L’odio come arma politica al servizio del potere autoritario

L’odio è un sentimento umano e, in quanto tale, non è eliminabile, ma sarebbe intelligente educarsi a saperlo gestire. La convivenza civile ha dimostrato nei secoli che una cosa è avere opinioni e interessi diversi, cosa diversa è odiare una persona. È diverso il risultato che si ottiene nella società. Una società dove l’odio è sdoganato come virtù o come diritto di cronaca, porta inevitabilmente alla guerra civile e alla fine del benessere di un popolo. L’odio per potersi diffondere necessita di due condizioni: l’ignoranza o la superbia, che sono compagne di viaggio, e delle fonti ufficiali che ne diffondono il verbo, come ad esempio i media, i quali sdoganano la violenza verbale come morale accettabile di libertà e dunque di democrazia, contraddicendo il buon senso del valore del dialogo.

Questa riflessione sorge spontanea nell’osservare quanta gente, senza conoscere una persona direttamente, ma mediante la narrativa dei media in combinato disposto con la magistratura, percepita come fonte di legalità (cosa ormai comprovata che in Italia non esiste una legalità della magistratura), si eleva a giudice del comportamento umano, abbeverandosi alla fonte della morale vissuta come ideologia a supporto della loro ignoranza (intesa in senso etimologico). Certamente Silvio Berlusconi è stato un personaggio divisivo, come può essere qualunque politico che ovviamente è di parte, come tutti i rappresentati di partito. Ma negare la realtà di un uomo che ha avuto un consenso popolare vasto anche oltre i confini dell’Italia, un personaggio che è stato un grande imprenditore, che nel bene e nel male è stato per più volte presidente del Consiglio, cosa che molti dimenticano, perché, più o meno inconsciamente, da antidemocratici ritengono quella volontà popolare un abuso perché manipolata dalle sue tivù o come a volte hanno dichiarato: coloro che lo hanno votato sono dei miserabili ignoranti.

Inoltre, si dimentica che ha salvato l’Italia dalla “Gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria. Molti tendono a dimenticare quel periodo buio della storia italiana in cui il linciaggio della politica e di coloro che la rappresentavano era scusato come fonte di naturale dissenso del popolo. Non solo le monetine a Bettino Craxi, che non sono mai state stigmatizzate dai media, ma quello è stato il via allo sdoganamento del linciaggio come arma politica per trasformare una avversario politico in un odiato nemico, dunque un odio che viene da lontano. L’odio che si è visto in questi giorni con la scomparsa di Berlusconi la dice lunga sul clima politico carsico che vive il Paese. Certamente non è la maggioranza del popolo Italiano, ma questo modo di intendere l’odio come arma politica viene da lontano. Nessuna persona di buon senso può pensare che Silvio Berlusconi sia stato un santo, perché gli umani non sono santi, e a nessun politico ciò è richiesto. Quello che gli si chiede è di fare delle scelte nell’interesse del Paese. Certamente le scelte politiche possono essere contestate e non condivise, ma quello che si ascolta in genere e si scrive da parte di alcuni personaggi è veramente impressionante: Berlusconi il mafioso, epiteti che non vengono usati né nei confronti di assassini o delinquenti incalliti, né nei confronti di dittatori massacratori del proprio popolo. Questa fuga dalla realtà è possibile solo perché queste persone sono imbevute, forse per necessità, del bisogno di odiare.

Non odiare è impossibile come non amare, ma non si può costruire una società basata sull’odio, quando esso si manifesta sarebbe doveroso non censurare, ma certamente stigmatizzare socialmente coloro che ne fanno erroneamente una legittimità democratica. Un odio che non rispetta neanche il mistero della morte, che è un senso profondo della nostra umanità, è intrinsecamente autoritario. Questo sentimento del diritto all’odio travestito da diritto democratico alla propria opinione è uno dei limiti del baratro dove può finire la democrazia stessa. Nella storia politica l’odio ha trovato vari sdoganamenti, dall’odio di classe all’odio del diverso, che sia una razza o etnia; l’odio da sempre è stato utilizzato dal potere, sia da chi lo detiene o da chi ne aspira, alfine di poter dividere i popoli, facendo proprio il motto dei Romani del dividi et impera. In fin dei conti gli odiatori seriali si dividono in due categorie: coloro che ne traggono un beneficio diretto o indiretto e i conformisti che sono gli stupidi del villaggio. Oggi, nell’epoca dei social, sono diventati la minoranza rumorosa. In sostanza, gli odiatori seriali sono i veri servi del potere che pensano di combattere. Il dramma è che coloro che odiano non sempre si rendono conto di ciò, anzi di norma pensano che siano sempre gli altri.

Aggiornato il 15 giugno 2023 alle ore 12:22