di casa nostra è quello di gridare al pericolo fascista. In questi giorni tra le priorità del Partito democratico c’è stata quella di formulare e presentare due proposte di legge: una per vietare l’intitolazione di strade, piazze e edifici pubblici a esponenti del partito o dell’ideologia fascista; l’altra per punire con pene più severe chi propaganda il fascismo, con la reclusione fino a un anno e sei mesi, o una multa fino a 6mila euro. Dalla censura toponomastica al carcere per tutti i fascisti che popolano il Belpaese.

Per fortuna a venirci in soccorso è l’ultimo libro di Daniele Capezzone. Circa 250 pagine che servono a rifilare un vero e proprio schiaffone (metaforico, per carità) ai compagni, a quelli che scorgono l’onda nera dietro ogni angolo della strada. E basta con ’sto fascismo – Cari compagni ci avete rotto, edito Piemme, ha un fine ben preciso: far saltare i nervi al comunista della porta accanto. E sono certo che la sola copertina (con fiamma e sfondo nero) potrà bastare a provocare l’orticaria a ogni intellettuale progressista che ne venisse a contatto.

Capezzone, con il suo stile preciso e scanzonato, smonta punto per punto tutti gli stereotipi tipici della sinistra di oggi, intenta a infilare con la forza la camicia nera agli avversari politici. Sin dalle prime pagine il direttore editoriale di Libero ci tiene a sottolineare uno dei teoremi ormai consolidato negli anni dalla sinistra: “In Italia dicesi ‘buona destra’ o ‘destra normale’ qualunque partito non di sinistra che resti ben sotto il limite del 5 per cento, mentre dicesi ‘fascista’ qualunque partito non di sinistra che superi la barriera del 15 per cento”. Non solo Mussolini, per la sinistra italiana il nostro Paese ha visto sulla scena politica almeno altri due duci e una “ducetta”: Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Tutti e tre accomunati dall’aver mandato letteralmente in tilt quella che Capezzone, con dovizia di particolari, definisce la supercasta mediatica progressista. Una casta che si contraddistingue secondo l’autore in un mix di dogmatismo e presunzione tipico di coloro che credono di avere sempre la verità in tasca e di poter impartire lezioni a chi considerano non all’altezza della loro cattedra. Quelli di destra ovviamente, i fascisti di oggi.

Ma il libro non si sofferma solo a smascherare i tic dei progressisti ma anche a metterci in guardia sui rischi che corriamo sul campo delle nostre libertà. Anche per questo, in ogni capitolo, emerge in tutte le sue forme la cultura liberale e libertaria dell’ex esponente radicale. Ne è indicativo l’inno spassionato al free speech e la denuncia della dilagante pseudo-religione woke. Tema sensibile all’autore vista l’esperienza provata sulla sua pelle con il violento tentativo di censura da parte dei collettivi della Sapienza durante un incontro pubblico a cui partecipava come relatore nell’ottobre dello scorso anno. Un episodio che, come spiega Capezzone nelle sue pagine, descrive perfettamente uno degli strumenti che non possono mai mancare nella cassetta degli attrezzi dei censori: il no platforming.

Non possono poi essere risparmiati i talebani del green. Coloro che in ogni momento della giornata ci tengono a ricordarci che moriremo tutti e che la colpa è solo e soltanto nostra. Di fronte a un approccio così para-religioso, ad una “dimensione allucinata e mistica”, diventa difficile riuscire a trovare una via per il dialogo. All’annuncio dell’apocalisse, slogan caro agli attivisti di Ultima Generazione, non si può che restare inermi. E chi si permette di dubitare questo dogma può solo meritarsi l’etichetta di “negazionista”. Non si sa bene ancora di cosa.

Ma non ce n’è solo per la sinistra. Sul finale del testo arriva pure una sonora sveglia che Capezzone fa suonare nell’orecchio al centrodestra. L’autore indica quel percorso di libertà che conservatori e liberali (veri o presunti) non dovrebbero mai perdere, anzi iniziare a intraprendere. Togliendosi da quella cappetta che spesso li avvicina alla cappa dell’intellighenzia de sinistra. Secondo l’autore c’è una fetta di intellettuali di destra che soffre della sindrome di rimanere chiusi all’interno del proprio circoletto, a suonarsela e cantarsela senza contribuire veramente a coltivare il mercato delle idee e a “far vincere la libertà nella e della cultura.” Capezzone ritiene quindi necessario un cambio di paradigma più che di direzione: un motivo in più affinché conservatori e liberali stiano insieme lungo la strada che deve avere come faro quello della libertà.

(*) Tratto da nicolaporro.it

Aggiornato il 07 novembre 2023 alle ore 12:49